
QUI GIACCIONO I MIEI CANI
Qui giacciono i miei cani
gli inutili miei cani,
stupidi ed impudichi,
novi sempre et antichi,
fedeli et infedeli
all’Ozio lor signore,
non a me uom da nulla.
Rosicchiano sotterra
nel buio senza fine
rodon gli ossi i lor ossi,
non cessano di rodere i lor ossi
vuotati di medulla
et io potrei farne
la fistola di Pan
come di sette canne
i’ potrei senza cera e senza lino
farne il flauto di Pan
se Pan è il tutto e
se la morte è il tutto.
Ogni uomo nella culla
succia e sbava il suo dito,
ogni uomo seppellito
è il cane del suo nulla.
31 ottobre 1935
© Gabriele D’Annunzio, Qui giacciono i miei cani
Una replica a “I poeti della domenica #76: Gabriele D’Annunzio, Qui giacciono i miei cani”
Un D’Annunzio, a mio parere, qui già più contemporaneo, vicino a noi, pertanto (ma come sempre), godibilissimo!
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