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Caregiver Whisper 13

Mio padre Sebastiano è morto l'11 novembre 2016 per le conseguenze di un adenocarcinoma. A Lucia, mia madre, è stato diagnosticato nel 2014 il morbo di Alzheimer. Quando si è ammalato, mio padre ha iniziato a raccontarmi la sua vita mettendo, così, ordine anche tra le testimonianze confuse di mia madre. Lei ha disimparato cose elementari come vestirsi in modo corretto, lavarsi e mettere le cose in ordine. Io sono il suo caregiver. Come molti altri malati nelle sue condizioni, è spesso irascibile e aggressiva perché non ha più gli strumenti per decifrare cosa le succede intorno. In Caregiver Whisper racconto piccole storie di vita nella malattia, tra le mille difficoltà con cui mi sono dovuto misurare, il più delle volte da solo, e l'ironia che ci ha aiutato a non impazzire nei momenti più difficili. Questa rubrica è dedicata ai miei genitori, alle persone che mi sono state accanto in questo percorso e a chi si trova, come me, a guardare in faccia la realtà, cercando di elaborare un lutto che lutto ancora non è.

da Art Mama di Orimoto Tatsumi (Gangemi Editore, 2007)

20 giugno 2016

L: «Ma si può essere così scemi? Io fino a ieri più che altro ero convinta che era Filomena.»
M: «Chi?»
L: «Quello che ora è in bagno.»
M: «Ma dici Sebastiano?»
L: «Eh, lui.»
M: «Ma no, hai visto, è Sebastiano, tuo marito.»
L: «Io pensavo che era sua mamma. Ma siccome leggeva le cose, pensavo ma quanno mai? Chesta nun ha mai letto, ma è mai possibile?»
M: «E perché non mi hai chiesto nulla?»
L: «Non ho chiesto perché volevo prima essere sicura.»
M: «Lo sai che non ti giudico e non ti prendo in giro come fanno gli altri. Quindi, anche se dici una cosa che non è giusta o ti può sembrare strana, se me lo chiedi magari riusciamo a capire insieme che succede.», rispondo fingendo una sicurezza che mi manca.

Mia madre, come se nemmeno ascoltasse, inizia a fare avanti e indietro tra la cucina e la porta del bagno. A un certo punto si ferma, bussa e chiede a mio padre se ha bisogno di una mano; lui risponde di no. Credo che voglia entrare per confermare la sua scoperta. Resta fuori dalla porta ancora per qualche secondo, con l’orecchio teso per capire cosa stia facendo lì dentro e poi ritorna verso di me.

L: «‘O ssaje, guardavo, guardavo e non capivo che era Sebastiano. Però una cosa… come metteva la penna. Lì ho detto mah, senz’altro sarà Vastian mentre io penso che è la mamma.»
Lo ripete tre volte: è per via della penna che si è resa conto che non si trattava di sua suocera ma di suo marito. Lui, infatti, era solito prendere la penna nera e farla girare tra le dita prima di iniziare a scrivere. Mia nonna, invece, era analfabeta. Per cui, quando si metteva a un tavolo, era per iniziare a lavorare all’uncinetto.
M: «Vedi, un po’ è la stanchezza, un po’ è l’età che avanza e poi anche il fatto che non vuoi prendere le pastiglie. Tutto questo ti ha mandato un po’ fuori.»
L: «E che c’entrano le pastiglie?»
M: «C’entrano. Quelle aiutano a ricordare le cose.»
Ma Lucia, come se sapesse che in realtà queste pastiglie non servono a molto, dice che “Insomma, è così”.
M: «Tu comunque non ti mettere a pensare e ripensare. Se c’è qualcosa che non ti torna, vieni da me, così me lo chiedi e ne parliamo. Se no, a furia di pensare, ti innervosisci come stamattina.»

Questa mattina, infatti, subito dopo essersi svegliata, poco dopo le sei, Lucia ha iniziato a chiedere a mio padre dove fosse Sebastiano. Le sue risposte infastidite e poco convincenti l’hanno fatta arrabbiare. Del resto, oramai, ci vuole davvero poco per farla arrabbiare. Così, ha iniziato a inveire contro noi due che ci siamo messi d’accordo, che le abbiamo rubato i soldi e le nascondiamo tutto ciò che è successo attorno a lei, dalla fine di suo marito a quella di suo figlio Marco.
Oggi Lucia e Sebastiano hanno compiuto 51 anni di matrimonio ma a ricordarselo è solo mio padre. Durante la colazione ha ripetuto sommessamente, come un mantra, che non ce la faceva più e ha cercato di non farsi vedere mentre piangeva. Sebastiano non riesce ad accettare che la persona con la quale ha condiviso la propria vita, tra alti e bassi, adesso non ci sia più.
Così, ho portato fuori Lucia a fare un giro, nella speranza che potesse calmarsi e per dare modo a mio padre di rifiatare. Solo quando siamo rientrati ha capito che la persona che era in casa con noi era suo marito.

L: «Vastià, ma quando sei arrivato?»
S: «Lucia, sono sempre stato qua.»
L: «E perché io non ti ho visto?»
Mi sono intromesso e ho anticipato la risposta di mio padre, cercando di fornire una spiegazione plausibile affinché Lucia non si agitasse nuovamente: «Eravate solo in stanze diverse, lui si è messo a dormire e tu eri qui con me.»
L: «Ma tua madre adesso dov’è andata?»
S: «È morta. E mica
Lucia ride perché sa che non può essere: l’ha “vista” solo poche ore fa.
L: «Ora quando torna te lo faccio dire anche da lei che questa mattina ti ho cercato.»
S: «Sì, come no…»
Lucia lo guarda e non dice nulla. A volte, come in questo momento, fatica a capire perché mio padre risponda con questo tono infastidito e scontroso. Io, intanto, provo a cambiare argomento.
M: «Sai che oggi avete compiuto 51 anni di matrimonio?»
L: «Davvero?», chiede sorridendo. «Vastià è vero?»
S: «Sì. E mi hai fatto pure gli auguri», aggiunge in modo sarcastico, riferendosi alla sfuriata di poche ore prima.
L: «E non mi hai fatto nemmeno un regalino?»
S: «Perché, te lo meriti?»
L: «Certo. Ti lavo, ti stiro, ti faccio compagnia.»
Lui guarda prima Lucia e poi me ma non replica nulla.
L: «Senza considerare che lavo, stiro e faccio compagnia pure a tua madre. Mi spieghi dove la trovate a un’altra comme a me

© Marco Annicchiarico

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