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Il sabato tedesco #35: Marie Luise Kaschnitz, “La mia poesia”

“Il sabato tedesco”, rubrica da me curata per Poetarum Silva, prende il nome da un racconto di Vittorio Sereni e si propone di raccogliere riflessioni, conversazioni, traduzioni intorno a testi letterari. (Anna Maria Curci)

Nell’estate del 1961, mentre Marie Luise Kaschnitz tiene all’Università di Francoforte sul Meno lezioni sulla letteratura tedesca, racconta delle sue letture di Hälfte des Lebens, poesia di Friedrich Hölderlin, in un testo che porta il titolo Mein Gedicht, “la mia poesia”, “il mio componimento poetico”.

Ecco che cosa scrive Marie Luise Kaschnitz:

Quando conobbi [Metà della vita di Hölderlin], ero poco più che una bambina […]. Il paesaggio che avevo dinanzi agli occhi leggendo la prima strofa, vale a dire quello del lago di Costanza con la sua pienezza di fiori e frutti da estate di San Martino, mi colmava di gioia, l’immagine invernale dei muri senza voce suscitava in me un’ebbrezza della solitudine, lo stridere delle banderuole sulle bacchette vuote ne costituiva la colonna sonora adeguata. Solo negli anni successivi compresi davvero la domanda dolorosa e il lamento della poesia, li collegai a quella età che a ogni persona giovane appare come una mezza morte e i cui orrori trovavo espressi compiutamente attraverso la visione di un paesaggio invernale grigio, non più animato da fiori e begli animali. Tempo dopo lessi la poesia in un altro modo ancora, vale a dire come terrore mortale nei confronti di uno stato d’animo, patologico eppur noto anche a ogni persona sana: quello della desolazione e del gelo interiori, nel quale le cose perdono i loro colori, il loro profumo e la loro voce. Questo terrore nei confronti di una eterna assenza di sentimenti, riempita solo da rumori freddi, metallici, il poeta, che in precedenza ha raffigurato l’ebbrezza dell’amore e la sacra sobrietà della sua vita vivace in immagini così maestose, sa suscitarlo anche in chi legge e chi ascolta, non solo con la scelta delle sue parole, ma anche con la sequenza delle sue vocali.*

Marie Luise Kaschnitz, Mein Gedicht (“La mia poesia”), da: Zwischen Immer und Nie, Essays 1971 (“Tra Sempre e Mai. Saggi 1971”), traduzione di Anna Maria Curci.

Una annotazione: la lettura di Kaschnitz contiene una traduzione interlinguistica, preziosa per il lettore di lingua italiana. Il passaggio “Ins heilignüchterne Wasser“, che rappresenta una vera e propria sfida, è tradotto in maniera diversa da Leone Traverso e da Remo Fasani. Personalmente, per quel passaggio, prediligo una terza traduzione, quella di Vigolo, che rende l’inizio del settimo verso con “Nella sacra sobrietà dell’acqua”. Ritroviamo questa soluzione nella terza lettura (in ordine cronologico tra quelle elencate da Marie Luise Kaschnitz) della poesia da parte di Kaschnitz, che usa i termini “heilige Nüchternheit”, “sacra sobrietà”.

Anna Maria Curci

* Als ich [Hölderlins Hälfte des Lebens] kennenlernte, war ich beinahe noch ein Kind. […] Die Landschaft, die ich beim Lesen der ersten Strophe vor Augen hatte, die des Bodensees nämlich mit ihrer nachsommerlichen Fülle von Blumen und Früchten, beglückte mich, das winterliche Bild der sprachlosen Mauern erregte in mir eine Wollust der Einsamkeit, das Klirren der Drähte an den leeren Fahnenstangen war dazu die passende Musik. Erst in späteren Jahren verstand ich recht eigentlich die schmerzliche Frage und Klage des Gedichts, ich bezog sie auf das Alter, das jedem jungen Menschen als ein halber Tod erscheint und dessen Schrecken ich durch die Vision einer nicht mehr von Blumen und schönen Tieren belebten, grauen Winterlandschaft vollkommen ausgedrückt fand. Noch später las ich das Gedicht wieder anders, nämlich als tödliche Furcht vor einem krankhaften und doch auch jedem gesunden Menschen bekannten Seelenzustand der inneren Verödung und Kälte, in dem die Dinge ihre Farben, ihren Duft und ihre Stimme verlieren. Diese Furcht vor einer ewigen, nur von kalten metallischen Geräuschen noch erfüllten Gefühllosigkeit weiß der Dichter, der vorher die Liebestrunkenheit und die heilige Nüchternheit seines lebendigen Lebens in so herrlichen Bildern darstellte, auch im Leser und Hörer zu erwecken, nicht nur durch die Wahl seiner Worte, sondern auch durch die Folge seiner Vokale …”

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