PASSIONE POESIA – Letture di poesia contemporanea 1990-2015.
A cura di Sebastiano Aglieco, Luigi Cannillo, Nino Iacovella, Edizioni CFR/Gianmario Lucini. Direttore Editoriale: Fabrizio Bianchi, 2016
Confino ancora con una parola e con un’altra terra,
confino, per quanto poco, con tutto, sempre più,
boemo, cantore nomade, che non ha nulla, che nulla trattiene,
con il solo talento del mare oramai, ch’è controverso, terra mia eletta da vedere.
Ingeborg Bachmann
(da La Boemia è sul mare, trad. di A.M. Curci)
Già nel titolo e nella terna di agili saggi introduttivi, i curatori di Passione poesia, Sebastiano Aglieco, Luigi Cannillo e Nino Iacovella, manifestano una chiarezza di intenti e una correttezza nel metodo che sarà mantenuta per tutto il volume. L’equilibrio, appassionato e lucido allo stesso tempo, tra principio di piacere e principio di realtà, si fa incontro a chi legge fin dalla dedica: «I curatori dedicano questo libro alla memoria di Gianmario Lucini, poeta e illuminato editore che ha sempre contribuito con entusiasmo alla divulgazione della poesia contemporanea.» Proprio con entusiasmo e operosità illuminata il volume, che viene non a caso presentato come “progetto”, raccoglie il testimone che Gianmario Lucini ci ha consegnato con tutta la sua opera e in particolare con la serie di Poeti e poetiche.
Di ciascuno dei tre saggi introduttivi mi sembra utile riportare qui alcune considerazioni che costituiscono una valida bussola per orientarsi nel «mare oramai, ch’è controverso, terra mia eletta da vedere» – ricorro al verso conclusivo della poesia La Boemia è sul mare Ingeborg Bachmann – di Passione Poesia, che raccoglie le letture di oltre cento (115) poeti e critici su altrettante composizioni di autori scelti in un arco temporale che abbraccia un quarto di secolo, dall’indomani della “caduta” del muro di Berlino alla metà degli anni Dieci del terzo millennio, dal 1990 al 2015. Nel suo saggio Giro di boa, Luigi Cannillo declina le diverse nature della poesia, che è ai suoi occhi (e sottoscrivo) «pensiero, evocazione, gioia, ricerca, parola» e sottolinea l’empatia tra chi legge e chi scrive. Troppo poco? Troppo vago? Taluno storce la bocca? Talaltro invoca la critica militante “che ha perduto e che ha sì cara”? Anche qui, con un ammirevole equilibrio tra principio di piacere e principio di realtà, tra slancio e constatazione di confini e limiti, la passione è definita, dinamicamente (ancora una volta, una promessa che poi viene mantenuta) come «processo che unisce impulso, attrazione e mutamento nel lettore». In Poesia e critica d’oggi, Sebastiano Aglieco richiama momenti di incontro e scontro tra poesia e critica, tratteggia, a partire da Voltaire e dalla sua apostrofe, “barbara”, alla poesia di Shakespeare, i momenti salienti di una storia della critica fino a oggi e rivendica alla critica la natura di «libero esercizio del cuore e della mente». In Marginalità della poesia, poesia marginale, Nino Iacovella ritorna sulla questione dei confini e della emarginazione e di critica e di poesia. Ricostruisce un contesto di manifestazione e attività di poeti e poesia che si sottrae, come ricordava Zanzotto, alla definizione tout court. Con un sonoro “eppure”, che riecheggia la parola scelta da Hilde Domin, autrice di raccolte di poesie e di saggi che hanno a pieno diritto rappresentato un punto fondamentale di (ri)partenza per la “passione poesia”, Iacovella conferisce tuttavia proprio a questa il carattere di argine alla valanga dell’effimero che rischia di travolgere in poltiglia indistinta la perenne “fuga” (Zanzotto) della parola poetica.
Sono numerose le possibilità di combinazione di ideali sequenze nella varietà di testi e di approcci. All’occhio e all’orecchio attenti non sfugge questa preziosa opportunità di riconoscerle e approfondirle, sia, per quanto riguarda i testi poetici proposti, che si proceda per generi – poesia narrativa, poesia epica, poesia lirica, poesia elegiaca, poesia dialettale, commiato e frammento – sia che si proceda per tematiche – la storia, la follia, l’erotismo, la dimensione creaturale, la natura – sia, infine, che si proceda per aree geografiche (il Nord-Est, il Meridione, la Grande Città).
