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“Il sabato tedesco” #5: Helga M. Novak, Finché arrivano lettere d’amore. Poesie 1956-2004

“Il sabato tedesco”, rubrica da me curata per Poetarum Silva, prende il nome da un racconto di Vittorio Sereni e si propone di raccogliere riflessioni, conversazioni, traduzioni intorno a testi letterari. (Anna Maria Curci)

 

Helga M. Novak, Finché arrivano lettere d’amore
Effigie 2017

La scrittura di Helga M. Novak, narrativa, saggistica e, come avviene per Finché arrivano lettere d’amore, poetica, è sotto il segno di una duplice consapevolezza, esperita nel dolore eppure propositiva, benché «seduta al lato spoglio del tavolo» (Bekenntnis / Atto di fede).
La duplice consapevolezza riguarda da un lato la condizione di abbandonata, di messa al bando, di esiliata, di sradicata – significativo, come peraltro avviene con l’intervista immaginaria proposta nel 1972 da Hilde Domin, l’incontro ideale, quasi con la propria immagine riflessa, con il grande esiliato della letteratura di lingua tedesca, Heinrich Heine, in an einem deutschen Wintertag / in un giorno d’inverno tedesco – e dall’altro lato l’obiettivo, perseguito tenacemente, con ampiezza di suggestioni, di strumenti e di tipologie testuali, di costruire case, terre natie, dimore, proprio grazie alla parola:«costruirò una casa/ abiterò una casa/ e io – non amata/ e incapace di amare –/ la incendierò/ del mio smisurato amore» (Häuser / Case).
La prima antologia di poesie di Helga M. Novak apparsa in Italia, Finché non arrivano lettere d’amore, con la cura e la traduzione, pregevoli, di Paola Quadrelli, per i tipi di Effigie, nella collana “Le Meteore”, diretta da Anna Ruchat e Domenico Brancale, reca il titolo del volume di poesie di Novak pubblicato nel 2008 da Schelling & Co.
Il titolo del volume, solange noch Liebesbriefe eintreffen, è anche il titolo di un componimento presente in questa antologia, in traduzione italiana con il testo originale a fronte, e in quella congiunzione solange, “finché”, “per tutto il tempo che”, ricorrente in diversi testi, sta il nucleo – leva, corda e motore – della resistenza della parola. Una resistenza che ha compagne e compagni nel mito, nella tragedia antica (Medea, per esempio, di cui Novak, come Christa Wolf in Medea. Voci, riabilita la vicenda, sconfessando Euripide), nella storia di oppressi e oppressori e tra coloro che hanno smascherato la menzogna e la manipolazione.
Le corde pizzicate e le dimore edificate coprono una panoramica molto vasta di generi (ballata, epigramma, invettiva, elegia, per menzionarne alcuni), di accenti e di richiami letterari. Scorrere le poesie, scritte tra il 1956 e il 2004, di Finché arrivano lettere d’amore e riconoscere le tracce di una linea di dissenso – quello stesso che a Novak costò nel 1966 la cittadinanza e dunque l’espulsione dalla DDR – che attraversa la letteratura nella storia, sono due azioni che chi legge compie quasi simultaneamente. Per quanto riguarda la letteratura di lingua tedesca e la poesia di Helga M. Novak, questa linea di dissenso passa per Friedrich Hölderlin, Heinrich Heine, Bertolt Brecht e Sarah Kirsch, l’amicizia con la quale durò tutta una vita.

© Anna Maria Curci

 

an einem deutschen Wintertag

an einem deutschen Wintertag
da traf ich einen Mann
der mit einem Köfferchen
gerad aus Frankreich kam

ich sprach von unsrer Jahreszeit
und sagte wie ich heiß
– dein Name interessiert mich nicht
und deutscher Schnee ist ewig weiß –

ich sagt ich hätte einen deutschen Paß
und könnte doch nicht reisen
da hat er mich nur ausgelacht
sein Blick ließ mich vereisen

dann meint er nebenbei zu mir
– sei nur ein Narr und weine
wie ichs vor hundert Jahren tat
ich heiße Heinrich Heine –

in un giorno d’inverno tedesco

in un giorno d’inverno tedesco
incontrai un uomo
che con un modesto bagaglio
stava arrivando dalla Francia

parlai di com’è il tempo da noi
e dissi come mi chiamavo
– il tuo nome non mi interessa
e la neve tedesca è bianca come sempre –

dissi che avevo un passaporto tedesco
e che tuttavia non potevo viaggiare
mi rise in faccia beffardo
il suo sguardo mi raggelò

poi si rivolse a me e aggiunse
– sii solo giullare e piangi
come ho fatto io cent’anni fa
il mio nome è Heinrich Heine –

