La sera del poeta
C’è un’ora, quella della sera, che contiene per Trakl il momento in cui il mondo appare più vero, pur nella sua crudezza e malinconia.
Trakl, al pari di Hölderlin e di Rilke, ha avuto la ventura di passare sotto l’analisi critica di Heidegger, il quale vi ha trovato quel che vi ha cercato: la lingua (die Sprache, intesa come “la parlata” di un popolo o di una etnia). Con questa impostazione filosofica e filologica ogni poeta incorso appunto nella ventura heideggeriana, si fa oggettivamente portavoce di qualcosa di più grande di lui, di cui lui diventa il tramite inconsapevole.
Una biografia non produce poesia
Rivelare al lettore che un poeta, nato da famiglia agiata e numerosa, si sia invaghito della sorella fino all’incesto, che abbia fatto uso di droghe e sia morto suicida di un’overdose, distendendo il tutto su un tratto di Storia civile (per esempio sul periodo che include la Grande Guerra), non riesce a spiegare quasi niente della sua produzione poetica. La biografia del Nostro purtroppo è stata chiamata troppo spesso in causa per spiegare i moti del suo animo e le sue scelte poetiche, come d’altronde le sue esperienze di guerra sono state prese per cause del suicidio che invece era stato da tempo maturato e annunciato.
D’altronde ogni strada intrapresa dai critici al fine di un’esegesi risolutiva della poesia di Trakl si è conclusa con le parole di Rilke: «Wer mag er gewesen sein?» (Chi mai potrà essere stato?).
Una disamina completa delle varie posizioni critiche su Trakl venne poi intrapresa per il centenario della nascita del poeta da Fausto Cercignani in un convegno organizzato nel 1987 alla Statale di Milano. Cercignani, comunque, dopo aver esposto tutte le posizioni altrui, tentava una sua propria interpretazione evocando la figura di Elis, il fanciullo cantato da Trakl. Sarebbe stata questa l’immagine che ci avrebbe permesso di penetrare nel mondo di Trakl, che era quasi programmaticamente precluso al lettore.
Noi pensiamo di penetrarvi evocando l’immagine della sera.
La sera senza simbologie
La sera ci richiama alla mente il famoso sonetto del Foscolo che ne esplicita – forse fin troppo – i significati simbolici. Noi non pensiamo però che la sera di Trakl si debba interpretare su quella falsariga. Pensiamo piuttosto che il poeta ci abbia regalato delle stupende atmosfere serali che non sono affatto scevre da un carattere naturalistico né da un’aura di reminiscenza personale:
Passeggiata attraverso un’estate morente
accanto a manne di grano ingiallito. Sotto la volta imbiancata,
dove la rondine entra ed esce sfrecciando, bevemmo vino generoso.
Forse non si è riflettuto abbastanza su quanto sia importante certo paesaggio per un occhio austriaco. Basta scorrere le pagine di Musil per capire in che modo quell’occhio legga il paesaggio, al di là della famosa frase dell’autore de L’uomo senza qualità per cui “La montagna d’inverno e il mare in piena estate sono le due grandi prove dell’anima”. Quella particolare lettura di quel certo paesaggio, che in fin dei conti va inteso come terra dei padri, sbocca sempre in una visione filosofica, mentre, al contrario, la visione del filosofo non saprà mai ripercorrere quella lettura partendo dalle sue categorie di pensiero. Per questo la visione heideggeriana rimane esterna alle ragioni poetiche di Trakl. Il poeta parte da un sentimento di esilio che gli nasce dalla visione di un determinato paesaggio urbano, e quindi si definisce “esule”, mentre Heidegger parte dal concetto di “esule” e lo applica a Trakl.
Sentiamo il poeta:
Voi grandi città
costruite di pietra
nella pianura! Così muto segue
il senza-patria
con fronte bassa il vento,
gli alberi spogli sulla collina.
Il poeta risale quindi sempre dall’immagine al concetto:
– Il bosco che disseccato si allarga –
con ombre intorno, come siepi di rovi.
