Michela Zanarella, La filosofia del sole
Edizioni Ensemble 2020
La filosofia del sole di Michela Zanarella è un libro inondato di luce e la tensione verso la luce ne rappresenta la spinta ‘creatrice’, manifestata con sensibile evidenza, perfino palpabile.
Testo dopo testo si delinea un itinerario attraversato da esperienze opposte. Proprio gli opposti che animano i testi della raccolta appaiono come i fondamenti dell’esistenza, da una parte e dall’altra del cielo. La cognizione dell’unità degli opposti fa davvero di questo libro un percorso filosofico e poetico insieme.
Dolore e amore, luna e sole, buio e luce, alba e crepuscolo si tendono la mano. Il dolore, il grande ‘negato’ (taciuto, rimosso, ignorato, rinnegato) dell’epoca in cui ci è capitato di trascorrere la parte di esistenza di qua dal cielo, viene qui compreso nel senso ampio del termine, accolto e abbracciato.
Lo sguardo è nutrito, cresciuto con amore, il silenzio e la solitudine dell’alba affinano l’udito per il “coro del mondo”: «Nutrire lo sguardo di una moltitudine di albe/ distanze, segrete alleanze/ e avere la possibilità di portare l’anima/ oltre il tempo».
Allora il quesito su che cosa contenga la luce diventa viaggio di conoscenza, ascesa verso il dono d’amore. Un dono d’amore, tuttavia, condiviso, non gelosamente serbato per sé. Nulla di elitario in questo canto di ascesa alla luce, che ha il fascino non solo spirituale, ma anche sensuale di una “alba” della letteratura cortese, un Tagelied che, dal Minnesang, indica una partecipazione alla beatitudine divina attraverso l’amore: «der tac wil niht erwinden./ hât minne an saelden teil,/ diu helfe mir,/ daz ich dich noch/ mit vröiden müeze vinden», «il giorno non si fa fermare./ se l’amore partecipa alla beatitudine,/ mi aiuti/ a che io ancora/ con gioia debba trovarti», cantava Wolfram von Eschenbach in Ez ist nu tac (“Ora è giorno”).
Con La filosofia del sole Michela Zanarella rinnova questa invocazione e questa gioia, restituendole con accenti che convincono e coinvolgono, invitano ed esortano al cambio di passo e di prospettiva.
© Anna Maria Curci
Chiedersi cosa contiene la luce
e se è sufficiente vederla con gli occhi
o è necessario conoscerla con tutto il corpo
fino a diventarne il guscio o il respiro
ogni volta che il cielo
ritrova se stesso nel giorno.
Nutrire lo sguardo di una moltitudine di albe
distanze, segrete alleanze
e avere la possibilità di portare l’anima
oltre il tempo
in quell’abbondanza di silenzio
dove il cuore è attratto da echi di sole
e l’amore si avvicina
a un’ipotesi di stelle.
Non è mai anonima la vita
porta il nome di uomini e fantasmi e mura
così come di tutte le cose
che si presentano in fila lunghe d’attese
ai cancelli del tempo.
Appena l’amore ci attraversa il corpo
il sangue inizia a imparare
cosa significa prestare ascolto al cielo.
Se non vi siete mai resi conto
che l’alba è l’inizio di un giorno perfetto
guardate come nasce il sole
e come lo accoglie la terra:
non siamo soltanto aria stesa
che non sa restare,
oltre i nostri fiati diluvia
luce.
Esiste un silenzio notturno
che scompone e misura tutte le mancanze del giorno
è come se il buio perdonasse
quando voltiamo le spalle alla luce
ecco perché il cielo rilassa i tendini la sera
e fa pace con la terra
poggia il suo sguardo sulla resa dei nostri occhi
che vanno a stringere il sonno
e ci detta i sogni
una moltitudine di stanze in cui far posto
alla vita che vorremmo.
Il cielo era luce prima di noi
ha conosciuto le nostre vite precedenti
sa che siamo stati il tiglio e la quercia
sa che non esiste tempo che ci allontani
fu così anche nel mito di Filemone e Bauci
a radici nude nel sole eterno
l’anima sciolta nel vento
pronti a gocciolare amore come polline
e a rinascere tutte le volte
che un fiore s’avvera sulla terra.
Quest’unico cielo
che raduna mattini e destini
e consola nel sole i vivi e i morti
sa che desideriamo guarire dal medesimo tempo
ed entrare nella verità della terra
che segna la pelle di alberi fiumi e confini.
Sarà un sollievo ripararsi all’alba
giustificando la pienezza della luna
non più come uomini ma come nuvole
che hanno scelto l’orizzonte
per sporgersi da una luce continua.