La domanda che spesso affiora alle labbra quando ci troviamo dinanzi ad antologie più o meno corpose, senz’altro copiose nel loro apparire, è “a chi giova”? Giova a molti, il progetto Passione poesia, giova nel senso prossimo a quel prodesse che si affianca a delectare nella celebre accoppiata oraziana. Giova a chi, mosso da autentica passione e studio, più che abbandonarsi supinamente al rollio di una nave di cui pensa di conoscere a menadito la rotta, riparte rinfrancato dal rinnovato stupore scaturito da conferme e sorprese. Attenzione: le conferme circa i grandi e i noti non sono mai una stanca ripetizione di cliché interpretativi, ma – anche quando si palesano nella veste dell’omaggio – si concretizzano piuttosto in una esplorazione che individua legami intertestuali, che traccia linee di ulteriore ricerca, che raggruppa, sintetizza, illumina peculiarità e sposta in avanti l’orizzonte. Le sorprese, poi, sono davvero succulente, ché la sapienza è anche far incontrare il palato della poesia con gusti prima sconosciuti, allenarne l’orecchio a voci nuove. Una delle tante sorprese in tal senso è la poesia di Alfonso Guida, presentata da Marco Munaro. Il progetto giova a chi, per contro, si accosta desideroso di scoprire piste di lettura nelle quali muove i primi passi e che riceve qui indicazioni e sollecitazioni, inseriti in cornici di riferimento che uniscono l’ampio respiro al procedere agile. Ancora: il progetto giova a chi voglia seguire il percorso della poesia italiana contemporanea con il piglio dello storico della letteratura, sottraendola così alla tanto sbandierata – recentissima è la polemica scatenata su una testata giornalistica e rimbalzata in toni e rivoli vari sui social – “evaporazione” (ricorro qui al titolo di un brano degli Area: «Abbiamo perso la memoria del XV secolo», recitava il testo) della sostanza poetica nel flusso eccessivo del “tutti poeti, nessun poeta”. Tralascio allora volutamente l’aggettivo “necessaria” e scrivo, semplicemente, che Passione poesia è lettura che giova.
© Anna Maria Curci
***
Alfonso Guida
Qual è il mio nome? Non ne riconosco
la radice, la mera gestazione
che, pur senza inchiostro né fuoco, bolle,
ribolle. Guardo il soffitto. Saluto
le pietruzze di catrame, io stesso, qui,
catrame e amianto, destrezza e lacuna.
Dovrò assolutamente riposare.
Devo riposare. È una privazione,
questa, che mi capovolge la mente.
Tentavi di spiegarmelo più volte –
la mente, la mente, la mente. Cosa
perdona il fatto di entrare in possesso
di una mente? Ne ho una? Allora morirne.
Strattonarne le angolature. Parte
di questa passione è là nel passato,
l’era del presente. Quanto ci sfugge
rimane. Quanto rimane ci sfugge.
Mi chiedo ancora cosa avesse Rosa
dentro la borsetta di finta pelle.
Quel color cachi, quel modo di scendere
le scale, la congerie turbinata
delle risa nascoste da una mano.
Cosa c’era dentro quella borsetta?
Le mie revolverate, le sue stanche
medicine, la nostra soverchiata
meditazione? E cosa dicevamo
quando si meditava? Non so. È vero.
Non so. Non so affatto ciò che dicevo
meditando. “Si è spezzato il cervello”.
Rosa arava il suo labirinto. Invece
bisognava che stessimo insieme a non
distruggere le tante ore trascorse
come Circe a trasformare Bisanzio.
