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Chiara Catapano, Mithridatis: quando il re sfida un impero

Mithridatis: quando il re sfida un impero
di Chiara Catapano

Sarà forse tutto racchiuso in quell’antico motto, “omen nomen”, il nocciolo della questione del caso che ha infiammato la Grecia, tanto da diventare materia di studio alla facoltà di Sociologia di Salonicco. Perché Mithridatis aveva il suo regno (come quel Mitridate il Grande), ed era il regno della musica e dei fan che da più di vent’anni lo seguono e lo sostengono (e tra loro una giovane me, tra le strade di Atene durante il felice periodo dell’Erasmus, qualche secolo fa ormai). E come l’antico Mitridate davanti al colosso dell’impero, non si è tirato indietro.
Solo che l’impero questa volta è lo stesso governo del suo paese, un governo in particolare (la destra di Mitsotakis), ma anche tutti i governi che dalla fine della guerra si sono susseguiti, e per i quali la Grecia s’è trovata in un imbuto sempre più stretto, fatto di debito, di sacrificio senza più nulla di sacro da offrire, di morte senza resurrezione.
Mithridatis è un rapper, una delle figure del pop greco più nota nel paese. Uomo intelligente, tagliente, che ha sempre denunciato – anche quando cantava assieme al gruppo con cui esordì, “Imiskumbria” – attraverso l’assurdo e l’ironia, la realtà spesso distopica in cui il popolo greco è immerso.

Che cosa è successo dunque questo 25 maggio? Mentre il dissenso serpeggiava e gruppi più o meno isolati di giornalisti, economisti, medici, avvocati cercavano di denunciare (quando non oscurati) la nera lunga notte greca, ma non riuscivano ad alzare abbastanza la voce; e mentre gli artisti, soffocati dai decreti imperiali, attendevano in una sospensione fatta di silenzio-assenso che la bufera passasse, Mithridatis, con la sola sua voce, è riuscito a farsi sentire da tutti. È uscito con un video documento (di canzone non si può parlare) che ha scosso potentemente la realtà congelata di Grecia. Perché questo è ciò che ci si aspetta dall’arte (bene la bellezza, ok “l’emozione”… ma gli artisti da che mondo è mondo sono stati sempre il carburante, se non il motore, delle rivoluzioni). Questo ci si aspetta dagli artisti: il coraggio di rompere il silenzio. E tanto più famosi sono, tante più anime possono raggiungere, tanto più a loro si guarda nei momenti di spaesamento e di crisi politica e culturale.
“Ghià na min ta chrostào” (tradotto: “Per non essere in debito”) ha raggiunto su youtube in meno di una settimana il milione di visualizzazioni, e dopo poco più di un mese viaggia oltre i due. Per non essere in debito, per non ritrovarsi poi (un “poi” che non si sa quando sarà, nell’incertezza angosciata e angosciante dei fatti che stringono in una morsa il mondo intero) con il peso dell’aver taciuto quando avrebbe potuto parlare. E, come lui stesso ammette, non ha avuto alcun tipo di supporto, neppure all’interno dello stesso ambiente musicale.
La canzone ha una durata di dodici minuti, è divisa in sette atti. Nel video c’è solo lui (ci mette la faccia, oltre la voce, con la telecamera puntata continuamente sulla sua figura), una cassa dov’è seduto, un sapiente gioco di luci. E non stanca. L’ascolti ancora e ancora, perché la narrazione è complessa, è dura, è vera. Nasce dal bisogno di pulizia, questo pezzo; dalla necessità di spogliarsi delle parole in eccesso e di rinascere dentro le uniche che davvero possano mettersi al servizio della cruda realtà. Non farò finta di nulla, sembra dirci, non vi farò sentire un altro pezzo per distrarci e raccontarci che “andrà tutto bene”. Non andrà bene nulla, se non cominciamo a prenderci sul serio la responsabilità di denunciare il rapito scivolamento – attraverso quell’imbuto sempre più stretto – dentro una gabbia.
Perché è importante per noi, conoscere Mithridatis? A parte l’esempio, a parte tutti gli a parte che mi possono ora passare per la testa, è fondamentale anche qui in Italia sapere quali svolte epocali si preparano nella civile Europa. Nella sua canzone, tra le molte altre cose, Mithridatis lo dice nero su bianco (lo dice prima che avvenga, e poco dopo è realtà in Parlamento): dalla sera alla mattina hanno cambiato la legge sul lavoro, una legge che ha riportato la Grecia indietro a prima delle lotte per i diritti che noi riteniamo acquisiti e inviolabili. Questa legge porta la giornata lavorativa da otto e dieci ore: e i Greci da una vita sono abituati a lavorare più di otto ore, solo che adesso quelle due ore di differenza non verranno più pagate come straordinario (in un paese dove lo stipendio medio si aggira attorno ai 480 euro e la povertà è uno tsunami).

