
Orizzonti
Infranta la certezza della parola,
rimasero frammenti come foglie nel vento dell’etere;
e a volte il canto, imprescindibile cavo di trasmissione fra il corpo
e il nulla. Il canto, inseguito con dolce arrendevolezza e
aspra fermezza; bussola d’amore e oro per navigare senza meta.
Nel timore di aspirare a una meta, aspre le prigioni del non divenire, catene e
dolorosi legacci lasciati a marcire sui polsi: nell’incertezza
del rinascere di pelle nuova. Pelle morta indurita, segnata,
marrone e violetta di incuria. Ma dà più dolore sperare di riuscire a
prendersi cura, con creme e oli essenziali, di una tenerezza color pesca.
Oracolari tendenze pompose inciampavano come torri di babele.
Rifluiscono magmatiche parole a delineare l’orizzonte
di sguardi concilianti, di caldi pensieri vicini.
Tasche
Dall’alto delle consuete, antiche,
fronde polverose,
illuminate d’oro verde le foglie mature
in un primo pomeriggio pigro,
osservarsi passare giù in basso
e percorrere palmo a palmo le strade quotidiane,
sonnacchiose e quasi ferme nei mattini
d’estate,
ascoltando sonorità note
trattenute dall’orecchio vellutato e nuovo:
aperto il timpano al risuonare libero del cuore
giù nello stomaco fino nei piedi,
danza nei polmoni
e riempie la gola di suono rotondo.
Danzare al ritmo sghembo di un muscolo risvegliato
che ribolle di allegria fremente,
le braccia spalancate e tese
verso il sole o la luna nascente.
Nel ventre pulsante di questa mia città estiva
portare dentro gli occhi l’aria limpida
delle quote montane
e produrre ad ogni respiro
un fiore da regalarti –
uno per ognuna delle volte
che dimentico di vibrare
e tu, paziente, mi riconduci le mani alle tasche,
che io non ne dimentichi il contenuto:
una bussola, un diapason, un soldino.
29 Giugno
Arrancando ancora per scrollare via le incertezze,
imbraccio infine le mie ali come cornamusa
e mi lascio avvolgere
dal calore della bellezza
di chi
respira al mio fianco.
Lentamente imparo da capo
a schiudere, giuntura
per giuntura, il corpo troppo abituato
a frenare la danza:
apro le orecchie
dimentiche dell’ascolto
del palpito del cuore profondo –
sa come battere all’unisono
con te e con il mondo –
Ascolto: fruscia il pensiero
a tratti
veloce e quieto,
sono foglie verdi e oro
le note
luccicanti nel vento.
Calma:
occhi spalancati
nella luce tenue del mattino,
accesi della gioia schietta
di non aver lasciato
che vincesse
l’inerzia della paura;
e io,
stretta fra macigni
di piombo e cenere,
ho sognato
fiumi e vele,
e Venere
che nasce dal mare
come una perla in un gheriglio –
sabbia conchiglie e noci,
suono e bisbiglio.
Le possibilità dolci
e forti come gemme nuove
racchiuse
in questo abbraccio che
si allarga, cresce,
in queste nostre voci sonore.
Eleonora Aleotti (Roma 1983). Neogrecista e cantante barocca. Nel 2013 pubblica il racconto Caffelatte (nella collana “Racconti”, volume 20) e alcune poesie con la casa editrice Pagine.
