NOTA DI LETTURA A PICCOLO TACCUINO OCCASIONALE DI DAVIDE ZIZZA
di Paola Deplano
È recentemente uscita presso l’Editore Ensemble di Roma la terza raccolta poetica di Davide Zizza, dal titolo Piccolo taccuino occasionale.
Al di là del tono dimesso del titolo, siamo di fronte a un’opera profonda e consapevole, che lascia trapelare al lettore attento tutta la ricca serie di riferimenti poetici e letterari dell’autore.
Tali riferimenti sono esplicitati sin dal titolo, che ovviamente risuona con Le occasioni di Montale. La filiazione dal grande ligure è presente sin dall’origine, com’è stato a suo tempo osservato nella prefazione di Enrico Testa alla seconda raccolta di Zizza, dal titolo Ruah, che è uscita presso la medesima casa editrice nel 2016.
Fra i poeti rievocati dall’autore, direttamente o allusivamente, troviamo Borges, Mandel’štam, Rilke e Kavafis. Ma molti di più sono quelli che si nascondono dietro le parole, senza essere esplicitamente menzionati. Non diremo oltre per non rovinare, nel futuro lettore, la magia del disvelamento. Molto del fascino di questo libro è, infatti, anche la sfida che il poeta fa al suo lettore, lasciando ovunque lievi tracce di poesia vissuta e rivissuta, prima ancora di essere scritta e riscritta, con la speranza che il suo alter ego al di là della pagina riesca a ritrovare le tracce che lo riportino all’origine del canto.
Si tratta ovviamente di omaggi e dichiarazioni di appartenenza quasi amorosa, come nella seconda strofa di Due quartine: «Se ferisci il tempo della pagina/ ne conquisti l’ostia e il sangue,/ ti riappropri dell’ironia e dell’anima/ baciando labbra d’inchiostro».
Dichiarazioni d’amore, quindi, ma non solo quello. Ciascuna evocazione poetica è anche e soprattutto epifania di ciò che Zizza stesso definisce la sua “ossessione”: la metapoetica. Era già, del resto – e molto significativamente – il titolo di una sezione di Ruah.. Si assiste quindi a una riflessione sulla propria e sull’altrui poesia, in un continuo e mai banale riflettere e riflettersi attraverso parole e temi condivisi. In tale contesto si inseriscono le ricreazioni consapevoli di personaggi del mito in vesti al contempo tradizionali e innovative.
Il “Finto caronte all’uscio” di Ri.Ma, la Filomela de Il mito di Filomela abitano con nochalanche in spazi e tempi attuali. Particolarmente riuscite ci sembrano, a tal proposito, le liriche dal titolo L’ironia di Ulisse e Orfeo, che qui riportiamo:
L’ironia di Ulisse
La gomena levata via dall’ormeggio,
nella mente chimere ed esotismi.
Laggiù sogno o delusione?
Alfabeti ignoti, etimologie,
razze, lingue, colori diversi da qui,
abissi emersi dal ribollio delle acque,
richiami di sirene, altri approdi
per i sensi, àncore del corpo.
Il cuore è un portolano
che non vuole arrendersi
alla tela ricamata.
Orfeo
La tua testa ancora canta dall’Ebro
là dove le Menadi ti gettarono
(ogni gesto un secolo, ogni secolo un secondo) –
Qualcuno vide il corso del fiume trascinarti via
e tu da allora ancora canti, canti…
Da rilevare il fatto che Orfeo è una vecchia conoscenza che, mutando volto e intenzione, trasmigra dalle pagine di Ruah (cfr. Orfeo senza Euridice) a quelle del Piccolo taccuino occasionale.
Detto ciò, sarebbe tuttavia riduttivo vedere Zizza solo come un ricreatore di miti e un metapoeta. Lievi suggestioni paesaggistiche – la grande tradizione degli Idilli – abitano in queste pagine insieme alle meditazioni poetiche:
Annuso questo tempo, questa sera –
sa di richiamo e leggerezza.
Quelle foglie cadute spazzate tutte via.
La primavera tocca il lembo della giacca:
ogni giorno chiede di sostare,
ogni ora ci soffia qualcosa nell’orecchio.
Questa lirica sul finire del libro è l’implicita risposta alle inquietudini dell’autoironico Ulisse. Odisseo deve imparare che l’unico richiamo possibile, il più profondo, il più duraturo, è quello della leggerezza. Ben venga, allora, la saggia leggerezza di questo taccuino piccolo, segno tangibile di multiformi occasioni poetiche.
© Paola Deplano
Una replica a “Davide Zizza, “Piccolo taccuino occasionale”. Nota di Paola Deplano”
La recensione di Paola Deplano, ben scritta e analitica, mi ha convinto della bellezza di questo libro.
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