L’ebreo si dondola
L’ebreo si dondola,
mentre la palpebra
piega al ricordo,
e il suono
delle litanie
giunge da lontano.
L’ebreo si dondola,
e mette il corpo
nell’onda lenta,
nel flusso dei millenni,
e si concentra
nel punto vuoto
e bianco prima
d’ogni lettera.
L’ebreo si dondola
nell’abbaglio del suono,
nel canto ancestrale,
nella parola aspra,
nel suo nome
che scolora;
nel ricordo
dei sei milioni,
l’ebreo si dondola.
E canta parole secche,
l’ebreo che si dondola,
e invoca la memoria
dalle steppe
dell’oblio,
l’ebreo che si dondola.
E si perde là,
e naufraga
tra le scorie
dei rifiuti e gli ori
degli abbracci, l’ebreo
che si dondola.
Davanti alla Parola
Colano dalle mani
olii sacri,
spremiture
del sogno.
E sacro è,
ancora,
il velo
che copre
i volti.
Tace il vento e
così io.
Mi faccio sottile
atomo;
esplode come bisbiglio
nel silenzio
il suono della prima
parola.
Chiedi tanto
Chiedi tanto,
dal luogo del
tuo nascondimento,
a un figlio che tacita
lo strazio dell’assenza
e cela,
dietro lettere
salterine,
il suo sguardo
posato
su un vuoto
senza fine
La penna sospesa
Tengo la penna
sospesa
tra l’apnea fertile
e il sussulto felice
della creazione:
E piego lo sguardo
un istante solo
sulle parole
non elette,
assorbite
dal terreno fertile
del ritorno.