
Al Padre
In te, petrosa quercia,
per noi che sue bacche chiamava?
o in questo faggio? o leccio?
o in quel rugoso olmo
di cui sàmare
fummo?
O forse in ogni arbusto,
tralcio, filo d’erba, fiore;
forse in estraneo cielo
nell’ondulosa palma;
in fondo al mare
alga?
Riconsegnato dalla morte al tutto
e in me tua figlia come figlio posto e nella donna dal cui grembo alla vita dell’uomo mi traevi,
non in noi morto,
padre,
dove ti nascondi o sveli?
Se ci volgiamo verso te, ci vedi?
Odi, se ti chiamiamo?
Quando in sogno ci teniamo per mano
sei tu avvinto là dove ti muovi?
Ancora
io cerco in te dimora. E tue le palpebre al mio dormire voglio;
e la tua fronte, tetto;
e i panorami del tuo cuore, unica terra.
Uomo, guardavi sempre al cielo, e:
– Vedi –
narravi – quanti vascelli rosa
per quel mare. Vanno e con loro
va la vita, fino a sciogliersi in pianto. –
Quanto, quanto pianto da noi
e lacrime dal cielo su te
pietra.
Nella pioggia sepolto, forse con lei disciolto
per le vene del mondo,
negli alterni bagliori del sole e della luna,
linfa di qual creatura,
quale creatura, o il tutto, invocheremo padre?
Senti tu almeno universale dove, imperituro quale, dentro noi affannoso rincorrere memorie?
e darti un corpo in quel che tu per noi
corpo alla felice vita vestivi?
Senti?
Nei tuoi fiati ignoti è il respirare fosco
di noi che, vive, usiamo il tuo soffio mortale. Nutrirci in te ancora e nutrirti per sempre
in una, più ostinata della morte, amorosa rapina.
– Sento –.
da: Paola Masino, Poesie, Milano, Bompiani, 1947.
Una replica a “Poeti della domenica #27: Paola Masino, Al Padre”
Considero questa poesia un regalo per me che oggi piango il trentacinquesimo anno dalla morte di mio padre. Grazie per averla pubblicata proprio oggi.
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