La selvaggina esce tremante dai covi,
mentre un torrente silenzioso sgorga
e fra le vecchie pietre segue felci
e brilla argenteo fra intrecci di foglie.
Tosto il suono in buie gole si coglie –
forse già brillano in cielo le luci.
È chiaro che qui il percorso è quello di cui parlavamo sopra: le siepi, il torrente, le felci, le foglie e tutti gli altri elementi naturalistici -che fanno anche pensare ad un Trakl impressionista- nell’ora della sera vanno trasformandosi in qualcosa di astratto e concettuale, in qualcosa che perde fisicità e diventa sentimento e idea al contempo. Quindi niente di definitorio a priori che poi si vada sciogliendo in immagini poetiche: questo percorso non è di Trakl.
La sera delle reminiscenze
Di sera se andiamo per oscuri sentieri,
ci appaiono innanzi, pallide, le nostre forme.
Quando ci assale la sete,
beviamo le acque bianche dello stagno,
la dolcezza della nostra triste infanzia.
Morti distesi sotto fronde di sambuco
guardiamo verso i grigi gabbiani.
Cosa accade qui al poeta? Di sera lui incontra il fantasma di sé stesso e questo fantasma riesce a percorrere tutta la sua vita: beve l’acqua dello stagno e si stende sotto le fronde di sambuco a guardare il volo dei gabbiani.
La sera quindi sa trasformare il poeta in qualcosa che può entrare nella vita e nella morte, può essere figura reale o pallida forma di sé stesso. Questa forma può ripercorrere i vari momenti della sua vita, dall’infanzia alla morte. Attraverso il paesaggio della sera si è compiuto un processo di astrazione.
E poi ci sono le reminiscenze dell’infanzia che si realizzano in un paesaggio serale con i riverberi grigio-argentei dei gabbiani in volo.
Campi pieni di aster viola e marroni,
presso alle tombe i bimbi giocano,
nei riverberi della sera,
in un alito di aria chiara
grigio-argentei gabbiani planano.
Echeggia per i prati un suon di corni.
Agli accenti lirici di Trakl, che lo hanno fatto definire una sorta di postromantico, si accompagna un taglio deciso, di natura espressionistica, fatto di frasi brevi e scheggiate, che non trovano però come fondale di scena nessun paesaggio urbano industrializzato, ma evocano piuttosto un paesaggio agreste, più spettrale che idilliaco!
La sera riesce ad amalgamare tutti questi stili, facendo di Trakl un poeta ellittico rispetto a tutte le correnti letterarie del suo tempo.
La sera unisce gli uomini
Nella sera c’è anche una sorta di richiamo a raccolta degli uomini in un’atmosfera di riconciliazione:
Il mercato è vuoto di rossi frutti e corone.
È un cheto accordo il nero fasto della chiesa,
da un giardino esala una sonata silenziosa,
là dopo cena stanche si raccolgono persone.
E questo «dopo cena» conferisce alla scena una qualche connotazione familiare, riportando il poeta nella dimensione del quotidiano che, ben lungi dal nuocere alla riuscita poetica, vi aggiunge una nota di affetto che ci ricorda certi momenti leopardiani, capaci di accostare le scene più umili alle intuizioni più sublimi: il martello e la sega del legnaiuol che veglia nella chiusa bottega alla lucerna si accompagnano alle profonde riflessioni filosofiche del poeta sull’attesa della felicità.
Ma ci sono anche gli oggetti espressionisticamente destati a vita autonoma che si muovono intorno all’Uomo e lo possono anche minacciare, come la falce minaccia col suo ironico cling clang il rigoglio del grano:
Sta svolazzando il riso e poi tace,
ironica una chitarra suona,
leggera una tacita ruta,
una malinconica ruta
presso la soglia s’inchina.
Cling clang! Si sente mietere una falce.
Anche questa vita autonoma degli oggetti è dovuta all’atmosfera della sera, quando gli uomini sono esausti “nella stanchezza che fa male” e il mondo prende la sua strada quasi in una danza macabra attorno all’Uomo.
