– Nie wieder Zensur in der Kunst –
Elea
I.
Sulla costa, di luglio avanzato
nel tempo breve dei giorni o delle ore
le correnti iniziano senz’avviso o cessano
vicino a riva
e in quest’acqua, che diresti tranquilla,
ti sorprendono e portano via.
Oppure s’alza l’onda, e là dove inesperto di mare
ti diresti in salvo,
si frange, e toglie il ritorno.
II.
Morte e vita qui mostrano e nascondono l’immediato contatto
alla folla degli arenili, ai giovani di bronzo noncuranti,
ma le ambulanze vanno e vengono urlando.
III.
Dalla stanza aperta osservo il pomeriggio,
e si mostra la torre mezzo rovinata, costruita cinque o sei secoli fa,
per avvistamenti e segnali di cui adesso non c’è ragione.
Da questa parte, sul terrapieno da cui spuntano piante su piante,
lo spigolo verticale netto, i turni della luce e dell’ombra,
scolpiscono le fasi del giorno: lato est, ombra,
occidente, intensa luce pomeridiana,
ancora parecchio al tramonto.
Morte e vita, veglia e sonno, giorno e notte,
altri lo definì il divenire, e lo paragonò al fluire d’un fiume,
ma il sapiente della baia disse: essere è per sempre, e niente non è.
IV.
I miei occhi, la mente che osserva le ore del giorno
servendosi dei punti cardinali e della visione dei cambiamenti,
non torneranno;
eppure tutto sembra si ripeta,
molti hanno guardato la vicenda del teatro azzurro,
i sipari dell’alba e del tramonto aprirsi e chiudersi,
un mare immateriale li portò alla riva delle nascite,
poi una corrente li trascinò nelle strade senza ritorno.
Altri sono stati e saranno, un numero che non sai.
D’improvviso il niente del non ancora si fa qualcosa,
d’improvviso è il non più,
nella corrente tutto sembra per un istante.
V.
Per sempre: imperiosa idea,
come la rara bellezza della donna reale o come sognata
sulla banchina della stazione ferroviaria, in attesa del treno.
È che anche da questa baia, dove già l’estate arroventata si prepara
a raccontare storie all’autunno,
le pietre dicono un’idea, e la macchia la ripete,
salendo alla inutile torre di avvistamento.
Un’idea: il venire in essere, il cambiare
e lo scomparire, sono ingannevoli, tu non puoi dire che siano.
Se la logica è ineccepibile, chiunque resta perplesso,
perché le cose sono e non sono, qui, davanti agli occhi.
VI.
I luoghi del mondo suggeriscono lo stesso sentimento,
quasi un’esigenza potente del fermarsi, respirando l’eternità,
e proprio qui, dicono, l’idea venne concepita,
in questa baia, e difesa dal combattivo argomento
dei filosofi,
l’enigma dell’essere e del niente.
Potrei essere qui come altrove, in alcuni luoghi noti della Cina
o nel parco dei cervi a Sarnath,
dove l’idea superba contraddice l’evidenza.
VII.
La città sulla collina, rovinata sul fondo d’afa, il porto
dove attraccavano le navi commerciali e suonava la lingua greca.
I coloni della madre patria ebbero la vicissitudine,
tempeste marine e deserti, discendenti,
ma, sebbene i nomi e i volti cambiassero, l’idea dell’essere
incatena le cose alla fierezza del pensiero che mai rovina.
Notte, nella penombra si sentono passi,
un uomo attraversa la strada e scompare,
un cancello si chiude.
Dopo il contributo al volume La polifonia estetica (Milano, 1996), Carlo Di Legge ha pubblicato i saggi filosofici Il signore delle due vie (Salerno, 1999) ed Eros e paradosso (Napoli, 2007); la seconda edizione di Eros e paradosso (Napoli, 2014) e il nuovo saggio Ontologia. Elenchi della terra e una specie di oceano (Napoli, 2014). Di poesia, la plaquette Momenti d’amore (Angri, 2002) e i libri Il candore e il vento (Napoli, 2008) e Multiverso (Alessandria, 2018); un campione rappresentativo delle poesie si trova nel volume Poeti e pittori di Secondo tempo (Napoli, 2013). Sull’esperienza del tango ha pubblicato il libro, a carattere letterario-epistolare, Sentire il tango argentino (Napoli, 2011). La rivista “Secondo Tempo” (Marcus Edizioni) pubblica suoi scritti brevi di filosofia; la maggior parte delle poesie sono sul www.orientexpress.na.it. On web, sue poesie sono pubblicate su Atelier, Levania e Frequenze Poetiche.
Commentaria