Basterebbe forse la sola nota ai testi che chiude questa raccolta a dare direzione alla poesia di Andrea Breda Minello. In Yellow (Oedipus 2018), con chiaro rimando da un lato ad Antonio Porta dall’altro ai Coldplay − senza tentare un’operazione di tributo “postmoderna” − l’autore dà voce alla «giovinezza e [al]la carica sessuale» che questo colore «archetipico» porta con sé. Una costruzione intrapoetica la scelta dei riferimenti, per una poesia che chiede e che rende tributo a un’attesa carica (nel significato) di un erotismo vocale, umano:
C’è una tregua
nella sfida linguistica dl desiderionello sguardo originario del cielo
ed è data dal tuo culo
dal corpo che precede il mio
dal corpo che lentamente
sale le scaledalle ramificazioni dei muscoli
dalla strafottenza delle tue mani
che offrono
ossidiane alla mia incoscienzail tuo culo
è la provocazione dell’universol’atomo primo dell’amore
Il lessico dell’attesa e quello amoroso pervadono la raccolta come quello del corpo, sezionato, proteso al verso ‘alto’. Se «Il desiderio è una tana di sterpi e fogli −» lo è anche la poesia nel proprio aumentare, di testo in testo, il senso del tempo e dello spazio, facendo largo al senso dell’altro, dell’interlocutore che affiora, compare per poi ritirarsi. Di certo Breda Minello accoglie la lezione del modello portiano ma rilancia su Sandro Penna e Patrizia Cavalli che, a proposito del tema, hanno fatto scuola.
Non c’è, tuttavia, un’ironia marcata in questo volume, né la si rifugge; il poeta declina l’aspettazione verso l’infinito:
Se veramente desidera
si esponga
agiscae poi attenda
non abbia frettamentre diffondi
lungo il triangolo invernale
l’aroma della tua pelleti volti
e diventiradice e conseguenza
del creato*
Così
mi sono perduto
inseguendo le scielasciate dalle tue particelle
a segnalare nel giorno il corpo mio lunare
Uno spazio del verso che è anche celeste, astronomico, proteso e inventato, a inseguire appunto il desiderio nella sua etimologia, che si fa parola-chiave e impronta di questa poesia.
© Alessandra Trevisan