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proSabato: Vittorio Sereni, Carolus

Carolus

Carolus ti guarda maiestatico come il suo nome. Giudica in silenzio le banalità degli astanti, ma la fonte del suo giudizio è certo altrove, molto lontano, a monte.
Rimasti soli al tavolo del bar, che già c’era ombra sulle Case Rotte, dico: «Tutto questo succede perché la Terza Guerra tarda a scoppiare. Oppure è già scoppiata a nostra insaputa. È nella gente, e la gente ci si sporca».
Carolus scuote energicamente la grande testa in verticale, approva.
Debbo aver toccato un punto sensibile del suo involucro carnale. Credo di conoscere quei pochi sui quali reagisce. Gli altri no, occulti in chissà quali grotte di sé.
«E noi? Noi come gli emigrati al tempo della Grande Rivoluzione, l’unica che ha davvero cambiato il mondo.»
Nuova scossa di approvazione dalla parte di Carolus. Altro silenzio.
Noi dunque oggi come quegli emigrati allora. Per questo, anche nelle righe di questa memoria, sono reticente sull’oggi e su quanto gli pertiene nominalmente, oggetti, strumenti, istituzioni, persino la topografia. Una ripugnanza in me opera uno sbarramento contro una quotidianità mai come ora avvertita sgradevole. Non ho predilezioni per nessuna epoca passata, recente o remota, nessuna in cui vorrei o avrei voluto vivere. Eppure mi succede, trovatomi di colpo in un altro tempo qualunque, di usarne locuzioni, detti, nomenclature, perifrasi. Non mi dispiaceva prima della destituzione la nomina di poeta palatino, il suo decoro vocale, di cui ora è oggetto di scherno anche il solo ricordo. Basterebbe un’espressione così – oggetto di scherno – a infastidire Luciana le poche volte che riesco a imbastire un discorso con lei. Non sa che è un riparo dall’indifferenza di lei, dalla volgarità di altri.
Le prime lampade accese, e attorno alle Case Rotte il girotondo ora stretto ora largo delle rondini. Il solstizio passato appena due giorni fa, e di pochissimo più corte le giornate.
«Oddio» fa Carolus «è già finita l’estate.»

30 maggio ‘82

 


© Vittorio Sereni, Poesie e prose, Mondadori 2020

Una replica a “proSabato: Vittorio Sereni, Carolus”

  1. Dopo anni di continuo bisogno di sperimentazione e , molto spesso, l’umiltà di saper tacere, nella parola poetica di Vittorio Sereni, anche attraverso una commistione con la lingua della prosa, si avverte una ricerca nuova, pregna di riferimenti culturali, ma ancor più di interrogativi nuovi, sul senso della vita e della poesia.
    Grazie a tutta la Redazione
    Maria

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