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PoEstate Silva: Antonio Spagnuolo, Poesie da “Polveri nell’ombra”

Dalla sezione Polveri nell’ombra

Rughe

Il mio pianto logora l’affanno
inutile fantasia che blandisce le veglie,
muta ogni parola come il sogno
che smarrisce le nuvole e ormai incide
nel suo segreto le rughe.
Nel timore evoca gli spettri di improvvise avvisaglie,
e nel tremito ha il battito dell’insopportabile urlo
del demente.
Spengo negli occhi anche i ricordi,
l’unica inquietudine che ha donato
una spina alla temeraria fede
sull’orlo dell’arpa affidata alle meraviglie.

 

Finalmente

Finalmente raggiungere i silenzi
in questo esilio di me in mezzo agli uomini.
Fanatica la maschera della malinconia,
nella strada che cade e annebbia
ed esclude l’idea della nuda tua figura,
mi accarezza ogni sera.
Il segreto a malapena alterna trasparenze,
sorpreso dai colori dell’arcobaleno,
tra l’orizzonte e il mio letto,
quasi a ghermire l’impazienza
che corre nella bocca improvvisa.

 

La mia furia

Resta solo il velo dell’attesa
in vertigini e disperde il buio
o frantuma il silenzio tra le figure
sbiadite dell’infinto splendore del niente.
La mia furia attraversa il proibito,
che divora me stesso ed abbandona
le offerte ricucite.
Di nuovo le ciglia hanno bruciato
un residuo di cielo, scivolando in preghiera,
vana promessa di un frasario imprudente.
La mia furia ha l’audacia impossibile,
oltre la cieca impazienza,
che tante volte confonde i rimandi,
ed eccomi ancora a credere
palmo a palmo l’incanto inatteso.

 

Dalla sezioneSvestire le memorie

Pagine

Tra i libri dei miei vent’anni
già c’era il tuo sorriso.
Le pagine accoglievano parole
che volevo confondere nella nuova ansia:
senza tregua né ritmi cedeva il sortilegio
per momenti in cui scintilla la paura d’amare.
L’ombra tua vagante
regna per gli altri doni di una luce
nel ritorno incerto della memoria.
Scompongo le avventure della nebbia
reinventando l’aorta interrotta
lacerando lunghe grida di angoscia.
C’è ancora un canto a fine di orizzonte
per le mie palpebre ferite dal silenzio.

 

Dalla sezione Nuovo registro

Vagare in queste strade deserte nelle ore notturne
immaginando ancora la sabbia sotto i piedi, per affondare
nel buio che circonda le pietre senza intoppare, disperdo
i sussurri del richiamo del tempo. Mentre Belfagor agita
il mantello ad impaurire i fanciulli che come me cercano
tuttavia di scomporre le rime pressoché stinte. A decifrare
i segni, quasi nuda, inginocchiata alla soglia, sulla ghiaia
insanguinata, mostravi le sette lettere imprigionate alla
trappola dei ricordi, inutilmente il fianco denudato.
Ecco l’esilio dei tuoi occhi, leggera più del vapore che
opprime le parole.
Immobile per le tarde ritorsioni che imprimono lampeggi
nella mente.

 

Antonio Spagnuolo, Polveri nell’ombra, Oèdipus edizioni 2019

 

Polveri nell’ombra di Antonio Spagnuolo è una raccolta nella quale la trenodia assume – anche con un “nuovo registro”, come recita il titolo di una delle sezioni – la drammaticità del confronto tra il rinnovato dolore dell’assenza e il proseguire, l’infiammarsi perfino, delle riflessioni sul sé che soffre e prosegue e cerca nell’ombra, insegue l’ombra, sa dell’agguantare di “Belfagor”, la presenza incombente che riassume la paura dell’infanzia, che è, così si riconosce nell’avanzata maturità, la paura delle paure. Eppure la trenodia non rinuncia alla propria natura, non rinuncia al canto, dunque. È un canto funebre, sì, ma è canto sulla lama dell’affanno e a spezzare l’affanno; è furia, è esilio, è urlo che frange l’elegia, eppure muove, muove ancora, i passi di danza di una lacera e non zittita utopia: «C’è ancora un canto a fine di orizzonte». (Anna Maria Curci)

Una replica a “PoEstate Silva: Antonio Spagnuolo, Poesie da “Polveri nell’ombra””


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