Quella che segue non è una classifica, è soltanto la scelta di alcuni dei redattori che, fra critica e sentimento, hanno indicato nella maniera più sintetica possibile i 5 libri dai quali sono stati conquistati nel 2013. Quella che segue conterrà libri letti nel 2013 ma non necessariamente usciti nell’anno solare. Di alcuni di questi abbiamo parlato sul blog, di altri lo faremo. Quella che segue è una non – classifica molto varia, che non tiene conto delle vendite ma di un po’ di bellezza. Tutto questo per augurarvi Buon anno e per ringraziarvi di averci letto. Vi aspettiamo tutti i giorni anche nel 2014 (gm)
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Andrea Accardi
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Giovanna Amato
1) Giuseppe Genna, L’ANNO LUCE (Il Saggiatore, 2007) – un libro dove i brani hanno forma, talmente affiorante da poterli toccare.
2) Adam Zagajevski, DALLA VITA DEGLI OGGETTI (Adelphi, 2012) – per l’incapacità fosse pure di accendermi una sigaretta tra un componimento e l’altro.
3) Anna Maria Ortese, MISTERO DOLOROSO (Adelphi, 2010) – scoperto solo adesso (era, sicuramente, l’adesso giusto).
4) Salvatore Satta, IL GIORNO DEL GIUDIZIO (Adelphi, 1990) – perché «forse la vera e la sola storia è il giorno del giudizio, che non per nulla si chiama universale».
5) Elsa Morante, LA SERATA A COLONO (Einaudi, 2013) – e qui non c’è nulla da aggiungere.
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Anna Maria Curci
Patrizia Rinaldi, Blanca, e/o 2013 – Tra Napoli e Pozzuoli, nobiltà stracciata e miseria abietta o inetta, conversazioni troncate e soliloqui contrapposti, farina e polvere, acque torbide e fuoco spartiacque, sono le voci in varietà orchestrata di registri e timbri, che non scansano lo sgradevole eppure conoscono il sublime, a mettere in luce, per contrasto, la percezione sensoriale preclusa a colei che sa trovare, per istinto educato nell’esperienza dolorosa, inizio, percorso e fine dei sentieri della vicenda: Blanca.
Fabio Stassi, L’ultimo ballo di Charlot, Sellerio 2012 – L’appuntamento immancabile, nella notte di Natale, con la severa signora che viene a riscuotere il conto, il valzer annuale sull’orlo del vuoto, si trasformano in occasione di allestimenti bizzarri e irresistibili, rievocazioni veritiere e visionarie insieme, tendone e pista di circo, strada cittadina e vagabondaggio fuori mano, bottega dell’antiquario e laboratorio dell’impagliatore, incontri insperati e rivelatori, fiaschi e trionfi, capitomboli in scena e caparbie prese di posizione davanti e dietro la macchina da presa: in tutti è lui, Charlie Chaplin, guitto, monello, senza casa e senza terra, a farsi regista di una epopea sui generis del cinema, nella quale gli oggetti, poveri accessori di scena o misteriosi deus ex machina, hanno vita, storia e dignità.
Antonio Scavone, Segmenti & Controfigure, Smasher 2012– Il ritmo che la prosa di Antonio Scavone sa imprimere al “torpore placido” nelle sue manifestazioni a strati e sfumature diversi scaturisce dalla capacità di dare un significato nuovo al termine “realismo”: squallore, stanchezza, deriva, declino non strizzano l’occhio al pulp e rifuggono il compiacimento mimetico, ma sono occhio aperto e orecchio teso a cogliere le mutazioni più impercettibili e, di qui, a costruire sulla pagina scritta una vera e propria comédie humaine, tanto credibile nel cogliere l’insieme e nel curare il dettaglio, quanto sorprendente per acume pensoso.
