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Ginevra Lamberti, Perché comincio dalla fine – nota di lettura

Ginevra Lamberti, Perché comincio dalla fine, Marsilio 2019, 16 euro

Sta di fatto che Sacca, per tutta risposta, ha chiesto a Giulia di bussare sul muro di camera sua, e a me di andare a bussare su quello della camera per pellegrini globali, entrambi confinanti con la parete che stava auscultando da chissà quanto.
Così Sacca, con la faccia di chi si è appena svegliato dopo un turno di notte, ha fumato sei sigarette e si è messo ad abbracciare pareti, ci dice ma voi vi siete mai accorte che avete un gradino sotto il termosifone? E noi: ma non è un blocco di cemento?
Sì, ma è un gradino, e questa parete dietro è vuota. Non lo vedete che le due stanze sono distanti tra di esse il doppio rispetto alle altre?
Hai veramente usato “tra di esse” nel parlato?
Sì, che problema c’è?
Nessuno, sono solo molto ammirata.

Questo è il punto della narrazione in cui dovrei spiegare, in modo abbastanza misterioso, ma non pedante, di come Giulia e io abbiamo in più di un’occasione sognato questa casa con una diversa planimetria, che lì dove c’è il gradino comprendeva una stanza in più, oppure un passaggio che portava al piano di sotto. Dovrei dunque arrivare sino a Sacca che conclude che, dato il diametro, lì è per forza stata murata una porta di accesso a una scala che saliva o scendeva verso qualcosa (un sottotetto? un’altana? l’appartamento dei vicini?). Se fossi proprio bravissima arriverei a metterci delle picconate, e un cadavere mummificato sui gradini nascosti, un’urna, lettere segrete, un tesoro, avendo così buone possibilità di essere a posto con il reddito dell’anno fiscale successivo alla pubblicazione.

Esiste questo libro flâneur, capitolato come un’esperienza dickensiana e vivace come Tre uomini a zonzo (non in barca, perché manca di una sua volontà propriamente comica). Si chiama Perché comincio dalla fine, è di Ginevra Lamberti ed è uscito, da poco appena, per Marsilio. Ginevra Lamberti comincia dalla fine, dalla morte di tutti noi e specialmente quella altrui, su questioni che a nominarle possono apparire macabre e invece sono gustose come le olive con lo stuzzicadenti, una collezione di racconti sul passaggio, una sequela di incontri, tutto un dedalo di riflessioni e nulla che non sia leggero, dagli episodi più frizzanti a una rispettosa (mi si passi la parola) quiete.
Non si tratta solo della Fine (anche se pochi passi sono deliziosi come l’intervista a Taffo o vividi come la nonna che ha paura di stare nella bara da sola); Ginevra Lamberti pilucca lampi di vita (la pizzetta Rossini, la palestra contro la decomposizione, il dubbio di star parlando «troppo e troppo spesso di minzione»). La prosa è perfettamente scanzonata, aderente a un parlato sciolto, si sente la mimica, lo strattone: si sente l’impressione di essere lì a lasciarsi raccontare, tra un campari e forse una Rossini presa all’ora sbagliata, tutto l’infinito dopo che viene a seguire della nostra piccola linea del tempo. Un tramonto ostinato e necessario che ci riguarda tutti, ma che solo per un attimo, in questo libro, ci assedia con il suo spavento, come un gradino murato nella stanza.

Quando esco dalla sala il telefono ricomincia a squillare e a volte non è il lavoro. Succede, per dire, che squilla il telefono ed è Nicola, che non sento da tanto, che a onor del vero non sento quasi mai, ma a volte stai camminando e lui ti sbuca davanti con una macchina fotografica e fa click. Mi dice sono qui con Giovanni e parlavamo del fatto che domani sarai a Milano per fare delle cose. Perlustro palmo a palmo gli angoli residui di memoria a breve termine, erosi dagli aperitivi e dall’antiproibizionismo. Non trovo niente alla voce Milano, niente neanche alla voce fare cose che non siano pulire appartamenti turistici e consegnare chiavi. Al che dico a Nicola: Nicola, per favore, puoi chiedere a Giovanni di preciso cos’è che devo fare a Milano domani? E Nicola dice te lo passo, e Giovanni con la sua voce convincente, nel senso che è molto bassa, quindi ti concentri bene per capire quello che dice, al punto che poi credi sempre a quello che dice, mi dice domani sei in visita al cimitero monumentale, l’ho visto su facebook. Io allora sospirando di grande sollievo gli dico Giovanni, Nicola, amici cari, voi non dovete guardare mai le mie partecipazioni agli eventi di facebook, perché appongo la mia partecipazione a qualsiasi cosa, al fine di depistare dal fatto che, in prevalenza, è da un po’ di anni che tendo a chiudermi in casa.
Però, aggiungo, però c’è da dire che a Milano in effetti dovrei riuscire a recarmici tra due o tre settimane, al fine di intervistare quelli che vogliono seppellire la gente chiudendone le spoglie in un uovo biodegradabile, ma non possono ancora perché in Italia è illegale. Dopo un attimo di prevedibile silenzio mi dicono va bene dai, magari poi quando ci vediamo ci spieghi.

© Giovanna Amato