Corpo
Corpo – io non ignoro
la tua pietà.
Io – che senza posa esploro
il tuo pensarti e pensare.
E al fondo dell’immenso mare
paragono il tuo fondo:
quel che in te e di te
viaggia oltre questo apparente
esser fermo in un luogo o su un letto
e si modifica – sostanza del tuo aspetto
oltre questa apparente
tua identità.
Corpo – di odore e calore,
di fuoco, di luce e di vapore.
Corpo – votato alla cenere
e all’inconscienza solitaria di sé.
Tu che per darti non puoi non bruciarti.
Tu che non puoi aggrapparti all’attimo che ti ama.
Corpo – curiosità
animalmente inerme che si fruga
in un gioco di bambini fra le siepi.
Corpo – che in altro corpo si verifica
e in esso è bramoso di specchiarsi,
di stamparsi con un’impronta di tremore.
Corpo – chiusa monade
se spranghi le porte e finestre dei tuoi sensi.
Corpo – spogliato e illuminato.
Corpo – di luna e di sole.
Corpo – silenzioso e paziente.
Corpo – che nessuno sguardo ha ricordato.
Corpo – quando deborda
oltre gli stretti confini della mente
e naviga verso la sua propria distruzione.
E per un’ombra, una ruga minima sul ventre
o un tratto sgraziato del piede dichiara
la sua melanconia irrimediabile.
Corpo – offeso e adorabile.
O puro spirito.
da O beatrice (Mondadori, 1972)
Una replica a “I poeti della domenica #263: Giovanni Giudici, Corpo”
L’ha ribloggato su Paolo Ottaviani's Weblog.
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