Sibylle Lewitscharoff, Blumenberg, Del Vecchio, 2013 – Il piglio sicuro di chi si destreggia da tempo e da tempo ha imparato a far da guida lungo le montagne dei testi menzionati esplicitamente o stesi come un tappeto dalla trama non immediatamente decifrabile, per gli itinerari musicali più strampalati dalla classica a Patti Smith, per paesaggi esotici e febbrili set cinematografici, prende le mosse, di notte, dallo studio del filosofo Blumenberg e attraversa, con «onnicomprensiva cura» noncurante di schemi spiccioli e paurosa osservanza di schemi e generi, paesaggi e personaggi, illuminati, anche per contrasto e distanza, dal manifestarsi silenzioso e imponente del leone.
Marcello Simonetta Noga Arikha, Il fratello ribelle di Napoleone, Bompiani 2011 – Splendori e miserie della famiglia Bonaparte e di una fetta cospicua della storia europea attraverso la vita, i discorsi, gli atti di ribellione al celebre fratello, pagati cari, e la lungimiranza di Lucien, del quale Napoleone soleva dire: «di tutti i miei fratelli, lui era il più dotato, e quello che mi ha ferito di più». Il rigore della ricostruzione storica si affianca alla tensione drammatica, come nei mirabili volumi di Stefan Zweig.
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Luciano Mazziotta
1) Mario Benedetti, Tersa morte, Mondadori 2013.
“E piange la parola che riesce a dire” e “Morire e non c’è nulla vivere e non c’è nulla, mi toglie le parole” sono i versi più rappresentativi di questo libro che da una parte fa i conti con l’impossibilità di dire, dall’altra con la crisi ontologica.
2) Marco Giovenale, Delvaux, Oedipus 2013.
Silloge di confine, come figura di confine è il nome del pittore surrealista che dà il titolo alla raccolta, segna il percorso di uscita dal modernismo nell’opera di Marco Giovenale.
3) Andrea Inglese, Lettere alla reinserzione culturale del disoccupato, Italic Pequod 2013.
Costituito da poesie e prose, prosegue la poetica che Inglese ha iniziato con Commiato da Andromeda. I versi si fanno imprevedibili così come imprevedibili sono gli esiti di un dialogo con un ente, la Reinserzione culturale del disoccupato, della cui esistenza si dubita continuamente.
4) Andrea Raos, Lettere nere, Effige 2013.
Anche in questo caso ci si trova dinnanzi ad un prosimetro. La dialettica prosa-poesia però non rappresenta più la dicotomia chiusura-apertura, ma è come se il libro cercasse di attraversare tutte le esperienze del secolo passato: dal sonetto di matrice zanzottiana, ai versi liberi di stampo mesiano, alle prose allucinate e deliranti, tematicamente e sintatticamente.
5) Giacomo Trinci, Inter nos, Aragno 2013.
Inter nos è, seguendo la traduzione letteraria, qualcosa rappresentabile come un monologo interiore, o comunque come qualcosa detto tra sé e sé. Inter nos è l’impossibilità di nominare la realtà se non attraverso il balbettio e il farfugliare di un soggetto posto ai margini della storia.
Fabio Michieli
1) Alessandro Brusa, La raccolta del sale (Perrone, 2013)
«Ho tramutato i miei passi in orme di gigante…»
2) Vittorio Sereni, Giuseppe Ungaretti, Un filo d’acqua per dissetarsi. Lettere 1949-1969 (Archinto, 2013)
«Non sono contento della pubblicazione, senza consultarmi prima, dei quattro poeti insieme. Uno in mia compagnia, Quasimodo, non ce lo voglio più assolutamente.» (Giuseppe Ungaretti a Vittorio Sereni, 15 maggio 1969)
3) Annalisa Cima, Le occasioni del “Diario postumo”. Tredici anni di amicizia con Eugenio Montale (Edizioni Ares, 2012)
Se postumi si nasce, la Cima si pasce.
4) Goliarda Sapienza, Ancestrale (La Vita Felice, 2013)
«Una pena murata nel tuo petto…»
5) Lorenzo Mari, Nel debito di affiliazione (L’arcolaio, 2013)
«di netto / non ci si trasforma in lucciola…»
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Gianni Montieri
George Saunders – Dieci Dicembre (Minimum fax, 2013) Sto leggendo questi racconti per la terza volta: ho saltato fermate della metropolitana, ho preso appunti, ho letto la profondità dietro la leggerezza, la meraviglia in mezzo al dolore.
