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Caregiver Whisper 34

Mio padre Sebastiano è morto l'11 novembre 2016 per le conseguenze di un adenocarcinoma. A Lucia, mia madre, è stato diagnosticato nel 2014 il morbo di Alzheimer. Quando si è ammalato, mio padre ha iniziato a raccontarmi la sua vita mettendo, così, ordine anche tra le testimonianze confuse di mia madre. Lei ha disimparato cose elementari come vestirsi in modo corretto, lavarsi e mettere le cose in ordine. Io sono il suo caregiver. Come molti altri malati nelle sue condizioni, è spesso irascibile e aggressiva perché non ha più gli strumenti per decifrare cosa le succede intorno. In Caregiver Whisper racconto piccole storie di vita nella malattia, tra le mille difficoltà con cui mi sono dovuto misurare, il più delle volte da solo, e l'ironia che ci ha aiutato a non impazzire nei momenti più difficili. Questa rubrica è dedicata ai miei genitori, alle persone che mi sono state accanto in questo percorso e a chi si trova, come me, a guardare in faccia la realtà, cercando di elaborare un lutto che lutto ancora non è.

21 giugno 2016

Da diversi giorni Lucia non assume la terapia e, forse per questo motivo, anche stamani si è svegliata arrabbiata, senza riconoscere suo marito. Ho cercato di convincerla a uscire per fare un giro ma non ne ha voglia; deve preparare il sugo e, soprattutto, c’è qualcosa che deve chiarire subito. Oggi, infatti, è convinta che suo marito sia sua madre e le deve chiedere spiegazioni su tutte quelle cose che non tornano.
Ad esempio, perché è così dimagrita? E che fine hanno fatto i suoi capelli? E ancora, il seno, dov’è finito il seno prosperoso che aveva mia nonna? Lucia inizia a snocciolare queste domande una dietro l’altra, fino ad arrivare a quello che più le interessa: sapere che fine ha fatto suo marito.
Io faccio segno a mio padre di stare calmo e di non rispondere in modo brusco per non farla arrabbiare ma lui, dopo quasi mezz’ora di domande continue, esasperato, le risponde male.
L: «E allora se non ti va più che io faccio una domanda, basta che me lo dici e me ne vado da un’altra parte. Vado a fare la badante a qualcuno e vac a sta buon. E voi state meglio di noi», urla mia madre.
M: «Sai che non lo so se ti prendono come badante? Appena vedono quanto mangi, secondo me ti cacciano subito» provo a dire cercando di stemperare la situazione. Ma questa battuta, che in altre circostanze la farebbe ridere, non sortisce l’effetto sperato. Anzi, adesso mia madre prende la palla al balzo per scagliarsi anche contro di me.
L: «E pigliano a te che non sei capace di fare niente, che qui faccio tutto io. Che cazzo stai a fare pure tu qua, eh? Me lo vuoi dire?»
S: «Oi mamma. 51 anni di matrimonio e non ricordi nulla! Da gennaio è crollato tutto», conclude mio padre prima di sbattere i pugni sul tavolo.

Sebastiano soffre molto per via della sua malattia; il fatto di non essere più indipendente non lo fa stare bene. Ma, soprattutto, non riesce più ad accettare in nessun modo la malattia di mia madre. E quando lei inizia a delirare, fatica a sopportarla. Spesso ci litiga solo per potersi sfogare. Eppure, nonostante tutta questa fatica, non vuole né andare a vivere da altri parenti né far ricoverare temporaneamente mia madre per poter trovare una terapia più “stabile”. Con Antonio, il padre del mio amico Maurizio, il primo ricovero di sollievo fu quasi miracoloso, visto che al ritorno a casa, dopo circa due mesi in una struttura fuori città (le famose Rsa), stava molto meglio; erano riusciti a trovare la terapia adatta a tranquillizzarlo.

L: «Ma perché te la prendi? Se tu invece di rispondermi mi dici tante parole, che vuoi da me? Devo star zitta?»
S: «Ma se ti ho detto che sono io Sebastiano, che ci sono stato sempre e solo io qua a casa, che ti devo dire? A te non piace la risposta, e cosa vuoi da me?»
L: «Ma che cazzo dici? C’eri anche tu quando siamo andati via e Sebastiano stava seduto qui al posto tuo.»
S: «E allora chiama questo qua sopra e chiedigli chi sono. Poi però ti prendi le pastiglie perché noi non possiamo andare avanti tutti giorni così, con te che fai i capricci.»
L: «Che cazzo di capricci faccio? Ho fatto una domanda, non sapete rispondere e basta. Invece no, voi volete avere ragione a ogni costo.»

Mentre penso che anche se dovesse prendere le pastiglie non cambierebbe nulla, visto che non riesco a far star zitto mio padre, con un po’ di fatica convinco mia madre a uscire. Le prometto che, se ce ne andiamo via subito, le spiego tutto quanto con calma. Poi, una volta usciti dalla porta, inizio a parlare a raffica, senza darle modo di interrompere. Lo faccio solo quando salutiamo dei vicini di casa che troviamo davanti all’ascensore; Lucia sorride ed è la prima volta che lo fa nel corso di questa giornata. Quando usciamo dal portone inizia a fare domande su domande ma ogni volta le dico di aspettare che finisca il discorso, altrimenti poi perdo il filo e non ricordo quello che le devo dire.
Ci fermiamo davanti a una vetrina e provo a distrarla facendole vedere prima dei vestiti e poi delle scarpe ma non le interessano. In quel momento telefona Maurizio per sapere come procede con mia mamma; ci confrontiamo (e confortiamo) spesso sulle demenze delle nostre rispettive madri. Ci conosciamo da trent’anni e Maurizio è la persona più vicina a un fratello che abbia mai avuto. Gli dico che lo richiamo appena riesco perché sono impegnato. Poi, quando riattacco, riferisco a Lucia che il mio amico la saluta.
Lei sorride e, come se dimenticasse di colpo tutto il resto, pronta risponde: «Ma dico io, invece di parlare con una bella ragazza, stai sempre a parlare con quello lì? Ma non è che per caso vi siete messi insieme e non me lo volete dire? Guarda che non ci sarebbe nulla di male! Però, dimmi un po’: tra voi due chi è che fa la femmina?»

© Marco Annicchiarico

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