Il mancato congedo del viaggiatore frettoloso
Viste dal treno Alta Velocità
persino le macchine dell’autostrada
sembrano lente;
gli alberi poi schizzano via
che quasi non t’accorgi,
come quella finestra sola
che ora s’apre nel casolare.
Perduti tra i portatili accesi,
gli occhi di ciascuno intenti
al proprio monitor, mentre scorrono
le immagini di fuori, inascoltate.
Nemmeno gli sguardi s’incrociano più:
ecco, stavi forse per dirmi qualcosa,
ma tempo non hai avuto,
già siamo “arrivati”, scendiamo.
A Giorgio Caproni,
al suo viaggiare.
Tornare a pensare
È la sfida:
può essere motivo di vita
e per questo causa di morte.
Per vivere coscienti,
il solo modo di vivere,
per vivere d’impegno
e cercare di capire gli altri,
il solo modo di capirci.
I disperati che vanno verso nord
fuggono dalla fame
ovunque più o meno respinti
come una malattia
di cui s’ignora l’origine
come un cancro
di cui s’ignora la causa,
come svelassero, col loro disturbo,
la nostra sepolta e cattiva coscienza.
Siamo rimasti senza parole
come questa fabbrica che ha chiuso
per andare in Serbia, o in Romania.
Crescono intorno erbacce
e fiori spontanei.
Il lavoro manca, il pensiero anche.

