“Il sabato tedesco”, rubrica da me curata per Poetarum Silva, prende il nome da un racconto di Vittorio Sereni e si propone di raccogliere riflessioni, conversazioni, traduzioni intorno a testi letterari. La puntata della rubrica, che appare oggi 20 marzo 2021, dunque tre giorni dopo la ricorrenza del 160° anniversario dell’unità d’Italia, è dedicata al numero monografico che dieci anni fa la rivista «Zibaldone – Zeitschrift für italienische Kultur der Gegenwart», pubblicata dalla casa editrice tedesca Stauffenburg, riservò a ‘miti e coscienza del Risorgimento italiano’. Si tratta della recensione che di quel numero monografico scrissi per «il 996 – Rivista del Centro Studi “Giuseppe Gioachino Belli”». A dieci anni di distanza, trovo articoli e contenuti allora pubblicati su «Zibaldone» ancora oltremodo interessanti e meritevoli di essere portati all’attenzione del pubblico italiano. (Anna Maria Curci)
Recensione del n. 50 di «Zibaldone. Zeitschrift für italienische Kultur der Gegenwart»*
Il n. 50 di «Zibaldone», rivista tedesca di cultura italiana contemporanea, porta la data dell’autunno 2010 ed è interamente dedicato, come recita il titolo: Italien 1861-2011: Einheit und Vielfalt (Italia 1861-2011: unità e varietà), al 150° anniversario dell’unità d’Italia.
Come precisano Thomas Bremer e Titus Heydenreich nella bella introduzione, gli autori di questo numero, che conferma la grande qualità dei contributi dati dagli studiosi di italianistica alla rivista, hanno voluto dispiegare un panorama ampio della varietà dei temi e della diversità di opinioni che si addensano intorno alle celebrazioni per una ricorrenza che è anche occasione di bilanci e riflessioni.
Apre la serie dei contributi l’articolo di Michael Metzeltin, Die Entstehung der modernen Nationalstaaten (La nascita degli Stati nazionali moderni). Metzeltin individua, mettendo a confronto storia e ‘miti’ legati alla nascita dello Stato nazionale in alcuni paesi europei e dando particolare rilievo al caso Italia, motivi ricorrenti e momenti di raccordo tra storiografia e creazione di un patrimonio culturale nazionale, in un percorso nel quale individua tappe comuni: nascita di una coscienza nazionale; delimitazioni territoriali; storicizzazione; standardizzazione e storicizzazione di una lingua nazionale; canonizzazione dei testi; istituzionalizzazione; elaborazione di processi mediatici; globalizzazione.
Segue una significativa scelta di enunciati, noti e meno noti, distribuiti nell’arco di alcuni secoli, sull’unità d’Italia: Von Machiavelli bis Magris. Stimmen zur (Un-)Einheit (“Da Machiavelli a Magris. Voci sulla (dis-)unità”).
Nell’originale italiano come le testimonianze sulla (dis-)unità d’Italia, appare qui anche la novella Libertà di Giovanni Verga, che precede il notevole contributo di Maurizio Padovano, in questo numero di “Zibaldone” nell’efficace traduzione in tedesco di Titus Heydenreich. Nel suo Risorgimento verkehrt. Das Massaker von Bronte (1860) im Blick von Giovanni Verga, Leonardo Sciascia und Florestano Vancini (“Risorgimento rovesciato. Il massacro di Bronte (1860) nello sguardo di Giovanni Verga, di Leonardo Sciascia e di Florestano Vancini”), Padovano propone una interessante triangolazione di prospettive sulle vicende di Bronte: la novella Libertà di Verga; il film di Florestano Vancini del 1972 Bronte. Cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato, alla cui sceneggiatura ha contribuito in misura rilevante Leonardo Sciascia; il lavoro di documentazione e critica dello stesso Sciascia. L’analisi comparata di scelte narrative e di sequenze filmiche è acuta e arricchita dal riferimento non solo, come era naturale prevedere, al copione del film, ma anche ad altri scritti di Leonardo Sciascia, raccolti nel volume La corda pazza.
Nell’interessante articolo Wahlkampf im frühen Nationalstaat. Intellektuelle und Bürgertum um 1875. Francesco De Sanctis’ Wahlreise in Süditalien (Campagna elettorale agli albori dello Stato nazionale. Intellettuali e borghesia intorno al 1875. Il viaggio elettorale di Francesco De Sanctis nell’Italia meridionale), Thomas Bremer dimostra come il racconto di De Sanctis Il viaggio elettorale sia uno dei primi reportage della storia della letteratura italiana e, allo stesso tempo, «probabilmente l’opera più spettacolare sui rapporti tra intellettuali e politica e un viaggio nella vita, vista dall’interno, della borghesia meridionale dell’Italia dei primi anni successivi all’unificazione.»
Karin Schmeißner propone una ampia e dotta carrellata di film sul Risorgimento nel suo contributo Das Engagement für den Einheitsstaat: Das Risorgimento und Garibaldi im italienischen Spielfilm (L’impegno per lo Stato unitario. Il Risorgimento e Garibaldi nel cinema italiano). Sulla base di una dettagliata documentazione storica, sottolinea come il cinema italiano si sia confrontato costantemente con il processo di unificazione nazionale, fin dal primo film del 1905, La presa di Roma del regista Filoteo Alberini.
