, , , , , , , , , ,

O n d e – di Mirco Salvadori

Ecco cos’erano quelle onde, quelle sciabolate d’acqua che colpivano i fianchi cocciuti della solida imbarcazione adibita a trasporto pubblico. I sommovimenti schiumanti che continuamente increspavano i canali da decenni preda della confusione, ecco cos’erano.
Le osservava dal bordo del vaporetto e finalmente le riconosceva, onda dopo onda, schiuma infinita che si diffondeva nell’invisibilità della notte lagunare. Le onde erano domande, quelle continue e ostinate domande che andavano ad infrangersi contro la caparbietà del suo agire.
Lo sai cosa vuoi? Allora è questo che ti basta? E tu che provi per me? E poi giù ad ascoltare il respiro del motore, il suo ansimare affinché la prua andasse a spezzarle prima che terminassero la loro corsa, disperdendole nell’indefinito buio compiacimento di chi sceglie la velocità evitando la lenta spossante attesa del coagulo. Lo terrorizzava il passaggio che trasforma il rovente rosso fiamma in un’indurita e gelida chiazza porpora sulla quale scarabocchiare in tutta fretta e con un punteruolo spuntato la parola non detta, quel vocabolo che ora dondolava pericolosamente sul bordo del precipizio. Quel termine usato senza cautela e una volta pronunciato, conduce dal furore della passione alla placida quiete dell’affetto.

Il garage era uno scrigno che custodiva il prezioso silenzio delle decine di auto immobili nel loro sonno meccanico. Accese il motore impostando il navigatore verso una destinazione sconosciuta, vaga come vaga era la sua voglia di viaggiare nella notte. Brentonico 1ora e 54minuti pedaggi obbligatori, recitò una voce asettica dopo aver agganciato il segnale del satellite che invisibile solcava il cielo stellato. Si sentiva spaesato, svogliato, privo della magia che una volta gli permetteva di toccare, annusare, gustare, sentire la stretta di quel corpo molto prima di averlo tra le proprie braccia. Accese la radio sintonizzata su un canale a caso, da anni aveva rinunciato alla registrazione delle playlist, appartenevano al passato che a sua volta apparteneva al tempo, quel meccanismo che aveva la facoltà di cambiare le cose e le persone.

Guardava il nero asfalto illuminato dai fari e sentiva una morsa allo stomaco. Rivedeva sua moglie che lo accoglieva al rientro dal lavoro con il solito abbraccio contraccambiato con inquietudine. Marito e moglie stretti come due scalatori appesi nel vuoto, solo uno era armato di coltello, pronto a tagliare la corda prima della sua fatale rottura e del conseguente volo nel baratro. Lei lo stringeva a sé convinta che quella corda tenesse, fosse salda e resistente, mentre il suo sguardo fissava la cima della montagna perfettamente innevata, elegantemente illuminata dal sole. Non si curava affatto delle gambe che scalciavano nel vuoto.

Marta l’aveva conosciuta mentre stava rotolando lungo il dirupo dell’affetto, aveva impiegato mesi prima di allungare la mano stringendo saldamente l’appiglio che lei le offriva, bloccando così una caduta che lo avrebbe irrimediabilmente lasciato sul fondo di una fossa senza vie d’uscita. La loro era stata una storia adulta, come la definirebbe chi ha bruciato tutta la passione giovanile e continua a riscaldarsi con il ricordo delle braci ancora ardenti. Un rapporto iniziato classicamente sui social e proseguito via chat, nella calma paziente di un’età che sa mantenere la memoria degli errori. Non una pazzia, non un comportamento sopra le righe. Niente scenate o finti tentativi di suicidio, solo un lento percorso di consapevolezza e affinità di pensiero seguito da furiosi scontri carnali che permettevano a due corpi oramai privi di gioventù di fondersi confondendo il tempo e le sue regole. Ad osservarla con il microscopio, la loro relazione sembrava la perfetta simbiosi tra due cellule che pulsano all’unisono in un mare di loro simili scosse nel tremore infinito della scissione.

