Carla De Angelis, Fra le dita una favilla sembra sole
Fara Editore 2019
Il titolo della raccolta di Carla De Angelis, Fra le dita una favilla sembra sole (con una Nota critica introduttiva di Riccardo Deiana e una Nota di lettura finale di Barbara Colasanti, Fara Editore 2019) fa brillare la ‘luce gentile’ che guida l’intero percorso in un volume che fa poesia, e poesia convincente, della testimonianza del rispetto dei tempi, dei talenti, delle peculiarità dell’altro da sé.
Il rispetto e, ancor più, l’attenzione sollecita, camminano affiancati all’impegno amorevole – mai megalomane, anzi con un sorriso a ciò che viene riconosciuto come proprio limite – anche nelle attività più minute. La luce gentile, allora, guida tutto il tempo e tutto il sé, sia nelle attività che vengono comunemente definite dilettantesche («Provo a suonare due note per burlare il tempo/ e far felice il mio maestro», p. 14), sia in quelle professionali, sia nel sorriso indulgente, sia nel dolore più aspro o nel ricorrente “mal di vivere”, in una perdurante Nostalgia della vita che è sempre altrove, come recita il titolo di uno dei testi della raccolta.
Nel “coltivare” costante e attento, serissimo eppure non scevro dal sorriso, si riconosce l’attività, vocazione e scelta, illuminata da quella “luce gentile”, la guida individuata fin dalle prime pagine. Una cura, un coltivare, che alla recisione, allo strappo antepone la cucitura, il riannodare i fili. Non è banale e ingenuo ottimismo, si badi bene: è una scelta che sa del pericolo, dell’orlo e del precipizio. In tal senso la poesia di p. 18 può essere considerata punto di irradiamento e manifesto: «Faccio sempre quel che posso/ non ho mai reciso un fiore/ solo qualche foto/ mai ho storpiato una nota/ sono attenta ad ogni intonazione dello sguardo.// Non ho mai avanzato troppo/ perché non mi fidavo della riva./ So che il passo può scivolare nella melma.// Ho lavato le parole alla fonte,/ poi le ho scritte.// Ho affidato l’orto al contadino./ Le pecore al pastore/ la musica al dio Pan».
© Anna Maria Curci
Faccio sempre quel che posso
non ho mai reciso un fiore
solo qualche foto
mai ho storpiato una nota
sono attenta ad ogni intonazione dello sguardo.
Non ho mai avanzato troppo
perché non mi fidavo della riva.
So che il passo può scivolare nella melma.
Ho lavato le parole alla fonte,
poi le ho scritte.
Ho affidato l’orto al contadino.
Le pecore al pastore
la musica al dio Pan
Devi essere cortese.
Ho detto: – Faccio quello che posso.
Pensaci tu a non far piegare
l’albero al vento
a non far passare il tempo
Ciò che scrivo
è parallelo a quel ritmo
che spezza il fiato quando si lascia la strada
e si rincorre l’avventura.
Poi quel ritmo si frantuma in parole –
ne esco quando il sonno
diventa la mia terra d’origine
ritrovo il mio regno
mi giro e sorrido nel riconoscere
il tratto già percorso
Quello che non volevo era che il tempo
sfilasse come un treno
rincorso, preso, qualche volta perso
Mi volevo spargere per le strade del mondo
invece sono qui, viaggio nelle storie degli altri
annidata in un silenzio che rode ricordi
rubo immagini e racconti
dallo sguardo del narratore
Gioco con i raggi del sole
Pazienza, coraggio, noia.
Sopportare, apprendere, insegnare, gioia,
avventura, sventura, la ragnatela,
l’amore sempre.
Tante cose mi hanno già detto addio,
le porto nell’anima come suoni gentili
tra i viali del bosco.
Io lo conosco, andavo per funghi e folletti
e sguardi intensi di viole
misuravo i passi, tendevo l’orecchio ad ogni
battito delle foglie, al passo felpato della lepre
con la voglia di trovare,
con la voglia di giocare.
Ora mi porto dentro il peso di questa terra
che rifiuta, giustifica e nasconde il cuore.
Provo a chiedere perdono
Carla De Angelis è nata e vive a Roma. Suoi testi sono presenti in riviste e opere collettanee edite da Perrone, Estroverso, David & Matthaus, Limina Mentis, Delta3, Pagine, Aletti, Fara. Nel 1995 il Presidente della Repubblica le ha conferito l’onorificenza di Cavaliere. Con Fara Editore ha pubblicato in poesia: Salutami il mare (2006), A dieci minuti da Urano (2010), I giorni e le strade (2014). Del 2011 è Mi vestirei di mare (Progetto Cultura). Ha ideato e cocurato l’antologia Corviale cerca poeti per la Biblioteca “Renato Nicolini” di Roma e, con Stefano Martello, i saggi Diversità apparenti (2007), Il resto (parziale) della storia (2008), Il valore dello scarto (2016). Nel 2017 ha pubblicato con Fara Editore la raccolta Mi fido del mare.