Lei con la sua borsetta ripeteva
l’incombente mistura dei veleni
notturni. Io edulcoravo i suoi occhi. Una tragica
sera d’ottobre fuggimmo. Correndo
le chiedevo: qual è il mio nome? Cosa
diranno? Noi abbiamo bruciato il fiore
dello Jonio. Ti prego non obbedire,
non sottostare alla tua mente. A mezzo
di quale sangue ho perduto il mio nome?
da: Alfonso Guida, Poesie per Tiziana, Il Ponte del Sale, Rovigo, 2015
Poesie per Tiziana
di Marco Munaro
La comune difficoltà di presentare un intero mondo poetico attraverso un solo testo esemplare si scontra, nel caso di Alfonso Guida e del suo ultimo libro, Poesie per Tiziana (Il Ponte del Sale, Rovigo 2015), con il rischio del ridicolo. Guida è un poeta oceanico, Poesie per Tiziana un poema di oltre ottomila versi, scritto in tre mesi. E non si tratta di un’eccezione – per quanto prodigiosa – ma di un modo di essere, di sopravvivere, per questo poeta, letteralmente costretto a scrivere per non annegare nelle parole. Alla vastità e ricchezza della lingua (anche sul piano lessicale, dai termini tecnici ai neologismi) si aggiunge la vastità dello spazio, della geografia poetica, che è sterminata. Include certo il Sud (le grandi mappe di Lucania), Cristo, la Grecia e la Bibbia, i sortilegi di un vivere sotto le unghie delle fate, ma anche le creature sottomarine e i paesaggi polari, l’artico, l’antartico. I capelli di Anna Frank.
La dedizione fa di Guida un poeta irriducibile all’ecumene – in cammino sulla via della guarigione e della comprensione di sé. Più simile a poeti immaginari che a qualunque altro poeta italiano. Eppure. Nella forma di lettere in endecasillabi tortili indirizzate a Tiziana, il suo medico, Guida compone un poema che si svolge tra la rupe scoscesa dell’infanzia e il luogo marino della possibile liberazione (Guida è stato ricoverato per un periodo durato circa otto anni in un ospedale psichiatrico a Policoro da lui ribattezzato Torremozza). Si tratta di una storia clinica di sicuro interesse anche per la scienza. Il poeta tesse, sull’arcolaio ustorio del Sud, la sua interminabile tela di memorie ancestrali e di crude descrizioni del male che si intrecciano a immagini di putrefazione e di generazione continua e perfino mostruosa. Chi parla o meglio versa parole è uno che ha attraversato il silenzio, che ha fatto esperienza dell’ammutolire. E ora vocifera.
L’andamento di questo “compendio” (come lo definisce lo stesso autore in una nota) è quieto, analitico e visionario insieme: il lettore si trova sempre all’interno di qualcosa di molto più vasto di lui, come in un gigantesco gorgo nel quale la realtà nominata vortica e prende forma per essere inghiottita di nuovo. Ogni stanza è un mulinello nel vortice vinoso del poema, denso come il sangue (bolle, ribolle). È il fluire dell’anima prigioniera, nel buio, che torna a essere libera nelle sue visioni dopo aver provato il veleno dei farmaci, la furia dell’insonnia. È il corpo di un fanciullo esanime, su cui si accanisce l’angelo crudele della malattia (L’immanenza eruttiva e divergente / dei collegamenti extrasensoriali / si alternava all’esercizio temporaneo / dei rimorsi). Ma ecco che ruotando ossessivamente su se stesso in un fluire che sembra non avere fine né mutamento – fluire rotto come di onde immense –, ecco che a un certo punto lo sguardo si volge agli altri, ai compagni, e allora prendono vita le figure e le storie di Gino, ad esempio, e soprattutto di Rosa. Il poema dell’io e del tu lascia il posto al romanzo. L’inno alla pietà.
