
Mircea Cărtărescu è un Solenoide
A cura di Giulia Bocchio
Cos’è un solenoide? Sostanzialmente una bobina di forma cilindrica composta da spire tutte circolari vicinissime fra loro, provenienti da un unico filo di materiale conduttore. Una sorta di tubo che funge da induttore e che, applicato all’elettromagnetismo, genera un campo magnetico.
Ecco cosa c’è sottoterra, cosa c’è nelle fondamenta di quella strana abitazione a forma forse di barca: un solenoide. L’invenzione di uno e la metafora dell’altro. Scavando si trova di tutto, d’altronde, e l’autore, Mircea Cărtărescu, conosce bene questo meccanismo.
Solenoide – il libro – genera esattamente una sorta di campo magnetico letterario poiché la prosa stessa somiglia a quei sistemi complessi e compresi fra l’irrazionalità e l’elettrologia, dove a un certo punto tutto fluttua. Frasi e realtà. Il protagonista non ne esce, il suo corpo, i suoi fluidi e i suoi stessi pidocchi diventano un tutt’uno filiforme e sospeso, ed è qui che la realtà comincia a giocare brutti scherzi.
Siamo in una Bucarest spettrale, sporca, macerie moderne le sue e i frantumi a terra sembrano scricchiolare insieme al fruscio delle pagine (che sono tante in questo caso, 937); non si tratta di vivere Bucarest e la sua sonnolenza, si tratta di cullarne le conseguenze per il protagonista: sostanzialmente non essere riuscito a diventare uno scrittore.
La Caduta, colossale e sublime opera prima, che portava già inciso nel titolo il proprio destino: caduta. Nel dimenticatoio e nello scherno. Nella fossa profonda di coloro che non verranno mai letti, nonostante abbiano barattato il proprio sangue in nome della gloria dell’inchiostro. È feroce la posterità e soprattutto non è poetica. Ecco perché non capirà.
Ma non si può dare la colpa a una caduta quando non si riesce più a distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è. Eppure, la mente del protagonista è generosa, perché accoglie tutte le forme e le versioni possibili del suo confuso immaginario.
Nella realtà l’essere diventato un insegnante e non un immortale autore è come annegare nel fango e pretendere di respirare polvere asciutta.
La scrittura dà sempre grandi lezioni ma esserne travolti non sembra essere una di queste. È una Babele di parole Solenoide e Mircea Cărtărescu dona a ogni frase la giusta porzione di allucinazione, lo fa in maniera torrenziale, lirica, ricorsiva, a tratti ripetitiva eppure a uscirne estenuato è proprio il protagonista, quasi mai il lettore.
L’abisso esistenziale è come uno specchio incapace di riflettere davvero il mondo e leggere Cărtărescu potrebbe essere quasi un esercizio mentale, per allenare la parte onirica dell’interpretazione, il pensiero latente che induce a ritornare a quelle pagine, per vedere ancora un pezzetto di quella casa, di quella Bucarest, di quel protagonista pieno di problemi nonostante a prevalere sia sempre il vuoto, la sospensione… ma con un azzardo magnetico.
E allora sì, il Solenoide funziona.
© Giulia Bocchio
Una replica a “Giulia Bocchio, Mircea Cărtărescu è un “Solenoide””
L’ha ripubblicato su Downtobaker.
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