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I poeti della domenica #416: Ingeborg Bachmann, Estraneazione

 

Entfremdung

In den Bäumen kann ich keine Bäume mehr sehen.
Die Äste haben nicht die Blätter, die sie in den Wind halten.
Die Früchte sind süß, aber ohne Liebe.
Sie sättigen nicht einmal.
Was soll nur werden?
Vor meinen Augen flieht der Wald,
vor meinem Ohr schließen die Vögel den Mund,
für mich wird keine Wiese zum Bett.
Ich bin satt vor der Zeit
und hungre nach ihr.
Was soll nur werden?

Auf den Bergen werden nachts die Feuer brennen.
Soll ich mich aufmachen, mich allem wieder nähern?

Ich kann in keinem Weg mehr einen Weg sehen.

.

Estraneazione

Tra gli alberi non posso più vedere alberi.
I rami spogli di foglie, portate loro via dal vento.
I frutti sono dolci, ma senza amore.
Neanche saziano.
Dunque cosa accadrà?
Svanisce il bosco ai miei occhi,
non cantano più gli uccelli alle mie orecchie,
nessun prato si farà per me letto.
Sono sazia di tempo
e affamata di esso.
Dunque cosa accadrà?

Di notte sulle montagne bruciano fuochi.
Posso ricominciare, riavvicinarmi a tutto?

In nessun sentiero vedo più un sentiero.

.

Ingeborg Bachmann da: Gedichte, 1945-1956. Traduzione inedita di © Viviana Fiorentino.
Prima pubblicazione in: Werke. Herausgegeben von Christine Koschel, Inge von Weidenbaum und Clemens Münster. Piper, München 1978.

3 risposte a “I poeti della domenica #416: Ingeborg Bachmann, Estraneazione”

  1. La sazietà suscitata dalla pienezza indotta dal tempo che satura e il bisogno di conoscere altri giorni, altre stagioni, altre circostanze. A questa dicotomia di vita e di sentimento si oppone anche la dicotomia dell’essere e del non vedere niente intorno a sé come se la stessa vita percettiva non fosse tale, o comunque non sufficiente a fornire l’individuo degli strumenti di decodifica e registrazione del contesto circostante. Una presunta riconciliazione potrà forse suturare, riannodare, pacificare. Forse un ritorno a ritroso, all’origine, alla sorgente prima, all’acqua incorrotta della prima scaturigine. Ingeborg Bachmann evoca con efficace prospettiva visionaria il progressivo straniamento da sé, la progressiva astrazione, l’allontanamento dall’oggettiva percezione del vero. Forse solo la poesia, la letteratura, l’arte che sono creazione, potranno colmare la contraddizione che conduce l’uomo lontano da sé.

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  2. Sono finite le stagioni, le quattro e le pizze margherite. E negli armadi un controllore

    urla ancora che non ci puoi più proprio entrare.
    Sono rimasti solo gli ascensori.

    Dove trascorrere su mille piani
    il mondo ancora che ci somiglia.

    Quante volte devo ripetertelo
    di non premere quel pulsante!?

    Un omaggio alla Bachmann.
    Grazie Poetarum.

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