Di fronte a sedici millimetri di vita altra che sarà, Giovanni Peli sceglie di cantare in maniera lucida e onesta e lo fa con parole crude e affilate. Canta la nascita, canta il desiderio, l’attesa e non la speranza e attraverso il canto cerca di riportare la parola alla sua origine, ad una nudità, una sorta di magma primordiale. Da questo magma ha origine la poesia, poesia che è vita – deve necessariamente esserlo – e non letteratura, pena la sua perdita di senso, di contatto profondo con la realtà: onorare i vivi è dunque cantare della vita stessa tenendo presente che ciò che scriviamo esiste da prima.
Onore ai vivi è anche una critica ad un certo tipo di poesia fine a sé stessa, morta nel momento in cui lascia traccia sulla carta, incapace di attraversare il foglio, di bucare la realtà; una poesia che onora soltanto chi la scrive, non è catastrofe né dubbio eterno ma semplice esercizio. La poesia secondo Giovanni Peli deve necessariamente essere un atto rivoluzionario, così come lo è la vita nella pancia di mia moglie, perché il libro racconta anche questo: in verità arriva un figlio – scrive Peli – hai paura di non saper scrivere dopo di lui.
L’Altro – i sedici millimetri di ecografia – contiene in sé una potenza distruttrice e generatrice, già si colloca in uno spazio bianco, una distanza irraggiungibile, incolmabile, può scegliere se vivere/ o occupare il suo posto nel mondo. Il poeta-padre decide dunque di regalare terra fertile da coltivare, come scrive Giulio Maffii nella prefazione, consegnare un mondo imperfetto così com’è, con le sue innumerevoli trappole, i luoghi comuni e altre truffe, dove massimo non significa migliore, dove nascere non è una colpa e neppure sopravvivere.
© Michele Paoletti
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dici cantiamo ancora
abbiamo distrutto a sufficienza
così la voce torna
da pulsazioni di roccia
cosa canteremo
non come i vecchi poeti
travestiti di nuovo
non come l’intelligenza artificiale
che imita il meglio di noi
canteremo il desiderio
pericoloso
ancora e ancora
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quello che scrivo esiste da prima
le pure invenzioni invece vanno buttate
arrivano dopo e sono troppo lontane
si fanno con i soldi e con la bella presenza
con la prostituzione e i contratti
siamo stupidi adamo
lì nasce qualcosa di buono
molto prima delle nostre scelte
ma noi procrastiniamo l’arrivo del senso
appiattiamo nel nulla dei ricchi
i nostri desideri
appiattiamo nel mare i grovigli
di corpi impuri e fruttuosi
annaffiamo i genitali bollenti
sfido dio niente di più
onoro la vita e uccido la memoria
i miei antenati vivono con me
le loro preghiere e i loro convegni amorosi
in ogni istante i morti vivono
non conoscono vittoria né resa
bruciano bibbie e altri manuali
vivono correndo insieme a noi
ci insegnano come affondare il coltello
come dormire tutta la notte
e onorare i vivi
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il deserto è fiorito
dalla terra spuntano occhi felici
che ti spiano mentre ti spogli
ma tu non conti più
sei un insetto
gli insetti si imbellettano
e cantano insieme
dalla terra spuntano cose vive
onore ai vivi
morte alle divinazioni
alla curiosità
la passione si alimenta col niente
la vita arriva
tutto il resto mente
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e se ancora deve esserci la poesia
sia catastrofe
regno di insetti
fulgido inverno
catastrofe
dubbio eterno
metamorfosi
pancione
sia il magma percepito
prima della parola