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Una frase lunga un libro #28: Rossella Milone, Il silenzio del lottatore

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Una frase lunga un libro #28: Rossella Milone, Il silenzio del lottatore,  Minimum fax, 2015. € 14,00 ebook € 6,99

«Io, di notte, devo chiudere sempre tutte le ante dei cassetti e degli armadi – perché è da lì che escono fuori gli spiriti». «Ma quali spiriti, don Alfonso?» «Eh. Gli spiritelli. Non proprio fantasmi. Più una specie di energia: avete presente l’energia che ci teniamo dentro? Quel bagliore? Quella luccicanza? » «Quale luccicanza?» «Sai quel flusso, quell’ammuina che si ammassa, dentro alla testa e pure nelle mura e nelle case. Tutta quella roba che non vediamo ma che non ci fa dormire di notte». «E questo bagliore esce fuori dai cassetti?» «Eh. Quello viene fuori da tutte le parti. S’accumula».

Questo breve scambio di battute è contenuto in Luccicanza, il quarto dei sei racconti che compongono Il silenzio del lottatore di Rossella Milone, eppure queste cinque o sei righe ci possono dire molto di quello che troveremo anche nelle altre storie. La scrittrice napoletana mostra con una bellissima prosa e una notevole tecnica tutta quella roba che non vediamo ma che non ci fa dormire di notte e l’energia e il bagliore che … viene fuori da tutte le parti. S’accumula. Prende la roba e la fa diventare visibile, apre i cassetti, gli armadi, le finestre, ci fa affacciare al balcone, per guardare il bagliore mentre se ne esce di casa. Quel bagliore che è diventato la nostra schiena, noi che ce ne stiamo andando, che – forse – ci stiamo salvando. Non avevo mai letto nulla di Rossella Milone (immagino che andrò a recuperare), sono rimasto colpito dall’energia, dalla forza della sua scrittura, in fondo la scrittrice è il lottatore che colpisce ma lo fa con armonia, come facevano i grandi pugili (quelli che ha saputo raccontare Joyce Carol Oates), questi racconti sono come un pugile che danza e che vince, ma il KO non è quello che conta, conta il modo in cui il pugile ci arriva.

Alcuni hanno sottolineato come Il silenzio del lottatore abbia il passo del romanzo, per quel filo molto solido che lega i racconti, per i rimandi che una storia fa all’altra, per una protagonista che qualche volta potrebbe anche essere la stessa, ma non necessariamente, però sono racconti, sono magnifici racconti e leggerli, e poi rileggerli, è pura gioia, si ha la sensazione (tanto per citare Carver una volta di più) di avere tra le mani qualcosa di grosso. Le protagoniste sono femminili e le storie, come abbiamo detto, si richiamano, ma sono anche slegate e potenti da sole, sono rette da quello che la Milone ci dice ma anche da tutto quello che non ci dice, tutto quello che c’è prima o dopo di un racconto. Davanti a un buon racconto ci viene concesso un ulteriore privilegio, non secondario alla lettura, quello dell’immaginazione, dove le donne, bambine, nonne, ragazze finiscono noi continuiamo. Siamo sazi ma pronunciamo un chissà.

La Milone scrive di traumi, di perdita, di rinuncia, di strappi, di lacerazioni, di quotidiano e di inaspettato. Scrive delle cose possibile e credibili, il suo realismo non si limita alla fotografia del tempo, ma anche a quello che è rimasto fuori dallo scatto, il bagliore è anche il motivo dello scatto ed è la foto venuta male, quella sfocata, quella sovraesposta. Quello che lega le persone, è questo, credo, il tema. Ci lega l’amore e ci lega l’indifferenza ci fa restare la tenerezza e ci fa restare la malattia.  A volte voltiamo le spalle per paura a volte per troppo amore, perché è il momento. Quando siamo chiusi nelle nostre case, dove i conti devono tornare, le calcolatrici si rompono, noi andiamo fuori giri e comincia la lotta. Dico noi perché se è vero che le protagoniste sono donne, è un gran merito di Rossella Milone il saper tratteggiare anche gli uomini, che passano da protagonisti a comprimari, o viceversa, ma sempre a fuoco. Sono le donne che quasi sempre scelgono, ma c’è dignità anche in chi con queste scelte si misura. La vitalità di questi racconti è universale. Le donne della Milone ci mostrano anche che a volte agiamo prima di aver compreso il motivo dell’azione, e non è troppo presto, è istinto, è sopravvivenza.

Ho volutamente evitato accenni diretti ai racconti, mi piacerebbe davvero che fossero letti e che vi fosse riservato lo stesso stupore che è toccato a me. Prima di chiudere aggiungo soltanto che ci sono molti modi per scrivere una storia, pochi quelli che riescono a stare lontani dalla retorica; Rossella Milone non corre questi rischi nemmeno quando racconta la malattia, sa invece come mostrare il limite, come oltrepassarlo, commuovere se necessario.

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©Gianni Montieri  su Twitter @giannimontieri

2 risposte a “Una frase lunga un libro #28: Rossella Milone, Il silenzio del lottatore”


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