
In un grande spazio aperto, due scheletri vestiti di vesti antiche – una donna e un uomo – ballano scatenatamente rock and roll con una bambina dalla veste rossa. È il finale di Amor mai non s’addorme. Storie di Montecchi e Capuleti del Teatro Tascabile di Bergamo (TTB), e quelli sono gli scheletri di Romeo e Giulietta, che per tutto lo spettacolo hanno guardato la storia dei loro sé stessi in carne e ossa.
Amor mai non s’addorme racconta forse la più famosa storia al mondo – la storia di Romeo e Giulietta – sotto forma di spettacolo di strada, in cui quasi tutti gli attori si muovono sui trampoli: camminano, corrono, ballano e combattono; accanto a loro ci sono pochi personaggi a piedi – che sembrano microscopici rispetto alle alte figure degli attori sui trampoli – tra cui la bambina spettatrice e gli scheletri, che per tutto lo spettacolo osservano quanto accade, e a volte intervengono. Chi li ha visti non li può dimenticare.
Il teatro di strada è una delle specialità del Teatro Tascabile di Bergamo. Una delle tante. Perché questo gruppo teatrale proveniente dall’ordinata, bellissima e piuttosto snob cittadina del nord Italia è esperto delle forme d’arte più diverse. Esperto di teatro all’aperto e al chiuso, con e senza palcoscenico, di spettacoli di strada e di canti popolari, di numeri di clown e di flamenco, del tragico e del comico; esperto delle danze indiane tradizionali, Orissi, Bharata Natyam e Kathakali, che sono considerate anche danze sacre e che gli attori del Tascabile hanno imparato in India dai maestri indiani. Quarant’anni fa, infatti, gli attori del Tascabile hanno preso la via dell’India: tre di loro (un uomo e due donne) sono partiti per andare a studiare le forme di teatro-danza indiane più antiche con i grandi maestri locali. Negli anni Settanta l’India era molto più lontana di oggi, quando ormai è stata raggiunta da tanti elementi della cultura occidentale ma anche quando tanti elementi della cultura orientale hanno raggiunto l’Occidente; e ancora più lontane erano alcune delle destinazioni degli attori del Tascabile, che si dovevano spingere fino al profondo Sud, nel Kerala, per imparare l’arte in scuole assai simili a comunità monastiche. La più giovane degli attori aveva appena diciott’anni. Le testimonianze del Tascabile su quella prima esperienza (raccolte in Renzo Vescovi, Scritti dal Teatro Tascabile, a cura di Mirella Schino, Roma, Bulzoni, 2007) possono essere insieme commoventi ed esilaranti. Così una delle attrici, Luigia Calcaterra, racconta il primo impatto con l’India:
A Delhi […], senza sapere una parola d’inglese, con una compagna diciottenne che voleva tornare a casa dopo tre giorni e che dopo dieci era diventata uno scheletro perché rifiutava la cucina indiana! […] Ricordo la disperazione e la fame di quei giorni ma tutto si aggiustò […]. In realtà le cose cominciarono ad andare per il verso giusto perché l’attrazione per la danza guariva ogni malessere. […] Danzavamo otto-nove ore al giorno, dappertutto; sull’autobus che ci portava a casa ripassavamo le mudra e i movimenti del collo e degli occhi; sul prato di una rotonda al centro di un incrocio con un traffico infernale, nella pausa del pranzo tra la lezione del mattino e quella del pomeriggio, ripetevamo all’infinito i passi di danza; a casa, prima di addormentarci, imparavamo a memoria i testi in sanscrito. La melodia cantilenata del sanscrito diventava la colonna sonora dei miei sogni, costellati di panini al salame, bistecche alla fiorentina e vasetti di nutella. Alla fine dei tre mesi di permanenza in India, avevamo imparato quello che un allievo indiano impara in un anno e mezzo di lavoro.
Da quel lontano 1978 il Tascabile non ha mai allentato il filo del rapporto con l’India: oggi, i suoi attori sono tra i pochissimi non indiani cui si riconosce la stessa dignità dei danzatori indiani; e continuano a insegnare queste forme di danza agli allievi-attori della loro scuola e a usarle nei loro spettacoli.