Di sera rinascono i miti e l’ispirazione poetica
L’anima lieta ascolta del bianco mago le fiabe.
Intorno fruscia il grano, tagliato dai mietitori
nel meriggio. Tace calma la vita dura nei tuguri;
il lume di stalla rischiara alle vacche il sonno lieve.
Ubriache di luce tosto le palpebre si chiudono
e si aprono lievi ai segni delle stelle, ignoti.
Endimione esce dal buio di vecchi querceti
e si piega sopra le acque che intristiscono.
Assieme agli oggetti che di sera prendono vita autonoma, ci sono i miti che rinascono. Quello di Endimione, per eccellenza, riempie di sé la fantasia del poeta, in quanto il bellissimo fanciullo, prigioniero del proprio sonno, ad un tratto si desta, simile ad un poeta che riprende ispirazione.
© Nino Muzzi
Abendland
1
Mond, als träte ein Totes
Aus blauer Höhle,
Und es fallen der Blüten
Viele über den Felsenpfad.
Silbern weint ein Krankes
Am Abendweiher,
Auf schwarzem Kahn
Hinüberstarben Liebende.
Oder es läuten die Schritte
Elis’ durch den Hain
Den hyazinthenen
Wieder verhallend unter Eichen.
O des Knaben Gestalt
Geformt aus kristallenen Tränen,
Nächtigen Schatten.
Zackige Blitze erhellen die Schläfe
Die immerkühle,
Wenn am grünenden Hügel
Frühlingsgewitter ertönt.
2
So leise sind die grünen Wälder
Unsrer Heimat,
Die kristallene Woge
Hinsterbend an verfallner Mauer
Und wir haben im Schlaf geweint;
Wandern mit zögernden Schritten
An der dornigen Hecke hin
Singende im Abendsommer,
In heiliger Ruh
Des fern verstrahlenden Weinbergs;
Schatten nun im kühlen Schoß
Der Nacht, trauernde Adler.
So leise schließt ein mondener Strahl
Die purpurnen Male der Schwermut.
3
Ihr großen Städte
Steinern aufgebaut
In der Ebene! So sprachlos folgt
Der Heimatlose
Mit dunbler Stirne dem Wind,
Kahlen Bäumen am Hügel.
Ihr weithin dämmernden Ströme!
Gewaltig ängstet
Schaurige Abendröte
Im Sturmgewölk.
Ihr sterbenden Völker!
Bleiche Woge
Zerschellend am Strande der Nacht,
Fallende Sterne.
Terra del tramonto
1
Luna, un che di morto
uscito da un’azzurra grotta,
e cadono molte fioriture
sul sentiero roccioso.
Argenteo, un che di malato,
piange sullo stagno della sera,
su nera imbarcazione
amanti passavano a morte.
Oppure risuonano i passi
di Elis per il boschetto,
quello dei giacinti,
e riecheggiano fra le querce.
Oh, l’immagine del ragazzo
fatta di lacrime di cristallo,
ombre notturne.
Fulmini zigzaganti rischiarano la tempia
sempre fresca
quando sul colle verdeggiante
scoppia un temporale di primavera.
2
Son così taciti i boschi verdi
della nostra patria,
la cristallina lama d’onda
infranta contro il muro diroccato
e noi abbiamo pianto nel sonno;
girovagare con passi esitanti
accosto alle siepi di spine
cantando nelle sere estive,
nel sacro silenzio
del vigneto che s’irraggia in lontananza;
ombre quindi nel fresco grembo
della notte, aquile in lutto.
Così leggero scopre un raggio di luna
le chiazze purpuree della malinconia.
3
Voi grandi città
costruite di pietra
nella pianura! Così muto segue
il senza-patria
con fronte bassa il vento,
gli alberi spogli sulla collina.
Voi correnti lontane evanescenti!
Temete fortemente
il brivido dei tramonti
fra nuvole di tempesta.
Voi popoli morenti!
Pallide lame d’onda
frante sulla riva della notte, stelle cadenti