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Francesco Filia, L’ora stabilita

orastabilitacover ritaglio

 

Ci sono
promesse da mantenere
davanti
a questo specchio davanti
al cupo
orizzonte dei tuoi occhi
a questo
giorno che non ha più inizio.

 

 

Non so
se
ci incontreremo
in fondo
a questa fiaba senza lieto fine
se il dolore sarà
solo un ricordo
o la spina sotto pelle
che ci rende ancora vivi,
mortali.

 

 

C’è stato dato
il tempo
di un lampo negli occhi
il tempo di gioire in silenzio
di ricucire i labbri
di qualche ferita, l’attimo
per capire che nessuno
attraverserà la sua ombra.

 

 

Ecco si spezza
il filo di perle dal tuo collo
sul pavimento precipita
in un forsennato rimbalzare.
Accade la miriade dei giorni
impazziti,
tra una stretta alla gola
e un profondo
respiro. Un ultimo,
forse, invisibile
riannodarsi.

 

 

Annali di pagine vuote.
Ci abbracceremo piangendo
in un tempo
dilagato e fermo.

 

 

S’incontrano caso e destino
in un dettaglio fuori posto. Lo vedi
nell’apice di ogni cosa:
nel camminare lento di un passante
nell’arrendersi di uno sguardo
al suo riflesso
nel persistere di una mano protesa
verso il baratro. Si scontrano
ci tendono ci spezzano si mostrano
eterni e senza volto.

 

 

Nota

L’ora stabilita è l’ora del morire e del poetare, l’ora tragica, l’impatto tra il contingente e la necessità, l’istante in cui ogni vita fa i conti con se stessa. L’ora in cui, al di là di ciò che vorremmo, si conosce quel che si è. L’ora in cui l’enigma del mondo, dell’uomo, del desiderio e della ragione che lo abitano, diventa parola. Il poetare, come emblema del fare dell’uomo, è finito e fallibile ma, a differenza delle altre attività umane, non rimuove il fallimento insito in ogni prassi, lo dice sino in fondo, lo assurge a radice del suo dire. Questo libro tenta di fare i conti, senza indulgenze e fughe, con le ferite aperte e irrisolte che il mondo e l’esistenza sono.