Da noi non può succedere. Forse. O magari…
A chi storcendo il naso ha detto: “Una volta la sinistra ascoltava Ritsos, adesso ascolta Mithridatis”, ricordiamo che il dissenso, quando si abbatte, non è mai una questione di stile. Casomai lo diventa quando le armi sono oramai deposte. E che l’artista che riesce a raggiungere l’anima di un popolo ha già vinto, e lo ha fatto perché di certo, da quell’anima, non si è mai astratto. Ma qui non si tratta neppure di sinistra, non esiste più nessun solco nel quale inserirsi, aspettando di sbocciare innaffiati da questo o quel partito. È questa oggi la sfida, la solitudine nell’iniziare. Stando sempre, sempre in ascolto di coloro ai quali è stata sottratta ogni possibilità di replica.

Grazie, Mithridatis Imizbiz.

 

 

(Riporto a seguire una selezione dai sette Atti, un assaggio di alcuni passaggi che non siano troppo specifici di una situazione interna con riferimenti a noi difficili da cogliere)

 

ATTO I

Governo con bandiera il cucchiaio e la forchetta
per tiranno all’improvisso ti ritrovi una fichetta
Una Primoministranza che ha in abbondanza
ogni ordinanza, la meno importante avanza
tutti uccelli di aristo e di funny
ok direi “amico forse uno scherzo fanno
il nostro Ludovico, il generale, l’anax”
se la gente non ingoiasse tutto il giorno Xanax
Ministro dello schifo e della primordialità
dà generose le lezioni di sovranità
Ma anche il Ministero dell’Unzione e lo speleo
dà un’altra dimensione al senso di babbeo
Frufru profumata, tutta la legittimità
nella notte volontà, meccanica
passano leggi aborto, e a terra
soldi mal guadagnati presto sperpererà
Costituzional-ferocia senza onta
una situazia psicotròpa senza dopa
Otto ore di lavoro, è una banalità
e poi lo straordinario non lo si pagherà
fuori dalla parrocchia, a genuflettere
corteo di protesta? Non ne puoi parlare
Per ogni esitazione, mettono su un plotone
popolo in distopia e oppressione
Gruppi di repressione per la tua tranquillità
nella sorveglianza lo stato ha passionalità
e giubbe blu in facoltà con tutta l’anima
sopra gli studenti cadon botte e chimica[1]
Ascolta questa qua, ti rassicurerà
trovarti poliziotti  nel salotto di casa
sì sai, lì sotto sotto al condizionator
non desidererai neppure più l’antiscasso
Parla di sviluppo il foolie functional
si mette nel ridikoulo[2] international
e a Bruxelle affiora un ghigno spontaneo
mentre urtano i confini, i vicini nell’Egeo[3]
così prende una fregata, il ragazzo teloneo
s’abbatte torrenziale, e tu che vuoi plebeo?
“il più adattissimo” nel poll avventuriero
per il medio-piccolo, mensile pari a zero
[…]

 

ATTO IV

Ecco la pandemia, la fatale conoscenza
tutti nell’isteria, tempesta nella testa
Nella vita tutto diventa violazione
il “salva te stesso” emana il suo fetore
L’infelicità dei molti, di pochi bulimia
“tra i due litiganti”, recita la profezia
Macabre statistiche, in risalita vanno
e lo stato da lontano, nella logica del danno
Semplice il disegno, per salvare il popolino
chiusi nella stiva, punizione e gran casino
Rompi quarantena, lo stipendio tutto in multa
crudo autarchismo, intimidazione e sadismo
Con il virus come scusa per la proibizione
con motto “Fanculo E.S.Y[4] e facci l’orazione
fanculo depressione, mestieri in deflorazione
fanculo i debiti e lucchetti in intensificazione”
Figurati se assumono infermiere e medico
il clinico diventa brigante e mendico?
Figurati se investono un fico secco per la M.E.TH[5]
e chi si ammala a casa ascolti pure Megadeth
Misure protettive, con barca la speranza
misure con il timbro dell’ente d’assistenza
misure estratte a sorte dalla riffa nazionale
misure, stretta alla carotide in finale
[…]

