Gli armadi svuotati, i nostri asili
la fatica di smettere gli abiti
compensare il sangue con le scuse
levare la fiamma alta degli occhi
e ripetere tutto torna tutto torna
e mai come prima
Arriva il giorno, poso
tutto il delirio sul davanzale…
come un cavallo, una sposa, una scusa
tutto l’andare
il delicato procedere del silenzio
conservo la nostalgia per me
qualcosa che descriva il mantenere
un telo sulle ferite, una promessa, la pace
finalmente, la nostra.
Ora misuro il tempo, le rughe di un albero
Alle sette il sole non sorge in tangenziale
un uomo mi sorride dall’auto accanto
ha gli occhi spenti, respira in silenzio
poi torna al suo buio
io conservo un odore nelle mani
come un rosario avviato – scomposto
mi sono chiesta tante volte cosa mi conduce
cosa mi concede, il nostro affanno
la maestà della neve bianca come risposta
Lavoro a ridosso dell’ultima ora
nella mietitura del giorno
il caos delle auto
decomposte nel percorso,
in orario di chiusura dei super.
Adesso
mi dileguo nell’attestazione del vento
lui è un compagno distratto, a volte
anche l’albero alla parete si è intristito
aspetto l’autunno come se potesse salvarmi
La sconfitta non si rivela,
dovrò costituirmi patrimonio
limitare il peso dei movimenti
la luce nel cuore della notte
è una scelta, un indirizzo
che non rinfranca.
Mia madre a vent’anni: una foto
la vita con le gambe accavallate,
vent’anni alba di cristallo
e io già con la guardia alta
andare sempre incontro a tutto
la musica rimbomba sul soffitto
settembre arriva troppo presto
nelle vene un sangue di fiamma
felicità di rinascere ogni mattino