Rabbia di sassi
senza lanci
Il cielo cambia balcone
rimane pergamena di domande
c’è sempre una finestra
da dove spegnere aneliti in volute di fumo paziente
pazienti i giorni
di finestra in finestra
più a sud ho avvicinato i monti a popolare uno sfondo nordico di nuvole passeggere
preparando per te nidi d’oro
di anno in anno
l’oro dei miei nidi lo so, è solo foglia
luccichio sottile
polvere
come su addobbi in terracotta
stella, fiore, quadro, cuore
fatti con forme per biscotti
ad addobbare un minuscolo abete, piccolo, ma vero,
in vaso
l’inverno era promessa, nostalgia in lingue straniere
l’estate non c’era
ma eccola l’estate
a te, nella nostra casa bianchissima
senz’addobbi
ho colorato tanto il mondo per rendercelo
allegro da farti desiderare il bianco
eccolo dunque
luce abbagliante
nella tua estate senza maniche e senza respiro
io piccola ape rimango a costruire nidi d’oro,
fragili da infrangere, com’è giusto che sia per i tuoi anni incendiari
pace saltuaria al davanzale
di finestra in finestra
ogni tanto un monte a dirmi che ho gambe e occhi,
un bosco per il resto
e volute di fumo con cui
ho imparato a spegnere i miei fuochi
mi capita a volte tuttavia
di incrociare un certo sguardo e di attendere come
la metà di un racconto
(a mia figlia)
Autunno
Hai cambiato abiti
avvolto
mascherato d’inverno
ti allontani
tra noi qualche congettura
supposizioni inedite
le vesti dell’apparenza
le stesse che nemmeno l’estate è riuscita a sfilarci
In questo bruciare di colori
cado in me stessa
frutto maturo
sprecata non colta
cado dall’albero carico
di sguardi brucianti
abusi di metafore
rimbalzo ridondante contro una dura scorza
la mia
fuori
mi faccio secca,
fredda per l’inverno
mi stingo e perdo peso
oggi sto
nascosta nelle parole
poi proverò a trascendere
la centesima storia senza gesto
una di tante
Tutto in natura
fa eco al mio precipitare
festa fragile
fino al ventre di mia madre
Gioco in rima
È gioco bambino di gran tradizione
stringere i cerchi della tenzone
è previsto uno scambio, la simmetria, la tua giravolta e dopo
la mia
Racconto sospeso imbrigliato nascosto che
cerca assonanze, una rima, il suo posto
racconto sospeso
un’intera stagione
Imbrigliato, incagliato in
chissà quale scoglio
in stallo in ritardo
groviglio d’orgoglio
Impigliato nei rami di un albero morto
poco più in là di qualcosa di storto
Una rima che sciolga la tua gola secca
e faccia leggera la nostra cilecca
Hai chiesto ho ascoltato sorriso e risposto e toccava poi a me stare al tuo posto
È gioco bambino di gran tradizione
stringere i cerchi della tenzone
è previsto uno scambio, la simmetria, la tua giravolta e dopo
la mia
Ci resta del sole
un ultimo giorno
Se ascolti e capisci
e mi zoppichi intorno
io sono l’estate
chiama
ritorno
Inciampo
Inciampo
senza coraggio
in un saluto turchese
tolgo gli occhiali
sulla tua barba
caduta
mi toglierei i vestiti invece
e poi
lentamente
sfilerei anche il corpo
vorrei, potendo,
se avessimo otto anni,
vorrei che fossimo cugini
ti porterei a funghi
a visitare case abbandonate
a guadare il torrente
(verresti?)
Ma sono caduta dentro una pietra
così: vestita e con gli occhiali
e non so come dirtelo
Il giorno numero otto
Dalle cicale ai grilli, il giorno dura un attimo, la notte fortunatamente rallenta, abbaia qualche cane, faccio benzina da sola, il taglio più piccolo, siamo alle solite, in riserva, io ed una piccola sgangherata auto blu…ti ho sognato: stanco, dove il sentiero diventa mulattiera (lì vado a piedi e non sono povera affatto) era il giorno numero otto, hai detto tu, proprio così, quello dopo sette giorni e prima del lunedì…non potevo crederci esisteva un giorno in più e tu mi stavi aspettando…
la maglietta un po’ gualcita, abbiamo riso, come vecchie conoscenze, poco prima dell’imbrunire, il giorno numero otto
*
ti ho visto muovere tra superfici,
di stordimento in stordimento
non esiste tregua non hai silenzi dove io possa sorgere
nel fitto susseguirsi delle cose il vuoto non ha luogo
e io che sono assenza
mi occulto
impercepibile mancanza
*
una tazza verde senza mano ha scatenato la pioggia
Piovo io e precipitando
tento di piovere te
Scende l’assenza in oggetti d’uso comune
alcuni si rompono
altri spariscono nel corso della notte
altri li ho rubati sonnambula e nascosti alla mia vista
si svuotano
la fame e il sonno
aspetto e chiamo una ninna nanna che odori di abete
so bene che nella pioggia ci sono alberi e così
spero che da qualche parte in me ci sia un albero che si disseta, salmastro
*
Dalla pelle in poi
ti nego
Il sole è una palla rossa
chiusa in sé stagliata scollegata
Mi sei caduto dentro con le foglie d’autunno
Ti cullo mio malgrado
I divieti appartengono all’aria là fuori
dalla pelle in poi ti nego non ci faremo gesto, è inverno
gela e si rapprende il tempo in grumi regolari
una sola finestra di sette in sette pugno chiuso di minuti
Ti guardo ferma
da qui dentro
Scioglierti piano
liquefatto nei gesti di cui gli uomini fanno vanto
uno tra molti
*
A cavallo del mio corpo
Mi spingo un po’ oltre
Ho visto galoppare altri
sulla linea dell’orizzonte
Pochi sparuti e simili pur montando cavalcature così diverse
Siamo tutti stranieri eppure ci si riconosce
stanchi ma infiammabili ad una singola scintilla
Siamo stati dispersi ricordiamo a fatica
ma fremono i cavalli ad ogni incontro
E ci stiamo dirigendo verso il luogo convenuto
.
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Laura Moro è danzatrice, coreografa e didatta nell’ambito della danza contemporanea. Ha lavorato per vent’anni in Nord Europa. Con Matteo Cusinato – compositore – ha fondato l’associazione culturale ART(H)EMIGRA SATELLITE, collettivo artistico e “incubatore nomade” dove i linguaggi scenici diventano strumenti di indagine e riflessione sull’essere umano e sulla sua evoluzione gnoseologica, etica e sociale in relazione a luoghi e paesaggi.
Ha danzato presso varie compagnie. È oggi docente di ricerca coreografica presso Accademia Teatrale Veneta – Giudecca, Venezia; nel 2014 e 2015 è stata assistente al direttore Biennale Danza, Virgilio Sieni.