Il Teatro Tascabile di Bergamo è stato fondato nel 1973 da Renzo Vescovi, regista, pedagogo teatrale e studioso di teatro classico indiano. Ormai quasi quindici anni fa, nel 2005, Vescovi è morto improvvisamente, lasciando gli attori del suo teatro letteralmente orfani. Che il Tascabile continuasse a vivere dopo di lui sembrava impossibile: una specie di miracolo. E invece è successo: prima sotto forma di regia collettiva, poi grazie al lavoro di Tiziana Barbiero, già attrice e ora responsabile artistico e regista del Tascabile (ma le regie degli spettacoli sono firmate a nome dell’intero teatro), il teatro ha continuato e continua il suo lavoro. Amor mai non s’addorme ha dato il via a una ricerca ormai decennale sul tema della danza macabra, ispirata a Vincenzo Bonomini, pittore bergamasco del XIX secolo che ha dipinto scheletri impegnati nelle più varie attività quotidiane (il falegname, il pittore, il tamburino, la coppia di innamorati) – e soprattutto ha dipinto scheletri ridenti. Gli spettacoli nati da questa ricerca sono tre: Amor mai non s’addorme, spettacolo di strada su Romeo e Giulietta (2009); Rosso angelico. Danza per un viaggiatore leggero, pensato per gli spazi chiusi ma adattabile anche a quelli aperti, in cui un viaggiatore (Beppe Chierichetti), penetrando attraverso le pieghe del sipario color rosso angelico, compie un viaggio di andata e ritorno nell’aldilà (2014); e The Yoricks. Intermezzo comico, che debutta proprio in questi giorni e in cui gli scheletri si fanno clown (2019).
Il Tascabile è un teatro di gruppo: non una compagnia che si riunisce per la realizzazione di uno o più spettacoli, ma un gruppo che lavora insieme per un lunghissimo periodo (nel loro caso, tutta la vita), condividendo giorno per giorno non solo le prove e la regia ma l’organizzazione, l’amministrazione, la gestione degli spettacoli e degli spazi, i problemi di finanziamento. Nel loro teatro fanno tutto loro: dalla regia alle musiche, dalle maschere alle pulizie. Oggi il Tascabile è formato da alcuni degli attori della “prima ora”, presenti nel teatro fin dalla sua fondazione, e da altri giunti successivamente, provenienti da percorsi ed esperienze diversi e appartenenti a generazioni diverse; recentemente sono entrate come allieve due giovani donne, Alessia Baldassarri e Marta Suardi, figlia di un’attrice del teatro, Caterina Scotti. La loro è per molti versi una forma di vita comunitaria: lontana quasi quanto il teatro-danza indiano dalla mentalità imperante nei nostri giorni, in cui per forza o per amore sono quasi sempre il privato e il privatismo a trionfare.
A chi lo guarda dall’esterno (come me, spettatrice appassionata ormai di lunga durata), il Teatro Tascabile di Bergamo appare caratterizzato da una feroce etica del lavoro. Precisi, scrupolosi, perfezionisti in tutto ciò che fanno, sanno fare (o imparare) tutto. Sono degli straordinari artigiani del teatro. Ma non soltanto perché quello che si vede in scena – scenografie complesse e splendide maschere – è fatto artigianalmente, pensato e spesso anche realizzato dagli attori; perché il loro modo di fare teatro, di ideare e costruire uno spettacolo, di farlo nascere e crescere è un abile, paziente, certosino lavoro di pialla e scalpello, sbozzatura e limatura. Arte e artigianato insieme. Lo si capisce subito pensando proprio alle danze indiane, che i danzatori indiani imparano da bambini, quando il corpo è elastico e duttile, e gli attori del Tascabile sono riusciti a imparare ormai adulti (al prezzo, inizialmente, di sacrifici fisici non indifferenti: Beppe Chierichetti, attore storico del Tascabile, ricorda i capillari rotti delle caviglie durante i primi mesi di Kathakali). Ma è un principio valido per tutto il lavoro del teatro. Etica e ferocia hanno fatto sì che, in un tempo e in un paese che sembrano sempre più disinteressati all’arte e alla cultura, il Tascabile abbia saputo conservare intatta la fiamma della propria arte (in India, le danze tradizionali sono introdotte dall’accensione di una lampada rituale alimentata con olio di cocco; la sua fiamma è l’unica fonte di illuminazione della scena. Noi, in Occidente, con espressione un po’ trita potremmo dire la propria anima). E che in loro ci sia una ricchezza che va perfino al di là della bellezza dei loro spettacoli e del fascino della loro perizia tecnica. Che costituisce, secondo me, una lezione e anche una speranza – diciamo almeno un momento di respiro e di sollievo – per tutti, che siano interni o esterni al mondo del teatro.
Qualcosa di tutto questo il Tascabile lo porta a Roma, negli spazi dell’Università di Roma Tre, dal 3 al 5 aprile: tre giorni di incontri seminariali per gli studenti del DAMS e di spettacoli (qui il programma completo; e qui il sito del TTB). Ci saranno discussioni sulle esperienze del teatro e proiezione di documentari, si presenteranno i progetti in corso, e ci saranno spettacoli un po’ per tutti i gusti: uno spettacolo di danze indiane, uno di clown e uno spettacolo-dimostrazione, Fuochi d’artificio, che raccoglie e illustra le diversissime forme di arte che compongono il volto di questo gruppo teatrale. E forse per la nostra città, magnifica e assediata dalla spazzatura, potrebbe essere un piacevole diversivo.
© Anna Carocci
