Francesca Paolino, Una vita. Selma Meerbaum-Eisinger (1924-1942)
Nota di lettura di Anna Maria Curci
Una ricerca appassionata, alimentata negli anni dal desiderio di ricostruire, quasi passo dopo passo, una vita, quella di Selma Meerbaum-Eisinger, per sottrarla a chi facilmente dimentica e restituirla a chi ama la poesia: il risultato, convincente, è la biografia che Francesca Paolino ha scritto: Una vita. Selma Meerbaum-Eisinger (1924-1942). La prima biografia in assoluto dedicata a Selma Meerbaum-Eisinger è una biografia ben costruita, dotta e coinvolgente allo stesso tempo, che testimonia pienezza del sentire e passione di ricerca. Attorno alla storia di una vita, a quella di Selma, al suo fianco in alcuni casi, in molti in partenza per tragitti diversi, altre si snodano, in una dolorosa, commossa traversata nello slancio della speranza e nell’orrore schiacciante. Blütenlese, florilegio di vite, sogni, eventi che lasciano orme. “Una vita può gettare ombre sulla luna”, scriveva in una poesia la diciassettenne Selma, poco prima di essere deportata, in un treno merci, in un campo di lavoro nazista in Ucraina.
Chi è Selma Meerbaum-Eisinger? Scrive Francesca Paolino:
Quel che sappiamo di Selma Meerbaum-Eisinger è stato raccontato da chi condivise con lei gli anni spensierati di Czernowitz o gli ultimi mesi di vita nel campo di lavoro in Ucraina, pochissimi testimoni rintracciati molti anni dopo la fine dell’ultimo conflitto mondiale, quando qualcuno cominciò a interessarsi al suo caso. Quando ella si spense, dentro una gelida baracca in un luogo ai confini con il continente asiatico oggi scomparso dalle carte geografiche, non lasciò nulla di autobiografico, se non una lettera scritta proprio dall’Arbeitslager di Michajlovka – l’ultima – e poche poesie, miracolosamente sottratte all’oblio. Alla fine degli anni Settanta il giornalista tedesco Jürgen Serke […] ricevette dalla poetessa Hilde Domin una copia della prima edizione assoluta delle poesie di Selma, un’edizione privata, uscita nel 1976 in Israele, che la stessa Domin aveva ricevuto in regalo da una cugina di Paul Celan residente in America.
Selma nacque a Czernowitz il 5 febbraio 1924, figlia di una coppia di sposi felici e innamorati. Ma la felicità durò poco. Il padre, Max Meerbaum, originario di un piccolo paese della Bucovina, morì a soli ventinove anni, stroncato dalla tubercolosi. La madre, Frieda Schrager, che avrebbe poi sposato Leo Eisinger, era nata e cresciuta a Czernowitz con i numerosi cugini: tra questi, la prediletta era Friederike, “Fritzi”. Frieda rimase sempre in contatto con la cugina Fritzi, anche dopo le nozze di lei con Leo Antschel e la nascita del figlio Paul (Paul Antschel, Paul Celan). Selma e Paul, che, secondo testimonianze, si recavano con le famiglie dal nonno Schrager in occasione dello Shabbat, erano dunque figli di due cugine molto legate tra loro anche se molto diverse: di “estrema semplicità” Frieda, la madre di Selma, colta e appassionata di letteratura Fritzi, la madre di Paul, che gareggiava con il figlio nel citare a memoria i poeti della tradizione tedesca.
Selma, la ragazza “affamata” di poesia, come ricorda l’amica Margit Bartfeld, si rifugiava dietro l’ultimo banco a scuola, per poter leggere i suoi autori preferiti e annotare le proprie impressioni. La poesia aveva la precedenza su tutto, anche sulla vita nel gruppo Haschomer Hatzair (“Giovane sentinella”), al quale aveva aderito con entusiasmo. «La poesia era un interesse condiviso con poche amiche», scrive Francesca Paolino. Tra queste, Else Keren, che ricorda di Selma:
Citava spesso Rilke, mentre io all’epoca avevo scoperto il poeta Paul Géraldy. Anche suo cugino Paul […] ci leggeva a volte delle poesie, ci parlava di Kafka, Rilke. Preferiva però leggerci le sue composizioni. Non gli rivelammo mai che anche noi scrivevamo.
L’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche influì immediatamente e con effetti pesanti sulla vita della comunità ebraica nella Bucovina, regione posta nell’area di confine tra Ucraina, Moldavia e Romania e assegnata alla fine della prima guerra mondiale alla Romania. Proprio in Romania, nell’autunno del 1939, i controlli sull’attività degli ebrei si fecero sempre più serrati. Dal dicembre 1939 l’Haschomer Hatzair, per evitare incidenti, limitò le proprie attività, soprattutto quelle all”aperto. Selma festeggiò con gli amici del gruppo la festa di Chanukkah. Quella notte, durante una passeggiata all’amato Colle degli Asburgo, Selma, come ricorda Else Keren, si fece silenziosa, si staccò dal gruppo degli amici in festa e appuntò qualcosa sul suo inseparabile libricino, forse i versi della poesia Farben, Colori, qui, come tutte le poesie riportate nella biografia, nella traduzione di Francesca Paolino.
Farben
So blau liegt es über dem schneeweißen Schnee
und so schwarz sind die grünen Tannen,
daß das ganz leise hinhuschende Reh
so grau ist wie nie beendbares Weh,
das man doch so gern möchte bannen.
Schritte knirschen in Schneemusik
und Winde stäuben die Flocken zurück
auf die weiß überschleierten Bäume.
Und Bänke stehen wie Träume.
Lichter fallen und spielen mit Schatten
unendliche Ringelreihen.
