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Paolo Steffan, Zona Rossa (parte quarta)

Prosegue la narrazione ZONA ROSSA. Piccolo racconto del coronavirus di Paolo Steffan che, in questi giorni, presentiamo sul nostro blog il venerdì e sabato pomeriggio. La prima parte qui, la seconda qui, la terza qui.

particolare d La nave dei folli di H. Bosch (1494)

Un magnate

…..Sa, mia figlia è una grande lavoratrice. Si è concessa un meritato svago e ha comperato una villa dell’Ottocento in Costa Azzurra, vicino a Nizza. Una zona tranquilla, davanti a un mare che pare pennellato, come in quel paesaggio di Virgilio Guidi che ho appeso in atrio nella casa di Milano. Nel capoluogo lombardo la situazione era davvero pericolosa e sono stato costretto a lasciare il paese che amo.

…..Così, eccomi nel sud della Francia. Sono giornate di sole, e olivi secolari e palme svettanti mi garantiscono quel gioco di luce e ombra che finalmente mi rilassa. Ma questa le sembrerà una mera ostentazione di lusso. Una questione oziosa che mi trova facilmente attaccabile. Si renderà conto che – se non vecchio, giammai – sono ora diversamente giovane. La sto annoiando? Lei vorrà far sicuramente riferimento ai processi a mio carico: tutti lo fanno. Sono sospese le udienze e io ci sguazzo, questo pensate? Di me che dell’Italia ho fatto solo il bene. La mia famiglia dà da lavorare a migliaia e migliaia di persone tutt’oggi. La giustizia contro di me si è accanita perché corrotta. Ma è un tema che oramai mi ammorba da decenni e di cui non voglio parlare: come si fa a disquisire di processi con dinnanzi una distesa di verde e celeste come questa? Eh? Cento metri quadri di terrazza, lei li aveva mai visti? Ha gusto la mia figliola.
Dicevamo? Ah sì, questa non è una fuga legata agli adempimenti di cui sopra, come lei penserà: è un pregiudizio che mi amareggia. Sono stati i medici a convincermi, in realtà. Io sono un capitano di nave di lungo corso e solo una causa di forza maggiore può portarmi ad abbandonare il mio posto. Sa, ho dovuto fare il tagliando, eh eh, anche una supercar ha bisogno di qualche manutenzione, col tempo. E non mi posso permettere di prendere il coronavirus. Questo, mi dicono. Mi sono ribellato ai medici, sulle prime, ma ci si è messa anche mia figlia, che mi ha letteralmente catapultato in elicottero, ed eccomi qua. Guardi che paesaggio incontaminato. Lei lo sa che questo stesso mare che ora ci delizia ha ispirato Matisse e Picasso? Capisce che nessun turbamento può corrompere questo idillio che mia figlia ha preso in cura. La nostra è quasi una missione, per tenere in vita una parte di Eden. Non possiamo sottrarci a questo compito verso i posteri. Altri combattono il morbo, noi dobbiamo custodire le chiavi del paradiso: per questo ci invidiano e siamo sempre accusati di qualche delitto infondato, perseguitati dai magistrati corroborati dall’odio!

…..Ma ho capito, non le interessa che mi dilunghi su arte e paesaggio. Lei in fondo mi piace, è uno concreto, un uomo “del fare”. Sapesse quanto mi sono battuto, negli anni d’oro, per costruire un senso imprenditoriale più radicato… E allora, che cosa c’è di più palpabile delle donne? Un argomento nel quale, modestamente, sono un intenditore. Sì, lo avrà già saputo: a Nizza, su quell’elicottero, non ci sono venuto da solo. Ho portato anche Jennifer, sì, la mia nuova pupilla: Ludmilla mi è stata vicina per ben due anni, ma ha superato i quaranta: a ottantacinque anni, un uomo come me ha diritto ad avere vicino sempre carne fresca, eh eh. Jennifer è un’intellettuale, trentenne, bionda. Mi soddisfa e io soddisfo lei. Le ho lasciato libero accesso alla sala-macchine, ora che comincio a non occuparmi più di tante cose. No, non mi sono arreso, ma i medici insistono…

…..Così me ne sto qui in Costa Azzurra. Anche se volessi, non potrei tornare in Italia, con questa zona rossa. Soffro molto, sì, soffro molto per la mia terra. Il mio cuore è lì, con voi. Sono vicino a lei e a tutti i miei concittadini e compatrioti. Ma ora – mi scusi – per quanto medici e familiari insistano, sono sempre un fiume in piena, dunque la devo lasciare e mettermi al lavoro. Non c’è virus che possa frenarmi, vado in sala-macchine con Jennifer. Buon lavoro!

Un matto

…..Cosa si fa? Vado avanti e indietro da giorni per questa stanza. Non si può più far nulla. La spesa è già fatta e non ho soldi per farne dell’altra. Ora la polizia ti ferma per strada e ti multa se giri senza giusta causa. Vado avanti e indietro, impazzirò. Io sono un camminatore incallito e questo miniappartamento mi va stretto.

