Mio padre Sebastiano è morto l'11 novembre 2016 per le conseguenze di un adenocarcinoma. A Lucia, mia madre, è stato diagnosticato nel 2014 il morbo di Alzheimer. Quando si è ammalato, mio padre ha iniziato a raccontarmi la sua vita mettendo, così, ordine anche tra le testimonianze confuse di mia madre. Lei ha disimparato cose elementari come vestirsi in modo corretto, lavarsi e mettere le cose in ordine. Io sono il suo caregiver. Come molti altri malati nelle sue condizioni, è spesso irascibile e aggressiva perché non ha più gli strumenti per decifrare cosa le succede intorno. In Caregiver Whisper racconto piccole storie di vita nella malattia, tra le mille difficoltà con cui mi sono dovuto misurare, il più delle volte da solo, e l'ironia che ci ha aiutato a non impazzire nei momenti più difficili. Questa rubrica è dedicata ai miei genitori, alle persone che mi sono state accanto in questo percorso e a chi si trova, come me, a guardare in faccia la realtà, cercando di elaborare un lutto che lutto ancora non è.
29 dicembre 2015
Quando era giovane, nonostante fosse molto corteggiata, mia madre era piuttosto indifferente alle vicende amorose. Infatti, prima che arrivasse alla carica mio padre, Lucia aveva già ricevuto e rifiutato un’altra proposta di fidanzamento. Lo spasimante era il figlio dei suoi vicini di casa ma lei non era assolutamente interessata a formare una famiglia.
L: «Pensa che venne da me anche la madre di questo ragazzo.»
M: «Da te? E per dirti cosa?»
L: «È che all’epoca si usava così. È venuta e mi ha detto che suo figlio era bravo e mi avrebbe resa felice.»
M: «E tu cosa le hai risposto?»
L: «Le ho detto che non disprezzavo suo figlio ma che volevo stare ancora da sola.»
M: «Diplomatica – le dico, sorridendo -. E lei?»
L: «Eh, lei c’è rimasta male e così è andata da mio padre a dirgli che doveva fare un discorso per convincermi ad accettare la proposta di suo figlio.»
M: «Ma dai! E il nonno? Che ha detto il nonno?»
L: «Le ha detto che non gli interessava quello che volevo fare, che ero capace di decidere da sola e avrebbe rispettato qualunque mia scelta.»
Poi ride e dice che, tutto sommato, le è andata anche bene: a quest’ora vivrebbe in Svizzera e sarebbe vedova già da una trentina d’anni.
L: «Me lo dici tu, che ci dovevo fare in Svizzera?»
Mentre Lucia è seduta accanto a me e parla della sua adolescenza, penso che metterei la firma affinché la sua demenza potesse rimanere stabile a questo livello: ripetere le stesse frasi più volte al giorno, confondere i nomi o scambiare un oggetto per un altro, sarebbe di sicuro più che accettabile. Chi la vede di rado, chi ha modo di scambiare con lei qualche parola ogni tanto, magari durante una cena o un caffè veloce, non pensa nemmeno lontanamente che Lucia possa avere il morbo di alzheimer e non ha nessuna idea di cosa stia accadendo dentro la sua testa.
Lì, l’ippocampo (che è la parte del cervello dove risiedono i ricordi, situata nel lobo temporale) e la corteccia entorinale (dove vengono elaborate le informazioni rilevate dai cinque sensi, a sua volta compresa nella cosiddetta “formazione dell’ippocampo”) hanno già subito le prime lesioni. Queste si diffonderanno in altre zone cerebrali dove la proteina beta amiloide si deposita tra le cellule danneggiando i neuroni e dove un’altra proteina, la Tau, non riesce più a tenere insieme i collegamenti tra i neuroni e lascia che si disgreghino.
Io stesso, mentre mia madre racconta le sue storie, ho quasi sempre la sensazione che tutto sia come è sempre stato.