Die fernen Laternen blinken mit mattem
Schein, den vom Schneelicht sie leihen.
18.12.1939
Colori
È così azzurro sulla neve candida,
gli abeti verdi sono così neri,
che il capriolo, sgusciato di soppiatto,
è grigio come la pena senza fine,
che pure scacceresti volentieri.
Scricchiano passi, musica di neve,
e i venti rimandano polvere di fiocchi
sugli alberi velati di bianco.
Panchine come sogni.
Luci calanti vanno con le ombre
in girotondi infiniti.
Remote lanterne brillano d’un chiarore
attutito, preso allo sfavillìo della neve.
18.12.1939
(traduzione di Francesca Paolino)
La vita della comunità ebraica a Czernowitz era segnata. Scrive Francesca Paolino:
Il cerchio cominciava a chiudersi. La generazione nata negli anni Venti era ormai cosciente della gravità della situazione; giungevano notizie dai ghetti in Polonia e si sentiva parlare di crudeltà inimmaginabili.
Pochi giorni dopo che Selma ebbe terminato la decima classe della scuola secondaria, la Romania entrò in guerra a fianco delle potenze dell’Asse. Il 7 luglio 1941 venne incendiata la sinagoga di Czernowitz, il 30 luglio 1941 un’ordinanza a firma del colonnello Alexandru Riosanu confermò il divieto per gli ebrei di uscire da casa e l’obbligo di appuntare sui vestiti la stella di David. La mattina dell’11 ottobre 1941 venne decretata la costruzione del Ghetto, situato nel vecchio quartiere ebraico. Da allora le notizie sulla vita di Selma si fanno sempre più dolorose e, allo stesso tempo, di ardua ricostruzione. Francesca Paolino intitola al condizionale il capitolo conclusivo della biografia: “Questa sarebbe la fine”. Con questi versi di Selma Meerbaum-Eisinger rimando alla lettura del volume:
Schlaflied für mich
Ich wiege und wiege und wiege mich ein
mit Träumen bei Tag und bei Nacht
und trinke den selben betäubenden Wein
wie der, der schläft, wenn er wacht.
Ich singe und singe und sing’ mir ein Lied,
ein Lied von Hoffnung und Glück,
ich sing’ es wie der, der geht und nicht sieht,
daß er nimmermehr gehn kann zurück.
Ich sage und sage und sag’ mir die Mär,
die Mär vom Liebesgeflecht,
ich sage sie mir und glaub’ doch nicht mehr
und weiß doch: das Ende ist schlecht.
Ich spiele und spiele mir die Melodei
der Tage, die nicht mehr sind,
und mache mich von der Wahrheit frei
und tue, als wäre ich blind.
Ich lache und lache und lache mich aus
ob dieses meines Spiels.
Und spinne doch Träume, so wirr und so kraus,
so bar eines jeden Ziels.
Januar 1941
Ninna nanna per me
Mi cullo e continuo a cullarmi
coi sogni al mattino e alla sera
e bevo lo stesso vino drogato
di chi dorme quando è ben sveglio.
Io canto, mi canto una canzone,
canzone di gioia e speranza,
la canto come chi va ma non vede
che non potrà più ritornare.
Io dico e mi dico e ridico una voce,
diceria d’una storia d’amore,
la dico a me stessa e più non le credo,
perché so: non avrà lieto fine.
Io suono, mi suono e risuono il motivo
dei giorni che sono passati,
e mi sbarazzo della verità
e fingo di essere cieca.
Io rido e rido ancora e me la rido
di questo mio giocare.
E invento intricate trame di sogni
che non hanno meta.
Gennaio 1941
(traduzione di Francesca Paolino)
Francesca Paolino, Una vita. Selma Meerbaum-Eisinger (1924-1942). Edizioni del Faro, Trento 2013
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6 risposte a “Una vita. Selma Meerbaum-Eisinger”
Mi sento molto in colpa, perché pensandolo è come se autorizzassi un retropensiero di “gerarchia degli uccisi”, e non voglio assolutamente che sembri così. Non lo è. Ci è stato strappato un poeta, ergo siamo stati privati di un brandello di universo; ed è così nei confronti di tutti gli uccisi, del maniscalco come dell’avvocato come del veterinario come del filosofo, senza la minima gerarchia. Ma possiamo dire che questo episodio ci fa toccare con mano quanto è globale la perdita di un singolo, quanto può essere imbecille l’essere umano?
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ho letto con grande dolore e ringrazio Anna Maria.
è bello constatare che grazie al lavoro di tutti, il giorno della memoria non sia solo una data per girare pagina il giorno dopo e che la poesia sia testimonianza di storia intima, privata e pubblica, come speravo e volevo che poetarum fosse.
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Non conoscevo selma Meerbaum Eisinger. E’ stata una
piacevole scoperta. Devo elogiare questo blog che
non di rado mi fa scoprire nuovi grandi autori che non conosco,
per quanto io sia quasi continuamente alla ricerca di
poesie e poeti. Ho apprezzato molto queste poesie
forse leggermente velati di malinconia, confesso che
questo tipo di poesia è la mia preferita perché
suscita in me un’emozione che altre non riescono
a darmi. Grazie e complimenti ad Anna M. Curci. ud
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Vi ringrazio per i vostri commenti, che nutrono ulteriori riflessioni e ribadisco stima e riconoscenza per Francesca Paolino e per il suo lavoro paziente e pregevole.
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[…] Selma Meerbaum-Eisinger (traduzione di Francesca Paolino) […]
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[…] l’edizione italiana di Florilegio segue la biografia (sulla quale ho avuto modo di scrivere qui su Poetarum Silva) di Selma Meerbaum-Eisinger, Una vita, anch’essa a cura di Francesca Paolino. […]
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