…..Leggo libri, è una vita che ne leggo. Ma leggere senza camminare mi fa diventare matto matto matto! Devo uscire, altrimenti spacco qualcosa, ho gli occhi che bruciano a forza di stare tra libri e computer. Chi può mai fermarmi qui fuori di casa? C’è una stradina in pendenza, per questo la chiamano “Rivetta”. Esco, sì, esco. Io abito a metà di questa strada. Parto salendo o scendendo? Salgo, sì, salgo. Su per la Rivetta, giù per la Rivetta. Su per la Rivetta, giù per la Rivetta…

…..Una signora dietro gli scuri del secondo piano mi guarda come fossi un alieno, forse solo uno scemo. Su e giù per la Rivetta… Finché mi arrivano, da dietro, due agenti di polizia, divisa e mascherina.

…..“Buongiorno, favorisca l’autocertificazione.”

…..“Chiedo scusa,” rispondo, “ma sono qui vicino casa, avevo bisogno di una boccata d’aria…”

…..“Torni subito indietro, altrimenti saremo costretti a multarla…”

…..“Avevo letto sui giornali che camminare solitari non era vietato e questa strada per me è il muro del parco dei Finzi-Contini, cioè lo vivo come se lo fosse, intendo, so che non siamo a Ferrara né i Finzi-Contini sono una realtà, ma…”

…..“Ma cosa sta dicendo? Chi sono questi Finzi-Contini? Lei è matto!”

…..“Non direi, semmai un saggio. Sa, io sono tra i pochi che conoscono il contenuto delle lettere di Giosuè Carducci conservate da Ermanno Finzi-Contini, alla cui madre il vate le aveva indirizzate. Volevo laurearmi su quelle, ma poi non le ho trovate e sono stato portato in un sanatorio e…”

…..Ma gli agenti non mi stanno più ascoltando, mi portano con loro, su per la Rivetta.

…..“È questa la porta di casa mia!”

…..“Stavolta ti ci lasciamo, ma se ti becchiamo di nuovo, matto o non matto, ti denunciamo.”

…..Li guardo smarrito, giro la chiave e torno nel mio piccolo appartamento. Prendo un ombrello e comincio a suonarlo. Tace. Sì, dev’essere proprio un momento difficile. Mi berrò uno spuntino e poi andrò a coricarmi in vasca da bagno…

Una sopravvissuta

…..Sono stata deportata ad Auschwitz quando avevo sedici anni. Oggi ne ho novantadue e il senso della mia vita è incontrare bambini e ragazzi per testimoniare loro l’indicibile. Non mi spaventa più niente da allora, tantomeno un virus come questo, terribile ma molto meno potente di un altro virus, quello dell’odio.

…..Per questo credo che, in una situazione eccezionale di pericolo, sia da avere un sentimento evangelico. Detto da un’ebrea suona inaspettato: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Cosa si può dire di più? Il difficile è attuarlo, un principio così bello. Ma poi sento dei ragazzi che dicono: “Io mi diverto lo stesso, io faccio festa, io esco. Tanto sono i vecchi che si ammalano, che muoiono”. Ecco, questo è tremendo. Questo mi fa venire il mal di cuore, mi fa sentire quel seme dell’odio rigermogliare. Auschwitz è anche questo, pensare che ci sono età, vite, sessi di primo e di secondo livello.

…..Ci dice molto dell’uomo vivere un momento di disagio come questo. Ridà consapevolezza di quanto preziosa sia la libertà, di quanto concreta possa essere la paura, di quanta gioia vi sia in un abbraccio o una carezza. Il tema della memoria non deve riguardare solo la storia, perché tutto è storia: noi oggi stiamo facendo un pezzo di storia e quindi serve registrare ogni emozione, ogni sentimento goduto o patito, perché sarà una perla rara per dare dignità al nostro domani.

…..Se viviamo con superficialità un momento drammatico, pronti a dimenticarcene appena torna la normalità, senza maturarne qualcosa, facciamo lo stesso errore che si è fatto con noi sopravvissuti allora. Quando siamo tornati dai lager nessuno voleva che ne parlassimo. È facile abituarsi alla libertà e all’agio. Ma se non lo si fa in modo critico, capendo che non è venuta a costo zero, ecco che altrettanto facile sarà perderla.

…..Ora sono stanca e raffreddata, vengo da due mesi di incontri in tutta Italia, due all’estero, in Francia. Noi sopravvissuti siamo ormai molto pochi, ma non possiamo tirarci indietro: finché avrò voce racconterò e porterò il mio vissuto. Non dimentichiamoci il crescendo di antisemitismo e di razzismo che ha connotato la scena nazionale ed europea in questi mesi, prima che il virus occupasse ogni notiziario. Quando sarà finito questo inferno, sarà da lì che ripartiremo: saremo più umili e consapevoli? O ancora ci divertiremo a scrivere “sporco ebreo” o “sporco negro” sui muri delle case, delle scuole? Ci sono virus per cui non esiste vaccino, se non nella coscienza di ciascun uomo.

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© Paolo Steffan


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