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Helicotrema 2015. Cronaca di un festival a “orecchie aperte”

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Helicotrema è il festival dell’audio registrato curato dal collettivo Blauer Hase e Giulia Morucchio e che, tra le tappe della quarta edizione, ha toccato anche Forte Marghera a Mestre, Venezia, in collaborazione con Eventi Arte Venezia e Live Arts Cultures.
Moltissimi gli artisti che hanno partecipato con una o più opere (qui), alcuni tra questi rispondendo all’open call lanciata qualche mese fa. Pochi fra loro sono stati presenti fisicamente e, tra questi, Giovanni Lami o ZimmerFrei, che hanno portano nei luoghi del festival due live set di cui però non tratterò (si può leggerne di più qui e qui). Inoltre, interessante è stato l’intervento di bioacustica di Luca Mamprin, che ha riportato gli esiti di alcuni studi condotti sui pipistrelli e sulla loro forma di comunicazione, appunto, sonora e acustica; oppure l’installazione di Naeem Mohaiemen e Paris Furst Voglio andare alla biennale (2015).
IMG_20150927_131154Gli organizzatori hanno da poco rilasciato un’ampia intervista su PIZZADIGITALE (a cura di Matteo Efrem Rossi, da leggere qui) in cui spiegano cosa il festival proponga e come, tra “ascolti collettivi, paesaggi sonori, radiodrammi, opere sonore e radio-documentari”. “Ascolto collettivo e puro” sono le chiavi per accedere alle diverse sessioni, percorsi che sono stati costruiti rispettando un’architettura – dell’ascolto e degli ascolti -, talvolta smontandola dalle fondamenta.
Una cronaca completa non pare possibile in questo caso, e non potrebbe mai essere esaustiva quanto l’esperienza della partecipazione, quanto la condivisione della ricchezza delle proposte. E tuttavia si possono isolare alcune parti, parlarne brevemente, lasciare (o lanciare) una traccia minima di “quel presente” anche in questo presente, progettando un futuro.
Quando si sceglie di assistere a un evento come questo ci si pone almeno un paio di domande: quale genere di ascoltatore sono? E soprattutto: da che parte sto? Alla prima si risponde con “consapevole e incosciente” insieme, pronto all’imprevedibilità che la formula del “solo ascolto” – non in presenza di un esecutore (questo non vale per i live set, ovviamente) – suggerisce, perché all’opposto, quando si assiste a qualcosa che comprenda anche una parte di “visione”, si è (o si diventa) spettatori. Dalla parte dell’ascoltatore(-fruitore), infatti, “dentro il recinto dell’ascolto”, è l’unica parte possibile che si possa assumere qui che risponda anche alla seconda domanda: la relazione in atto, cruciale, si ha tra mezzo e orecchio; è, cioè, acustica. Si è, quindi, uditori. Prendere parte a Helicotrema risulta essere, dunque, un atto critico che porta non a spiegare ciò che si ascolta, ma a cogliere anche nel senso etimologico di “restringere in minor spazio”; soprattutto insegna ad accogliere, ossia “raccogliere presso di sé” in una dimensione condivisa.
IMG_20150928_111217Alcune istantanee da restituire. I lavori narrativi – e diversissimi fra loro – di Bianca Pitzorno I morti a Venezia e Anibal Parada & Lydia Lunch It takes one to know one: allucinato il primo, è un racconto che rievoca, attraverso la voce e il sound design, un passato mancante e fantasma; il secondo, ispirato a un fatto reale (lo scandalo di Dominique Strauss-Kahn), è un testo drammattizzato, un esercizio isolato. In entrambi l’atmosfera è parte fondamentale del lavoro, così come l’interpretazione delle voci, in italiano e in inglese. Ancora narrative, le opere di Danilo Correale, che legge un testo apocrifo di Sartre, e di Filippo Andreatta, con il suo Diario, vero e proprio diario di bordo che apre a riflessioni peculiari sui suoi studi riguardanti Josef Albers; ma anche i 9 Portraits di David Bernstein, storie personali lasciate ispirare da opere di arte contemporanea.
Tra le opere di poesia, sperimentale e non, oltre alle tre proposte di Mariangela Gualtieri, può essere d’obbligo citare i lavori di Isabella Bordoni in cui la voce risignifica la parola, di Mariateresa Sartori e di Caroline Bergvall; poetessa e sound artist quest’ultima, in particolare, opera un lavoro sul suono che diventa spazio, utilizzando loop, delay, reverse, canto e parola. La ripetizione diventa significato.
La parola è ancora al centro nel lavoro di Alessandro Bosetti, articolatissimo e spiegato qui, mentre Irene Rossini e Davide Spillari presentano il documentario sonoro Good Holidaysss!, che fa pensare a uno stretto legame con la storia orale.
Campionamenti, composizione melodica, voci ed elaborazione sonora rientrano nell’opera di Carlotta Borasco e Diego Giannettoni A cosa stai pensando?. La sessione Private Dreams, infine, a cura di Johann Merrich porta dentro la storia della musica radiogenica, della radiofonia e dell’audiolibro (e tra le scelte anche un estratto audio di Anais Nïn).
Fuori dall’imperativo dell’immagine – quasi sempre – ci si chiede cosa (se c’è) diventi imperativo, oltre all’attenzione che chi ascolta pone nei confronti di queste opere. Si potrebbe dire – ma solo in parte – il linguaggio, che non è mai lo stesso dal momento che l’ascolto lo trasforma, ulteriormente. Perciò e infine, si potrebbe forse parafrasare Wittgenstein che affermava “i limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo”; a Helicotrema “i limiti del mio ascolto significano i limiti del mio mondo”.

© Alessandra Trevisan

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Il festival proseguirà a Firenze, nell’ambito di Sonic Somatic. Maggiori info qui.


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