
Apre la pista l’indaco, fa velo
al fonema più tondo per l’accento
di primavera o falsa nello stelo
che spancia al tuo colpo di vento;
l’imbuto del dì è fantaspiga
nel prato del pronome relativo
tutto in salita, fino alla boschiva
ipotesi di un complemento;
non lupo né favola ma il dosso
dove fiorisci azzurra tra le more.
Prende coraggio, vuota il sacco il fosso
esperanto di salici e di gore.
(ottobre 2013, inedito)
*
Non abito il tuo mondo. Sono solo
un’ombra reticente, ferroviaria
destrezza di ganasce che dal niente
macina passi verso il corridoio
della tua sera, il sabato o quant’altro
giorno fra i segnaposti ci accontenta
entrambi, io la vettura
in transito, tu il capostazione
che sorride al convoglio, lo rallenta
fino al porto che ancora
riapre i suoi fiordi, stiva
la brace del tuo sesso sulla riva
delle mie mani, i seni sulle labbra.
Non abito il tuo mondo, eppure siamo
in uno stesso affondo di pareti
e limature livide di vuoti
e pieni, oscura gloria
di una stesura sempre provvisoria;
non sai chi siamo, io so
che mi attende il tuo sesso come un dono
insperato e tangibile di piena,
fiume che mi trapassa, ora serena
in deroga, cambiale di un perdono
mai arrivata all’incasso, Dio in ammollo
di fibre e umori, e ancóra
membra allacciate contro la malora
dei tempi; e il tuo non-essere
specularmente avvinto alla ferita
di una mia quasi-vita;
non-siamo, e senza tregua l’altalena
dei corpi fa la danza
del chi-vive, deposita
ad oltranza la pena.
(inedito, gennaio 2014)
*
Dice bene Anna Toscano a proposito della poesia di Roberto Ranieri: quella di questo autore, di cui presentiamo oggi due inediti, è «una poesia che scava la realtà con il mezzo della parola, in un continuo corpo a corpo con la lingua e un combattimento con il lessico. Essa è libera dalle associazioni immediate ma si interseca con i fatti nel loro accadere. Nella poesia di Ranieri l’accelerazione dei significati è fortissima e la parola ha infinite possibilità di espressione.» (in Virgole di poesia, seconda stagione, qui)
Sempre Toscano ricorda come la poesia di Ranieri non sia di facile leggibilità, tutt’altro, ma non possa nemmeno considerarsi imperscrutabile; è una poesia che nella sua complessità formale procede sostanzialmente a moltiplicare le possibilità ‘di dire’ e questa è cifra di stile, amplificata da un sagace gioco metalinguistico e metapoetico. Si potrebbe parlare riappropriazione di significato, talvolta di ‘invenzione’, quando si accosta la lingua di Ranieri, che mantiene vivo un legame fortissimo con la tradizione, dal metro (settenari ed endecasillabi) all’uso della rima; ma è anche l’ordine degli elementi nel verso che, in poesia e in questa poesia, si rende con più facilità marcato o non marcato attraverso l’utilizzo sapiente dell’enjambement.
Mettere ordine al caos di certo linguaggio, ri-dire, rovesciando la lezione montaliana del ‘chiamare le cose con il loro nome’, come già ricorda Toscano: Ranieri attribuisce un nuovo significato alle cose, agli oggetti della sua poesia, facendo di questa ri-attribuzione ancora una cifra di stile. Forse questa formula è ciò che il poeta persegue con più attenzione, rendere il testo in una forma tradizionale aggiornata al presente e ricercare meticolosamente la parola ‘giusta’, ‘appropriata’. Questa è la sua etica del poetare: restituire una misura propria del verso e del mondo.
Alessandra Trevisan