Il testo che, dopo molte incertezze, propongo al lettore invitandolo ad intraprendere la lettura integrale dell’opera, si trova nelle ultime pagine del libro. Siamo a Torremozza, poco prima che il racconto si chiuda con la visione rasserenatrice di San Mauro Forte sotto la neve (Mia madre dice che a San Mauro nevica, è l’ultimo verso), circolarmente come si era aperto, a San Mauro, con l’annuncio a Tiziana della partenza per Torremozza (Oggi verrò da te). Altro gorgo. Ora, invece, il protagonista e i suoi compagni sono fuggiti. Si tocca qui forse il punto più fondo della privazione che è il germe del poema (Noi abbiamo bruciato / il fiore dello Jonio), e insieme la tecnica che guida, ad ogni livello, fin dalla sua “gestazione” la composizione lungo innumerevoli variazioni: a Tiziana fa da contrappunto l’io, all’io gli altri, i compagni internati e in fuga, alla figura del padre quella opposta della madre, al pieno rappresentato dalle descrizioni minuziose e perfino puntigliose di piante o animali o oggetti (la borsetta di Rosa; la risata di Rosa; i dettagli) il vuoto abissale della mente capovolta; a San Mauro, Torremozza; al racconto veristico, la visione; alla cura della nominazione la perdita del proprio nome; al canto salmodiante il nudo referto; al panismo il richiamo al martirio; al gigantismo l’accecamento e la miniaturizzazione, e così via. La mente, dice Guida, è ferita da un coltello (Lo stesso con cui avevano aperto / la pancia a mia madre per farmi uscire, squarciata / da un fulmine metà uomo metà uccello).
La manìa, la possessione e altre testimonianze della presenza del divino (A furia / di rendere il confine illimitato / mi si straniò la mente e chiusi il guado / del corpo. Allora vidi quello che tu / chiami manicomio) sconfinano in forme supreme di conoscenza: e spesso la liturgia di Guida diventa sapienziale e epigrammatica, nel brano proposto eraclitea: Quanto ci sfugge / rimane. Quanto rimane ci sfugge. Oppure innesta nei miti la rivelazione cristiana, la vita dei santi e quella dei poeti più amati, slavi come Dostoevskij, Mandel’štam, o Celan (e in questo senso può forse intendersi l’enigmatico verso come Circe a trasformare Bisanzio). Dualismo di anima e corpo? di cervello e mente? Buona parte della sapienza sacra è stata storicamente una forma di dannazione o di santità. O di entrambe. Ma al di là della lettura scientifica o filosofica o religiosa o storico-culturale, letture che si possono legittimamente proporre, resta di questo libro lo strano vigore di una poesia totale, in cui la mente sembra abbracciare nel suo lampo tutto e tutti, persino se stessa, nel rovescio di se stessa.
Alfonso Guida (1973) è nato e vive a San Mauro Forte, in Lucania. La sua opera prima è Il sogno, la follia, l’altra morte a cura del Laboratorio delle Arti, Milano, seguita dalla plaquette s.i.e. Le spoglie divise (Quindici stanze per Rocco Scotellaro). Suoi versi sono apparsi su diverse riviste e antologie italiane, fra le quali Poesia. Ha approfondito in particolare l’opera di Beppe Salvia, Dario Bellezza, Amelia Rosselli e Paul Celan. Con Poiesis, Alberobello (BA), ha pubblicato nel 2011 la raccolta Il dono dell’occhio e nel 2012 il lungo poema Irpinia. Nel 2013, per Aragno, Torino, è uscito il diario in endecasillabi sciolti Ad ogni passo del sempre. Nel 2014 ha pubblicato per LietoColle, Faloppio (CO), L’acqua al cervello è una foglia, raccolta di madrigali dedicati, omaggio a Petrarca, Buonarroti, Pascoli. Nel 2015, per Il Ponte del Sale, Rovigo, escono Poesie per Tiziana, il compendio di un’esperienza psichiatrica e psicoanalitica di oltre ottomila versi.
da: Passione poesia, pp. 179-181
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Il progetto, già presentato il 22 febbraio scorso alla libreria Odradek di Roma, sarà presentato nelle date indicate di seguito:
27 febbraio, ore 17.30 – Milano, Biblioteca Centrale, Sala del Grechetto – via F. Sforza 7
4 marzo, ore 18.00 – Milano – Artkademy, via D. Bussola 4
11 marzo ore 9.30 – Cagliari – Liceo Ginnasio G. Dettori – via P. Cugia 2
15 marzo, ore 18.00 – Trieste – Caffé San Marco – via C. Battisti, 18
16 marzo, ore 18.00 – Udine – Libreria Tarantola – via Vittorio Veneto, 20
5 aprile, ore 18.00 – Napoli – Caffé e Bistrot Letterario “Il tempo del vino e delle rose” – piazza Dante 44/45
13 maggio, ore 18.00 –Genova, Stanza della Poesia, Palazzo Ducale – piazza Matteotti 78/r