Die Italiener und ihre Sprache (“Gli italiani e la loro lingua”) di Sabine Schwarze si configura come un vero e proprio studio di storia della lingua. Schwarze sottolinea, sulla scorta di quanto affermato da Frank-Rutger Hausmann, in un articolo apparso sulla rivista «Italienisch» nel 2000, come il concetto di italianità, già esistente come mito prima dell’unificazione, abbia generato nella coscienza linguistica alcuni topoi, in parte derivazioni di miti secondari. Un esempio per tutti: dal pensiero della romanità, che unisce l’idea dell’Italia come “erede dell’antica Roma” a quella di “culla della civiltà europea”, è derivato il pensiero della lingua italiana come “erede e figlia ben riuscita” della lingua latina. La finzione di una cultura italiana unitaria genera a sua volta il topos della “lingua letteraria canonizzata e stabile”, affermatosi per lungo tempo nella coscienza linguistica italiana. Eppure, prosegue Schwarze con opportuni riferimenti alla Storia linguistica dell’Italia unita (1963) di Tullio De Mauro e a Cavour e il suo tempo (1969) di Rosario Romeo, Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, usava il dialetto piemontese perfino nei colloqui con i suoi ministri e per Cavour, che prediligeva anche lui il dialetto piemontese e il francese, l’italiano «è una lingua scolastica, nella quale si ritrova con fatica negli anni di vita parlamentare». Non mancano i riferimenti alla “politica dell’italofonia”, che sfocia nel 2001-2002 in un disegno di legge per la creazione del CSLI, Consiglio Superiore della Lingua Italiana, e alla evoluzione della lingua italiana in una prospettiva internazionale di mutamenti.
Geschichte als Vexierbild (“Storia come immagine ambigua”) è il titolo del contributo di Friederike Hausmann. Vexierbild è il nome dato a una immagine ambigua, che può essere vista in due modi diversi. Friederike Hausmann pone l’interrogativo circa “il come e il perché” la Lega abbia puntato sul Medioevo e, in particolare, su particolari luoghi, eventi, personaggi: i comuni settentrionali opposti a Federico Barbarossa, il giuramento di Pontida, la battaglia di Legnano, Alberto di Giussano. In realtà, spiega Hausmann, se il fenomeno Lega è, come dimostra Ilvo Diamanti, creatore di identità, la ‘mitizzazione’ della Lega Lombarda e della battaglia di Legnano oltrepassa i confini lombardi già con i fondatori della Repubblica Cisalpina, per poi diventare simbolo di lotta per l’autonomia (“dovunque è Legnano”, recita l’inno di Mameli) da Garibaldi a Mazzini, da Berchet a Carducci, passando per Verdi. È ironia della storia, si chiede, che la Lega riprenda oggi i miti del Risorgimento, perfino quelli la cui veridicità (l’esistenza stessa di Alberto da Giussano) è messa oggi in discussione? Friederike Hausmann menziona, definendolo “Geschichtsschinken”, “polpettone storico”, la fiction cine-televisiva (RaiUno e Rai Cinema) Barbarossa, voluta fortemente dalla Lega nel 2009, infarcita di tutti i miti ormai confutati dalla storiografia. Mette accanto affermazioni messe in bocca all’Alberto da Giussano della fiction a quelle di Umberto Bossi, dimostrando come non sia stato complesso per la Lega sfruttare, con un apparentemente piccolo, in realtà ben significativo spostamento di senso, miti ben noti agli italiani sin dai banchi di scuola e caricati di un’alta dose di pathos.
Wir und sie. Die Intellektuellen Italiens über ihr Land (Noi e loro. Gli intellettuali italiani a proposito del loro paese) è il titolo della versione tedesca del contributo di Stefano Sasso, tradotto da Elisabeth Sasso-Fruth. Stefano Sasso ricostruisce dettagliatamente il “paesaggio” composto dalle prese di posizione degli intellettuali italiani sul loro paese, nel dialogo costante tra Noi (gli intellettuali) e Loro (il popolo), in una tensione “bifronte” (Sasso si richiama esplicitamente al dio Giano) tra il passato della ricca tradizione culturale e lo slancio ovvero la preoccupazione per il futuro.
Dal ricchissimo Notizbuch, “quaderno di appunti” che conclude il volume, va senz’altro menzionata la presentazione della mostra “Totò & Karl Valentin. Zwei Nonsens-Künstler aus dem europäischen Süden” (“Totò e Karl Valentin. Due artisti del nonsense dal Sud europeo”), che mette uno accanto all’altro due geni dell’improvvisazione, accomunati da diversi elementi, non ultimi la scelta del dialetto e il linguaggio del corpo. Alla mostra, al Valentin-Karlstadt-Musäum di Monaco di Baviera dal 24 giugno al 17 ottobre 2010, dovrebbe seguirne una analoga a Napoli nell’anno in corso, 2011.
© Anna Maria Curci
* La recensione è apparsa nel n. 2 del 2011 della rivista del Centro Studi Giuseppe Gioachino Belli «Il 996»,