figlia di un giorno
la bambina siede all’incrocio aperto
ai tubi profondi e gocce salate
siede al silenzio intubata
appesa in un filo di zucchero
(il lupus le ha preso la faccia
quella tonda piega-bambina
mentre si gonfia il cervello di stelle)
resta soltanto una madre a cantare
la notte, inventando acini dell’uva
matura come l’estate di allora
come l’arte antica che fa
lotta e amore ricomposti in carezza
e forse qualcuno nel letto sul fondo
le vede le lucertole veloci
al ciglio di quel viaggio salato
traiettoria sottile o rimbalzo di tempo
© Gabriela Fantato, Moltitudine (poche storie certe e numerate), in Poesia contemporanea. Settimo quaderno italiano, Marcos y Marcos, 2001, p. 99