
ICELANDIA
Ti devi rallegrare di questa conoscenza pesante raggiunta fra banchi di ghiaccio
Harry Martinson, Le erbe nella Thule
Da fuoco e gelo contrapposti
Scaturiscono contrastate armonie
Alla fine dell’aurora
Inizia una nuova notte
Tra lembi di luce sottile
“Quale occhio umano
potrebbe guardare attraverso
il suo velo intessuto di nero?”
Percorriamo vie luminose e buie
Per estreme regioni ulteriori
Ascoltando il sillabare dei venti
Profezie di sibille marine
Evocano velieri naufragati
Tra icebergs biancoazzurri
Neve e lava si contendono gelide rive
Mentre i fiori artici (non esistono)
Si aprono sulla terra nera e dura
Frangendosi in ghiacciati frammenti
Parola cianotica
Rotola nel giorno
E cade improvvisa
Come passero morto
Dal ramo
***
Prendendo in consegna la notte
Navigare per i fiordi interiori
Estendendo il dominio dei giorni
Fino all’ultimo estraneo confine
Dove si scontrano silenzio e cecità
Noi siamo un’isola
Avvolta da vapori
E tempeste di vento artico
Vulcani incrostati di ghiaccio
Emersi da acque di tenebra
Spettrali nella luce livida
Di crepuscolari mattini
Accerchiati dal gelo
Eruttiamo fiamme
Dai nostri abissi
Circondando ogni cosa
Che ci è prossima
Con un’aura mefitica
Di veleni e cenere
Qualora la potenza del gelo
Si miscelasse con questi fuochi sottili
Dovremmo enumerare altre notti
In cui solo fragore di cadute
Perimetri vertiginosamente le altezze
Naufraghiamo in livide onde silenziose
Dialogando continuamente col buio
Pronunciando parole notturne
Mentre la Luna sbilenca si avvicina
Fin quasi a toccare la Terra
Astri e strade ghiacciate
Topografie dimenticate
Ci conducono all’ultima Thule
Remoto luogo dove deponiamo
Ogni frastuono diventando
Custodi silenziosi della Notte
© Lucia Guidorizzi

Una replica a “Lucia Guidorizzi, Icelandia (inedito)”
Grazie per l’accoglienza
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