 

Monreale

die Dächer von Monreale
hebt kein Wind ab
das efeubestickte Gemäuer
echsenbewohnt
zerreißt keine Zeit

Wein ist billig
Mönche spielen in Kutten
Fußball
Korbflechterinnen wirken
mit geschlossenen Augen

aus dem Kalkberg hallen
Brecheisen
Staub dringt heraus
Wohnhäuser wachsen
es ist kein Mieter zu sehen

wer sagt – ich verschwiege
ich löge ich wischte
die Dächer von Monreale
tongebrannte
mit Sonnenlicht ab

Monreale

i tetti di Monreale
non c’è vento che li scoperchi
le mura coperte d’edera
abitate da lucertole
il Tempo non le dilania

il vino costa poco
i monaci giocano a calcio
vestiti con le loro tuniche
le donne che intrecciano i cesti
sembra lavorino a occhi chiusi

dal monte calcareo risuonano
piedi di porco
polvere ne fuoriesce
crescono condomìni
non si vedono affittuari

chi dice – che sottaccio
mistifico pulisco
i tetti in terracotta
di Monreale
con la luce del sole

 

Bekenntnis

ich bin ostdeutsch das zieht sich hin
wie der rauch an erloschenen Dochten

ich bin ostdeutsch das wächst
wie der Pilz zwischen Menschenzehen
ich zähle die Pfennige meiner Mark
der Soldat den ich nicht warb
frißt stets einen teil von Hundert

ich bin deutsch und nicht nur
der Sprache nach
ich bin ostdeutsch solange
die Pfähle nicht morschen
solange Mißtrauen und Spitzel
die hausgemachten Soßen würzen
sitze ich an der kahlen Seite des Tisches

ich bin ostdeutsch und ziehe
einen klumpen Hoffnung hinter mir her

Atto di fede

sono tedesca dell’est; ti vien dietro
come il fumo negli stoppini appena spenti

sono tedesca dell’est; ti cresce
come un fungo tra le dita dei piedi
conto i centesimi del mio marco
il soldato che non ho arruolato
ne mangia sempre la sua percentuale

sono tedesca e non solo
per la lingua
sono tedesca dell’est finché
i pali non marciscono
finché diffidenza e spie
insaporiscono le salse fatte in casa
me ne sto seduta al lato spoglio del tavolo

sono tedesca dell’est e trascino
dietro di me un grumo di speranza

 

Brief an Medea

Medea du Schöne dreh dich nicht um
vierzig talente hat er dafür erhalten
von der Stadt korinth
der Lohnschreiber der
daß er dir den Kindermord unterjubelt
ich rede von Euripides verstehst du
seitdem jagen sie dich durch unsere Literaturen
als Mörderin Furie Ungeheuer
dabei hätte ich dich gut verstanden
wer nichts am Bein hat
kann besser laufen
aber ich sehe einfach nicht ein
daß eine schuldbeladene Gemeinde
ihre blutigen Hände an deinen Röcken abwischt
keine Angst wir machen das noch publik
daß die Korinther selber deine zehn Gören gesteinigt haben
(wie sie schon immer mit Zahlen umgegangen sind)
und das mitten in Heras Tempel
Gewalt von oben hat keine Scham
na ja die Männer die Stadträte
machen hier so lustig weiter
wie früher und zu hellenischen Zeiten
(Sklaven haben wir übrigens auch)
bloß die Frauen kriegen neuerdings
Kinder auf Teufel komm raus
anstatt bei Verstand zu bleiben
(darin sind sie dir ähnlich)
andererseits haben wir
uns schon einigermaßen aufgerappelt
was ich dir noch erzählen wollte:
die Callas ist tot

