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Annamaria Ferramosca, Per segni accesi

Annamaria Ferramosca, Per segni accesi
Prefazione di Maria Grazia Calandrone
Giuliano Ladolfi Editore 2021

Va incontro a un «enigma abbagliante» la poesia di Annamaria Ferramosca, ne intercetta i segni, che si accendono, diventano testimoni incandescenti di un «paesemistero» inaccessibile nella sua interezza.
Consapevole dell’inevitabile fallimento della ‘grande impresa’, Ferramosca non rinuncia tuttavia a spingersi sul limitare, a sporgersi oltre le «ultime colonne». È «per segni accesi» che ai «minimi» si rivela, per sprazzi, squarci, echi, per suoni quasi impercettibili e per sottilissime pieghe sulle carte nautiche, il senso celato, parte minima eppure preziosa dell’inconoscibile tutto.
La raccolta si articola in tre sezioni; la prima reca il titolo le origini l’andare, la seconda i lumi i cerchi, la terza per segni accesi. Il richiamo, già nei titoli delle sezioni, alle precedenti raccolte – per menzionarne alcune: Other Signs, Other Circles, Paso Doble, Ciclica, Andare per salti – sta a indicare una continuità, che non è mai ripetizione, giacché il percorso di esplorazione e di percezione, nella scrittura di Annamaria Ferramosca, si muove costantemente, inoltrandosi e lanciando sensori in più direzioni: rettilinei e curve paraboliche, balzi e cerchi, immersioni ed elevazioni. È un movimento che passa per constatazioni – lo sguardo all’immanente non è disdegnato, anzi l’indignazione mette in moto la forza creatrice – e per illuminazioni; è un movimento che si palesa, con uno stile che armonizza precisione e suggestione, anche a chi dovesse iniziare anche da qui, da Per segni accesi, il proprio percorso nella poesia di Ferramosca.
La precisione proviene sia dal metodo scientifico della formazione, sia dalla devozione alla parola. Alla piccola manifestazione così come al grande fenomeno epocale viene donata la massima attenzione. Non ci si ferma, tuttavia, alla mera constatazione, ma questa dà la mano all’invito, all’esortazione a opporre alla deflagrazione un gesto di avvicinamento all’altro da sé. In tal senso si accende di luci che rischiarano la lettura della poesia di Ferramosca la prima strofa della poesia a p. 36, dalla seconda sezione i lumi i cerchi:

quando le previsioni raggiungono
la massa critica
il quadro intero deflagra
si può agire ormai
solo per mani   stringendone infinite

Il gesto di avvicinamento, con il suo slancio etico, presuppone sempre, è bene sottolinearlo, un moto dell’intelletto, che davvero sa guardare dentro, come è nell’etimo della parola. Avvicinamento e riconoscimento – dell’eccezionale così come del ricorrente, della comune natura così come delle differenze nella coscienza – sono dunque inseparabili, come dimostra questa strofa dalla poesia di p. 56, che porta la dedica Per Nina (Maroccolo):

negli spartiti riconoscere
il canto della vita
minima-immensa nostra vita
risuona d’incontri l’anima musicale
nel derelitto   nell’animale
nel fiume   foglia   pietra
tu arte gentile   voce di cristallo
a festeggiare
cose piccole e accese
farle memorabili

Ancora più intensa che nella raccolta precedente, Andare per salti, risuona la voce che risponde alla pressione del tempo, dell’urgenza: «prima che faccia notte», «prima dell’ultimo buio». Anche in questo caso, tuttavia, il movimento non è mai unidirezionale, giacché a versi di ‘passaggio del testimone’ – «ho lasciato/ tutte le chiavi appese dove sapete/ i libri ordinati negli scaffali/ fieri  ben stretti» – rispondono versi che manifestano la volontà di non smettere mai di esplorare, insieme: «insieme attraversare/ l’ultimo confine/ annusando la scia misteriosa/ esplorare la selva indicibile/ sia essa eden o nihil   non importa».

© Anna Maria Curci

 

vita da riscrivere

quando incredula sento
infittirsi gli spari
e vedo ancora sangue inchiodarsi in terra
quando un sottile pianto piove dagli alberi*
e tutto appare invaso da fluido colloso
fin sui capelli fin nelle narici
(pure profetico di vuoto d’aria in petto)

quando l’animale d’affetto
mi fissa a lungo in allarme
poi s’allontana inesorabile
verso un suo orizzonte
allora solo il sogno rimane
a inscenare i tempi

scorrono tutte le costruzioni le distruzioni
dolmen vie consolari grattacieli incendi
e parlano i ghiacciai fantasma e la maternità
interrotta delle foreste gli ultimi giaguari
e dagli oceani cantano
senza risposta     le balene in amore

azzurro e vivo appare
dallo spazio il pianeta
odiamato pianeta che pure ama    ostinato
e presagisce futuri benevoli abitanti
nuova saggezza a fecondare
d’anima incontro ogni deserto
torneranno a scorrere i fiumi amorosi
sulle anse a sorgere le città tremanti

e noi nudi d’errore
ritornati bambini a scuola
con visi leonardeschi
la penna in mano a imparare
———-a riscrivere vita
dai diluvi proteggerla
come nella favola dell’arca
——–come nella promessa

 

*Allusione a una recente infezione botanica, finora incurabile, che sta distruggendo i pini ed altre essenze arboree del litorale tirrenico.

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