Lo specchietto retrovisore rifletteva l’immagine dei suoi stanchi lineamenti, mentre un cenno di sorriso riportava in vita un’espressione ormai relegata al passato. Ricordava perfettamente quanto avevano sperimentato in tutti gli anni trascorsi nel silenzio della segretezza ma nei suoi pensieri non c’era compiacimento o un qualche residuo di piacere. Aveva catalogato quell’esperienza come improvvisa e ultima sorprendente performance da aggiungere alle decine che appartenevano al suo ricordo. A distinguerla dalle altre, l’estrema inquietante tranquillità con la quale la viveva, quasi fosse altro da sé, come se riguardasse un’altra persona, qualcuno che riusciva senza nessuna apparente fatica ad entrare ed uscire dalla propria vita vivendone un’altra per certi aspetti piacevole, a volte eccitante, a tratti parallela ma sempre e comunque normale.

Mentre si avvicinava all’albergo dove Marta lo attendeva, sentiva il rumore delle onde evitate in Laguna. Stavano per abbattersi sulle fiancate dell’auto in corsa mandando in frantumi i finestrini e spazzando via il tepore di una falsa estraneità nella quale si era per troppo tempo rintanato. Lungo tutti quei chilometri, per tutti quegli anni, aveva parlato esclusivamente con sé stesso senza dar peso alle domande che giungevano chiare e comportavano risposte legate ad una precisa e per lui angosciosa scelta. Erano quesiti che giungevano dalla donna che aveva riempito i vuoti del suo costante malessere, della sua perniciosa insoddisfazione, la persona alla quale aveva confessato la resa nei confronti del sogno, la compagna che ancora serbava lo sguardo acceso dalla passione e che ora lo stava aspettando per smuovere con l’abbraccio di una notte la sua crescente apatia nei confronti di una vita che si avviava verso la resa.

Si fermò per un caffè nell’ultima stazione di servizio prima dell’uscita autostradale, appoggiato al banco del bar estrasse il cellulare e con sospesa passione sfiorò delicatamente il polpastrello sull’icona dei messaggi, raccolse con il cucchiaino lo zucchero rimasto sul fondo della tazzina e iniziò a digitare.

.

© Mirco Salvadori

Mirco Salvadori (1956), è stato dj e conduttore radiofonico indipendente dall’inizio degli anni ’80 fino alla fine del primo decennio del 2000. Assieme a Massimo Caner ha ideato “Nocturnal Emission”, un programma radiofonico storico che ha avuto l’onere e l’onore di far crescere nel nord-est italiano molte generazioni di “ascoltatori coerenti”. Critico musicale (area elettronica, di ricerca, raramente rock se non nell’era post-punk), dal 1983 collabora con il mensile musicale ROCKERILLA. Freelance writer per varie webzine musicali, scrive di musica e non solo sul blog DISERZIONI, ospitato su SHERWOOD.IT. Pubblica inoltre sul blog letterario NAZIONE INDIANA e sulla rivista cartacea internazionale SUD. Dal 2010 è co-owner e art-director delle etichette musicali digitali indipendenti LAVERNA.NET e FALERNA.ORG. Libero scrittore, è uscita nel 2016 la sua prima raccolta letteraria intitolata HAZKARA’ per la casa editrice non solo discografica 13_Silentes con il prezioso apporto musicale di Gigi Masin e le fotografie di Stefano Gentile e Monica Testa. Compare, con un racconto ideato a quattro mani assieme allo scrittore e filosofo Francesco Forlani, nella raccolta “DEATHS IN VENICE” curata da Laura Liberale per Carteggi Letterari. Partecipa al progetto poetico collettivo INSIDE(me), sempre curato da Laura Liberale. Partecipa come scrittore, responsabile dell’aspetto letterario, ad “ALONE”: progetto discografico perpetuo e multidisciplinare di e con Gianni Maroccolo (Litfiba, CCCP Fedeli alla Linea, Consorzio Suonatori Indipendenti, Marlene Kuntz, Masbedo, Deproducers), musicista e produttore, un innovatore tra i più importanti nel panorama musicale italiano.