Lettera a Medea

Medea, bella, non ti voltare
quaranta talenti ha ricevuto in premio
dalla città di Corinto
lo scrivano stipendiato
per appiopparti l’infanticidio
parlo di Euripide mi capisci
da allora ti danno la caccia dentro le nostre letterature
come a un’assassina una furia un mostro
eppure io ti avrei anche capito
chi non ha zavorre ai piedi
arriva a correre meglio
ma davvero non capisco perché
una comunità gravata dalla colpa
si pulisca le mani insanguinate sulle tue vesti
niente paura lo faremo sapere a tutti
che sono stati i Corinzi a lapidare i tuoi dieci marmocchi
(han sempre maneggiato i numeri con disinvoltura)
e per giunta nel bel mezzo del tempio di Era
la violenza dall’alto non conosce vergogna
beh gli uomini i membri del Consiglio
continuano a spassarsela
come prima e come al tempo degli antichi greci
(del resto abbiamo pure gli schiavi)
solo le donne ultimamente fanno
figli a tutto spiano
anziché usare il buon senso
(in questo sono simili a te)
per il resto ci siamo
un po’ rifatte
ah volevo ancora dirti una cosa:
la Callas è morta

 

solange noch Liebesbriefe eintreffen

solange noch Liebesbriefe eintreffen
ist nicht alles verloren
solange noch Umarmungen und Küsse
ankommen und sei es in Briefen
ist nicht alles verloren
solange ihr noch in Gedanken
nach meinem Verbleib fahndet
ist nicht alles verloren

finché arrivano lettere d’amore

finché arrivano lettere d’amore
non tutto è perduto
finché mi raggiungono abbracci
e baci seppure per lettera
non tutto è perduto
finché nei pensieri
vi chiedete dove io sia
non tutto è perduto

 

Häuser

Landschaft Erde Natur
alles weiblich
dahin will ich gehen
wo es trostlos ist
dahin will ich gehen
wo nichts ist
natur und unangetastet
und werde in aller Stille
ein Haus bauen
ein Haus beziehen
und werde es – ungeliebt
und unfähig zu lieben –
mit meiner maßlosen
Liebe entzünden
auch diese nacht geht vorbei
und keiner kommt
und reißt meine Zäune ein
siehst du die gelbe verrostete Bank
auf der werde ich sitzen
wenn ich nicht weiter weiß
also für immer wie eine
der die augen übergegangen sind

Case

Campagna terra natura
tutti femminili
è là che voglio andare
dov’è desolazione
è là che voglio andare
dove non c’è niente
natura e inviolata
e in gran silenzio
costruirò una casa
abiterò una casa
e io – non amata
e incapace di amare –
la incendierò
del mio smisurato amore
anche questa notte trascorre
e nessuno viene
e abbatte i miei recinti
vedi quella panca gialla arrugginita
su quella starò seduta
quando non saprò più che fare
dunque per sempre come una
cui le lacrime velino gli occhi

 


Helga M. Novak (pseudonimo di Helga Maria Nowak) nacque a Berlino-Köpenick nel 1935 e crebbe a Erkner nei pressi di Berlino in una famiglia adottiva da cui si distaccò appena quindicenne per frequentare un collegio per la formazione di quadri del Partito socialista unitario. La giovane entrò tuttavia assai presto in conflitto con le autorità della DDR: dapprima costretta a interrompere gli studi universitari a Lipsia fu quindi privata della cittadinanza nel 1966 per «sentimenti antisocialisti». Nei decenni successivi visse a Francoforte sul Meno e a Berlino Ovest, soggiornando tuttavia a lungo in diversi Paesi, tra cui l’Islanda, la Jugoslavia, la Spagna, il Portogallo della rivoluzione dei garofani, la Polonia di Solidarność, gli Stati Uniti. Nel 1989 si stabilì infine in una località nella brughiera di Tuchel, nella Polonia settentrionale. Oltre a dieci raccolte di poesie, insignite di numerosi premi, Helga M. Novak è autrice di radiodrammi, prose, racconti e di romanzi autobiografici che ottennero una vasta eco nella Germania federale dei primi anni Ottanta: Die Eisheiligen e Vogel federlos (Volava un uccello senza piume, Giunti 1990). L’ultimo volume della trilogia autobiografica, intitolato Im Schwanenhals, è uscito nel 2013 ed è incentrato sugli anni universitari, sovrastati dalla onnipresente Stasi, la polizia segreta della DDR. Helga M. Novak è morta a Rüdersdorf, presso Berlino, nel 2013.


Helga M. Novak, Finché arrivano lettere d’amore. Poesie 1956-2004, traduzione e cura di Paola Quadrelli, Effigie (collana “Le Meteore”, diretta da Anna Ruchat e Domenico Brancale) 2017

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