
Il tendone era pieno, stamattina, e Davide Longo raccontava − in mezz’ora, non di più − per brevi linee la storia dell’Otello. Il tracciato, sotto la trama, era chiarissimo: Desdemona si innamora non di Otello, ma del racconto che il Moro fa di sé. E così Otello non si innamora di Desdemona, ma del fatto che lei ami la sua narrazione. E per bugia, versata in un orecchio come altrove in Shakespeare si fa con il veleno, si muovono le pedine che portano alla conclusione.
Lo sentiamo ovunque, a Mantova, questo brusio, questa potenza di racconto che ci porta da una viuzza all’altra e ci costringe a fare capolino a eventi cui a malincuore pensavamo di dover rinunciare, brusio che nelle piazze diventa scossa tellurica, boato, ora che il week-end e il clima dolce permettono a chi non c’era ancora di arrivare, mentre si prosegue anche da stanchi perché dietro ogni angolo potrebbe esserci l’evento cui, l’autore al quale, il libro che.
Ieri ho avuto la fortuna di poter assistere comodamente all’incontro tra Stefano Jossa e le due scrittrici Michela Murgia e Chiara Valerio. Intendo, per “comodamente”, una poltrona abbastanza confortevole da accogliere tutta una serie di gestualità, dalla risata più gustosa all’accoccolìo più arrendevole di rapimento e stupore. Il tema era il ritorno (o meno, e in che forma) dell’eroe nel panorama letterario, e in quale modo il nostro immaginario individuale e collettivo possa avere recepito o a sua volta restituito figure d’eroe; con un gesto che ho amato alla follia dal primo istante, le creature letterarie scelte da Michela Murgia e Chiara Valerio per inserirsi nella discussione sono state, rispettivamente, Morgana e Lady Oscar. A colpirmi subito di Chiara Valerio è quanto vorrebbe dirci e come non potrebbe dirlo meglio: se fossi stata a digiuno del manga in questione avrei deciso di recuperare, ahimé irrecuperabilmente, un’esperienza che per profondità e raffinatezza raccomando a tutti. Lo snodo forse più interessante del discorso riguarda una possibile questione di genere, un guizzo d’idea che ad Oscar, nata donna ma costretta dal padre a crescere uomo fino a entrare nelle guardie del re (siamo nei pressi della Rivoluzione Francese), sia stato possibile diventare eroe solo nascondendo, nel vestiario come a livello più profondo, la sua femminilità; per la scrittrice il discorso è più fine: «Lady Oscar è l’oggetto del desiderio di ogni uomo e donzella di Francia perché è “la cosa più bella del mondo”, al di là di ogni identificazione sessuale.» Non donna che per essere eroe deve essere uomo, ma donna che è eroe perché uomo, donna, entrambi, soprattutto nessuno dei due. Presente un discorso di genere, invece, in Morgana, «potere impazzito, mistica non controllabile, spiritualità opposta e nemica a Merlino». Ne parla Michela Murgia, e ascoltarla è posare gli occhi su un lavoro di oreficeria: ha una voce buia, dolce, che narra il percorso della fata da personaggio del ciclo arturiano a voce autonoma, come nel romanzo di Marion Zimmer Bradley Le nebbie di Avalon. «Morgana non è fatta per raccontare che magnifico esemplare è il maschio che l’accompagna; […] senza rompere il sistema, ne è fuori, né madre, né moglie, né figlia. […] Il suo potere non ha bisogno di uccidere i padri. L’eroina non uccide le madri, le assorbe.»
A proposito di orecchio. Nel momento in cui stendo questo articolo sto per raggiungere Lella Costa ad un evento sulla storia di Emergency. Non l’ho mai incontrata di persona. Quando penso alla sua voce mi vengono in mente due precise cose care: Reva Shayne (perdonate la mia anima pop) e una delle più belle letture di Perdonatemi perdonatemi perdonatemi di Amelia Rosselli. Anche − o soprattutto − per questo accostamento così ardito, la sua voce è, per me, uno degli strumenti musicali più belli. Ha, come tutto quello di cui vi ho parlato finora, una gran bella virtù, che è la grazia.
© Giovanna Amato