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‘Lettera a un giovane poeta’ di Virginia Woolf

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Virginia Woolf, Lettera a un giovane poeta, trad. it. di Lucia Raffaelli, quaderni di clanDestino, Raffaelli editore, 2013, pp. 68, euro 10

Ma come farete a uscire, e a ritornare nel mondo degli altri? Questo è il vostro problema oggi, se posso azzardare un’ipotesi − trovare il giusto rapporto, ora che conoscete voi stessi, tra il “sé” che conoscete e il mondo esterno. Si tratta di un problema difficile. Nessun poeta vivente è riuscito, a mio avviso, a risolverlo del tutto.

But how are you going to get out, into the world of people? That is your problem now, if I may hazard a guess − to find the right relationship, now that you know yourself, between the self that you know and the world outside. It is a difficult problem. No living poet has, I think, altogether solved it.

Non è forse un caso che nel 1932, a tre anni di distanza dalla diffusione dell’opera postuma Lettere a un giovane poeta di Rainer Maria Rilke, Virginia Woolf abbia pubblicato la sua Lettera a un giovane poeta [A Letter to a Young Poet] all’interno della raccolta Hogart Letters Series. Oggi troviamo questo testo in un’edizione del 2013 per Raffaelli editore, con traduzione di Lucia Raffaelli e revisione di Davide Ramilli.
La lettera era indirizzata a John Lehmann, prima collaboratore poi direttore di Hogart Press, come apprendiamo dalla prefazione del libriccino, con il quale la Woolf si confrontava in quella sede circa lo status della scrittura di lettere in Inghilterra, genere che aveva perso interesse, solidità e importanza in quel momento storico. Ma, come riconosciamo sin da subito, il discorso sposterà di molto il senso della lettera; un pretesto iniziale, quello dell’autrice, per rivelare cosa significhi a tutti i livelli scrivere – in realtà – poesia e prosa. Soprattutto: ‘scrivere per la vita’.
Non si può fare a meno di notare le similitudini, a una prima lettura, fra Rilke e Woolf; entrambi tentano di condurre i rispettivi interlocutori per mano, verso una rotta su cui sia possibile instaurare un confronto solido, che sia d’auspicio per una riflessione attorno e “dentro” il “significato” dello scrivere non per un pubblico ma per se stessi. E c’è una straordinaria continuità che, qui, non si desidera comparare ma richiamare, affinché la lettura di Woolf possa agganciarsi e possa dirsi anche legata a quella di Rilke, già al centro di studi diversi: segnalo quello del critico Kelly Walsh.
Una tra le questioni più significative del testo appare a pp. 45-49, in cui Woolf tratterà del tema del sé in poesia come cruciale, in parte già nella citazione che leggiamo all’inizio di questo post, che prosegue così:

[…] Tutto ciò che ti serve è stare alla finestra e lasciare che il tuo senso del ritmo, si apra e si chiuda, coraggioso e libero, fino a quando una cosa non si fonderà nell’altra, fino a quando i taxi non danzeranno con le giunchiglie, fino a quando non verrà a crearsi un’unità da tutti questi frammenti separati. […] raccogli tutto questo tuo coraggio, impiega tutta la tua cautela, invoca tutti i doni che la Natura è stata indotta a concederti. Poi lascia che il tuo senso del ritmo si snodi tra gli uomini e le donne, gli autobus, i passeri − qualunque cosa si muova lungo la strada − fino a quando non li avrà legati insieme in un tutto armonioso. Questo forse è il tuo compito: trovare la relazione fra le cose che sembrano incompatibili eppure hanno una misteriosa affinità

All you need know is to stand at the window and let your rhythmical sense open and shut, open, and shut, boldly and freely, until one thing melts in another, untile the taxis are dancing with daffodils, untile a whole has been made from all these separate fragments. […] summon all your courage, exert all your vigilance, invoke all the gifts that Nature has been induced to bestow. Then let your rhythmical sense wind itself in and out among men and women, omnibuses, sparrows − whatever come along the street − until it has strung them together in one harmonious whole. That perhaps is your task − to find the relation between things that seem incompatible yet have a mysterious affinity

Se al romanziere tutto ciò è concesso, la peculiarità e l’attenzione nei confronti dell’«istinto del ritmo» che Woolf spiega come leggiamo qui porta nella scena del “saggio” anche ad un altro punto: quello della “danza”, ripresa nel legame fra elementi diversi da accordare nel testo poetico, come a segnalare − per estensione − che il “gesto poetico” è “movimento”, e che coniugato al ritmo di cui sopra restituisce “la poesia”. Si tratta di una visione complessiva che nutre un tema ampio e complesso come quello del “fare poesia oggi” (così come ieri) su cui si è speso, qui sul nostro blog, Francesco Filia, nel suo articolo Poesia: memoria, ascolto e visione, che invito a rileggere. E, mettendo in luce questi legami non impropri, si crea una catena di senso che incuriosisce, che stratifica le direzioni da prendere, gli autori da leggere e rileggere, aumentando il numero di domande cui tentiamo di rispondere quando affrontiamo il genere poetico.

© Alessandra Trevisan