Sibylle Lewitscharoff – Blumenberg (Del Vecchio, 2013) Si può partire da un uomo esistito realmente e immaginargli un’altra storia intorno, far sedere un leone in salotto, raccontare un suicidio come se fosse una poesia, sorridere, a volte, mentre intorno è tutto grave.
Nicola Pugliese – Malacqua (Tulliopironti editore, 2013) Perché a Napoli non può piovere soltanto, perché il vuoto su cui la città si regge a volte tiene per magia; come la magia di un libro che era sparito e che è ritornato.
Luigi Bernardi – Crepe (Il Maestrale, 2013) In una città che cambia architettura, che cerca il futuro, le crepe che si aprono nelle pareti delle case battono lo stesso tempo di quelle che si aprono nelle vite delle persone, un romanzo come sempre dovrebbe essere, troppo ignorato.
Ivano Ferrari – La morte moglie (Einaudi,2013) La poesia come rappresentazione di un dolore intimo e privato e di un devastante dolore animale: dal piccolo spazio di un macello, di un letto, diventa scenario di un dolore universale, con versi indimenticabili.
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Iacopo Ninni
Godere del gioco della lingua.
essere declinata al plurale.
Clelia Pierangeli Pieri
José Saramago, TUTTI I NOMI – Feltrinelli, 2010
Non è facile esistere, non lo è stato mai.
La storia ce ne parla, i misteri risolti e quelli irrisolti ce lo confermano.
Esistenza, tanto scontata quanto dimenticata.
Tutti dovrebbero poter contare sul proprio signor José.
Ingeborg Bachmann, TRE SENTIERI PER IL LAGO – Adelphi, 1996
Fare i conti con la propria terra con la rinnovata sensazione che sia solo l’altrui luogo.
Elisabeth distante, preda dell’amore rinnovato e della nostalgia
Lei, irremovibile e statuaria, d’amore intrisa.
Thomas Bernhard, A COLPI D’ASCIA – Adelphi, 1990
Ecco dove e come, almeno una volta, avrei voluto partecipare alla vita dei non viventi.
Siamo circondati.
Thomas Bernhard, ANTICHI MAESTRI – Adelphi, 1995
La Sala Bordone, quella panca, mi hanno trattenuta mentalmente e a lungo.
Ogni tanto occorre chiedersi quante e quali insidie si possano nascondere dietro e intorno all’arte, alla dichiarata perfezione.
Reger non ama, eppure tiene per mano senza cedere. Finalmente le certezze vacillano.
Jean-Louis Fournier, DOVE ANDIAMO PAPÀ – Rizzoli, 2009
Come la primavera sul dolore anche nell’inverno
Come il sorriso, obbligatorio, rugoso e malguadagnato, sulla consapevolezza.
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Davide Zizza
Sono inciampato in After dark di Haruki Murakami (romanzo, ed. Einaudi – 2008 ) perché in una notte tutto può accadere.
Sono inciampato nelle Poesie di Fëdor Ivanovič Tjutčev (poesia, ed. Adelphi – 2011) perché bellezza e tensione evocativa si fondono in una dimensione onirica e metafisica.
Sono inciampato in Discesa nell’Ade e resurreazione di Elémire Zolla (saggio, ed. Adelphi – 2002) perché ha definito l’essere umano nella sua unità storico-culturale in un rapporto dialettico con il mondo e con sé stesso.
Sono inciampato in Caduto fuori dal tempo di David Grossman (prosa/poesia, ed. Mondadori – 2012) perché è una scrittura corale dove tutte le voci si riuniscono in una, quella del dolore, una voce che chiama nel deserto del tempo per trovare, anche laddove non c’è, una speranza.
Sono inciampato in Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge di Maryanne Wolf (saggio, ed. Vita e Pensiero – 2012) perché la lettura rappresenta il vero momento evolutivo e creativo dell’uomo verso la civiltà.