M: «Quindi i tuoi non ti hanno fatto nessuna pressione?»
L: «No, no, anzi. Il fatto è che io non volevo proprio sposarmi e a mia madre faceva comodo tenermi in casa perché l’aiutavo a fare tutti i mestieri.»
M: «Ma quindi questo tipo non ti piaceva?»
L: «Non è quello, era pure un bel ragazzo. Ma sai com’è quando ti metti assieme cu uno…»
Poi torna a ridere. Lucia ricorda che, abitando uno accanto all’altro, di notte, tramite la finestra del bagno, riusciva a sentire tutto quello che la madre diceva al figlio. A lei questa cosa la faceva ridere perché la trovava divertente e stupida allo stesso tempo.
L: «Gli diceva domani vai da lei e fai così; poi datevi da fare che al resto ci penso io. Era un bravo ragazzo ma a me non piaceva. Non sai quante volte è venuta la madre a casa, requia materna. Mi mannase a chiamà, ma io volevo stare ancora libera.»
L’ultima volta che l’ha vista, dice, la signora passò da mia madre per dirle che suo figlio si era fidanzato con un’altra ragazza: “si vede che forse non era destino, forse è meglio così”.
M: «E invece, con il papà com’è andata?»
L: «Mi fece chiamare la mamma di chiss, per tre volte», dice sorridendo.
M: «Mi fa ridere questa cosa che mandavano la madre a parlare con la ragazza. E tu, che hai fatto?»
L: «Per tre volte le ho detto di no. Pensa che un giorno tua nonna è venuta da me e ha iniziato: ma perché non gli dici di sì a mio figlio? Che ti ha fatto? È perché siamo una famiglia di contadini o perché è orfano di padre? E di qua e di là.»
Lucia, però, continuava a dire di no perché per lei era ancora presto. E continuò a dire di no fino a quando mia nonna non la fece chiamare, dopo quasi un anno, da Antonio Lu Pizz, il compare di mio padre. Parlando con lui si decidette e lo fece venire a casa per parlare coi suoi genitori.
Mia madre non voleva impegnarsi perché era ancora giovane e sapeva che, se si fosse messa uno appriess, questo avrebbe fatto subito il geloso, controllando con chi si fermava a parlare, con chi si metteva a ballare alle feste di paese, un po’ come era successo alle sue amiche.
In quegli anni le ragazze non avevano molta libertà e le giornate scorrevano sempre nello stesso modo. Se non aiutava sua madre, Lucia si incontrava con le amiche per giocare o fare una passeggiata sul ponte o dietro la via nuova. Altre volte, andava a prendere un gelato, a vedere un film al cinema all’aperto o a messa, più per incontrarsi e stare fuori casa che per vera e propria fede. In certi pomeriggi andava all’asilo con Antonietta, la cugina di mio padre: lì c’era una monaca che qualche anno dopo si è “spogliata”, creando scandalo in paese. Lei riuniva le ragazze e leggeva loro dei libri per poi parlarne assieme; una sorta di circolo letterario sui generis.
M: «Ma alla fine cos’è che ti ha fatto cambiare idea? È stato il compare di papà?»
L: «No, no. Ho continuato a dire di no ancora per un po’, ma poi mi sono detta va beh, quasi quasi…»
M: «E come mai?»
L: «Tuo padre aveva le idee chiare ed era sicuro di sé. Poi era anche affascinante, così mi sono fatta fregare. Vero uagliò?»
Mio padre è da poco tornato in cucina e ha assistito a quest’ultimo scambio restando in piedi davanti alla porta.
S: «Guarda che anche adesso sono affascinante, cosa ti credi?», interviene sorridendo.
L: «Sì, ma solo quando dormi.»
Ridiamo con lei. Mio padre la guarda ma non risponde nulla. Così Lucia riprende subito.
L: «Uagliò, guarda che sto scherzando. Russi troppo per essere affascinante quando dormi…»
© Marco Annicchiarico
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