 

ATTO V

Il falso, il pretestuoso, incita all’omogeneità
fa brindisi al silenzio e alla sordità
palpebre che cadono sul tuo discorso fiacco
prendi il tuo ‘corretto’ e ficcalo nel retto
Ficca poesia nella comunicazione
ma neanche una parola sulla movimentazione
Fai statement, fammi una dichiarazione
e lascia che i ragazzi faccian la manifestazione
Va beh io non m’aspetto che accoppi dei leoni
e in mezzo alle gambe che ti spuntino i coglioni
Drammaturgia la riprensione e ornamentale
ripugnante a te pare l’autovalutare
Più giusto di tutti quanti i giusti
più Gesù di tutti quanti i Cristi
e forse, più corretto di quanto sia corretto
ti va a genio e punti alla retorica del disprezzo
Il falso solidale, non vuole distinzione
fino al log out e chiude l’applicazione
Lui stesso, al vicino che è crepato
non dà neppure un fottuto saluto di commiato

 

ATTO VI

E’ noto, tutti quanti abbiamo convinzioni
e su internet la moneta ha mille espressioni
Con la tua stupidità fai attenzione al tuo profilo
[…]
La battaglia si decide sul keyboard
sugli unfollow, sui block, sui mute e sui report
Questi urlano “capre”, quelli gridano “pecore”
e tutti e due continuano dopo il “falle scendere”[6]

 

ATTO VII

E noi artisti i parassiti
ingoiamo smacchi, non digeriti
[…]
mutismo canticchiato i sistemati
fan Marcel Marceau gli accomodati
e i divi che mi fanno i turisti
i lavoretti mattinieri inorridiscono e gli hobbisti
Gli artisti rigettati, legati mani e piedi
e dentro la fine, bisogno o ostentazione?
“Qui il popolo s’è perso, almeno restino i teatri
dove sotto sotto, son tutti depravati”
Va bene che il periodo sia tutto sputtanato
a chi può interessare se morirai affamato?
[…]
Per questo io dell’arte non sono un impiegato
Sono suo marito ed il suo amante riservato

 

 


[1] Il riferimento qui è ai fatti di qualche mese fa, ovvero le proteste di docenti e studenti negli atenei greci, contro il disegno di legge su istruzione e lavoro. In particolare si contestava la presenza degli organi di polizia, che il governo voleva inserire con la scusa del giro di droga e gruppi anarchici nelle università, ma che nascondeva la volontà di controllo dell’insegnamento superiore (come testimonia una lettera aperta sottoscritta da decine di professori). Le proteste pacifiche sono state represse con la violenza da parte delle forze dell’ordine.
[2] Gioco di parole tra “ridicolo” e il diminutivo (Koulis) con cui Mitsotakis è conosciuto.
[3] Da noi se n’è parlato pochissimo, ma per mesi la Grecia si è trovata a dover ridiscutere i confini marittimi, cedendo porzioni importanti anche all’Italia, mentre la Turchia di Erdogan invadeva giornalmente le acque territoriali greche intorno a Creta. L’escalation di tensione veniva gestita dalla comunità europea a totale sfavore della Grecia, oltretutto sotto la minaccia di una possibile guerra con il vicino Turco. Al danno la beffa, la Grecia si è vista obbligata a comprare armamenti dalla UE come parziale risarcimento del debito accumulato, e i cui interessi da strozzinaggio fanno sì che non sarà mai possibile estinguere.
[4] Sigla dell’ente nazionale per la salute pubblica, ma nell’acronimo si legge anche la seconda persona singolare “tu”.
[5] Le M.E.TH. sono i reparti di terapia intensiva.
[6] Canzone tradizionale: “Falle scendere le capre e le pecore”.

 

2 risposte a “Chiara Catapano, Mithridatis: quando il re sfida un impero”

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