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Caregiver Whisper 95

Mio padre Sebastiano è morto l'11 novembre 2016 per le conseguenze di un adenocarcinoma. A Lucia, mia madre, è stato diagnosticato nel 2014 il morbo di Alzheimer. Quando si è ammalato, mio padre ha iniziato a raccontarmi la sua vita mettendo, così, ordine anche tra le testimonianze confuse di mia madre. Lei ha disimparato cose elementari come vestirsi in modo corretto, lavarsi e mettere le cose in ordine. Io sono il suo caregiver. Come molti altri malati nelle sue condizioni, è spesso irascibile e aggressiva perché non ha più gli strumenti per decifrare cosa le succede intorno. In Caregiver Whisper racconto piccole storie di vita nella malattia, tra le mille difficoltà con cui mi sono dovuto misurare, il più delle volte da solo, e l'ironia che ci ha aiutato a non impazzire nei momenti più difficili. Questa rubrica è dedicata ai miei genitori, alle persone che mi sono state accanto in questo percorso e a chi si trova, come me, a guardare in faccia la realtà, cercando di elaborare un lutto che lutto ancora non è.

22 dicembre 2017

Anche questa sera mia madre non ha alcuna voglia di mangiare (e, di conseguenza, di prendere la terapia dissimulata nel cibo). Così cerco di tentarla con l’unica cosa che riesce ancora a farle cambiare idea: la pizza. Inizio a dire che il mio amico Maurizio questa sera ne avrebbe mangiata una insieme a sua madre ma, a differenza delle altre volte, non le ho chiesto: “Perché non lo facciamo anche noi?”. Ho lasciato che pensasse fosse una sua idea. Lucia non lo sa ma la madre di Maurizio non sta per niente bene. Oramai è allettata e la neurologa, la stessa che ha in cura mia madre, gli ha detto che questa volta difficilmente si riprenderà.
Lucia, che già si era tolta le calze per andare a letto, non mi risponde e in silenzio se ne torna in camera a sistemare qualcosa nel cassetto. Poi, dopo qualche minuto, torna in cucina. Mi guarda e sorridendo chiede: «Ma se mangiassimo una pizza, ti va?»

Quando siamo arrivati in pizzeria, ha fatto un po’ di storie perché due persone erano sedute accanto al quadro che le ricorda Zungoli e lei voleva sedersi proprio lì. Poi, anche grazie a Giada, la titolare, siamo riusciti a convincerla a scegliere un altro tavolo, più “comodo” e “largo” degli altri. Per fortuna, ci ha creduto sulla parola e non si è messa a misurare i lati, uguali per ogni tavolino.
L: «Vedi, quello è Zungoli: c’è anche il Castello.»
In realtà, il quadro che occupa quasi tutta la parete, è un quadro che riguarda un paese della Basilicata. O, almeno, questo è quello che ci hanno detto qualche anno prima. Abbiamo mangiato un pezzo di pizza al trancio e poi Lucia ha voluto anche il dolce: «Uagliò, ‘o facimo a mezz, così ti addolcisci pure tu». Una volta finito di cenare, quando stavamo per uscire, mi sono accorto che dalla tasca del cappotto di Lucia usciva qualcosa di colorato. Era il tovagliolo che aveva usato poco prima.
M: «Lucì, questo lasciamolo qui.»
L: «E perché?»
M: «Perché non è nostro.»
L: «Chi te lo dice? Me lo sono portato da casa.»
M: «Vabbè, lascialo qui che lo lavano e poi ce lo ridanno pulito.»
L: «E chi te lo dice che me lo ridanno?»
Le trattative hanno coinvolto anche la cameriera che, alla fine, è riuscita a riprendere possesso del tovagliolo mentre io promettevo a mia madre un buon caffè una volta tornati a casa.

Nei giorni scorsi Lucia è andata a letto intorno alle 18.30, evitando di mangiare e di prendere il caffè decaffeinato con dentro la sua terapia. Forse, continuo a sperare, è anche per questo che in questi giorni è più confusa del solito.
Nel suo caffè spezzetto sempre un canestrello, per fare in modo che possa pensare che, quelle che si vedono sul fondo, sono solo delle briciole.
Vado in bagno e, a un certo punto, sento mia madre parlare. Penso che si starà lamentando di qualcosa tra sé e sé ma poi, invece, mi accorgo che sta solo parlando con qualcuno che non c’è.
L: «Io adesso vado a letto, tu vieni pure quando vuoi, non preoccuparti.»
M: «Lucia, guarda che sono in bagno, adesso arrivo.»
Lei mi raggiunge, apre la porta e dice che lo sa che sono in bagno, gliel’ho detto prima: lei stava parlando con quella che c’è in cucina.
M: «E chi c’è in cucina?»
L: «Chi c’è?! Non hai visto che c’è la signora?»
Esco dal bagno e la seguo.
L: «Comunque – dice guardando verso la poltrona – se hai bisogno di qualcosa chiamami pure.»
Io prendo il cuscino che c’è sulla poltrona e le faccio notare che non è una signora, che si tratta solo di un cuscino.
Lei ride e dice che è vero. Poi, quando lo appoggio sulla poltrona, dà una pacca al cuscino, come sulla spalla e gli dice: «Allora buonanotte.»
Io non contraddico e la assecondo, augurando anch’io buonanotte al cuscino e alla poltrona. Poi, mentre lei va in bagno a fare la pipì, io vado a preparare il letto.
Circa un’ora dopo, mentre lei sta dormendo, chiama la mia amica Monia per sapere come vanno le cose.
M: «Il solito, mia madre peggiora e io sto sempre qui da solo. Fortuna che c’è Giorgia, anche se mi aiuta solo part-time.»
Ma: «Ma Lucia peggiora peggiora?»
M: «Ti dico solo che pochi minuti fa parlava con la poltrona.»
Ma: «Ma perché vedeva qualcuno? E che diceva alla poltrona?»
M: «A me ha detto che c’era una signora e poi a questa signora ha chiesto se stava bene, se aveva bisogno di qualcosa e le ha dato la buonanotte.»
Lei resta zitta un attimo e poi risponde con un tono molto serio: «Marcolì, io non è che te vojo dà contro, ma cerca de capì. Parlà co te, nun je dà soddisfazione. E daje. Te credo che poi se mette a parlà co ‘na poltrona…»

© Marco Annicchiarico

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