Bisaccia
Era il tranquillo fumo
di sospirati sigari lucani
che, fuggendo dalla città
mi accoglieva d’estate
disteso su balconi isolati.
Sul confine tra antiche terre
torno a respirare
un’aria filtrata dalla pietra,
all’ombra serale
del castello ducale.
In una casa bassa
aperta sul paese
strusciante di
anime in altura
due vecchi senza più desideri
e stanchi di vita
con le spalle rivolte al mondo
guardano la tivvù.
Non li scalfiscono
le letture dei poeti.
La casa senza noi
(Protagora)
Come corpo morto
pian piano si fredda
la casa lasciata sola
non vissuta da aliti umani
vapori di brodo sui vetri
e caldi sospiri di stufa.
Tra queste quattro mura inanimate
si rifugia forse lo spirito
della storia che non conta
il tempo
perché tempi non conosce?
Cosa fai al buio, d’inverno
durante le lontane feste?
I testimoni oculari
che tutto misurano
lasciano dietro di sé
polveri ignoranti
tra muti oggetti
non più sfiorati
da una vista cosciente,
un ultimo giro di chiave
li separa da un’immobile eternità.
Poesia a sua insaputa
Non sarà ora che le vedrai
mentre ti chiedo di leggerle
ma in un giorno qualunque
venute fuori per caso, a dorso di libro
da pagine cadute in terra
riverse a mo’ di mort’ammazzati
e aperte sulla fatalità
di un attimo tra tanti,
ritornerai su parole ignorate
come è normale che sia
da rimasticare
eppure sempre presenti
tra pazienze impolverate
e le cose da fare
senza pretese, a sperare di essere
se stesse, nient’altro che verbi d’anima
amate per quelle che sono
umili
silenziose
già eterne a loro insaputa.
Pomeriggi perduti
(elogio della lontananza)
Spegnete i saperi
elettrici di sera
i confortanti aggeggi
le reti a maglie larghe
delle bugie a colori,
i fogli stampati
destinati all’oblio
a traslochi incartati
con titoli scaduti.
Spegnete tutto!
La verità custodita
senza proclami
dal vento d’estate
da nuvole nere
e salvifiche piogge
a mitigare arsure
a decifrare siccità interiori
si poserà come unguento
sulle ferite della mente offesa.
Nel silenzio,
prima dei temporali attesi
interrotto da ali sferzanti l’ignoto
i segreti del tempo
oltre questi tempi orfani di senso,
accogliere lezioni eterne
registrare l’universo
ripulendo il segnale dall’io
ritornare vergini alle origini
bambini non ancora istruiti
da civili menzogne.
Un sapere antico e umile
dimora nelle forme
nella lontana dimenticanza
nell’aria tempestosa
che smuove le fronde
degli alberi, mute sentinelle
ereditate
nel volo di penne pomeridiane
e piume per cuscini di cielo
nella fede perenne
di boschi scrutanti
il vorticoso costruire di avide mani
senza memoria,
nella lenta saggezza
dei ritorni d’umanità.
Catartica astensione dal mondo
dai notiziari dei potenti,
arroccati nel deserto dei Tartari
stiliamo pagine
dedicate al vuoto che
insegna senza dire.
Spegnete ogni cosa
superflua e lucente
figlia non voluta
del rumore di fondo della storia,
prima che la città dell’uomo
v’incateni per sempre
alla sua ignoranza.
Notturno breve
Aria ferma
notturna e stellata,
quasi tutto tace per
pietà dei dormienti.
Voci rare, lontane ma vicine
da finestre insonni
ancora accese nella provincia
e abbai di cani dolorosi.
Ogni cosa mi istruisce
sulle distanze
tra la piccola storia
e l’infinito.
Gualchiera
Un autoconfino alla Levi
mi gualca l’anima urbana
a colpi di poetici folloni,
lana grezza che si crede
libera e brigante.
Nel silenzio naturale
le parole
lette, quando non scritte
come pesanti magli
mossi da acque libraie
plasmano nuovi saperi
addolciscono sconfitte
guariscono tessuti feriti
da indossare.
Michele Nigro, Pomeriggi perduti. Prefazione di Stefano Serri, Edizioni Kolibris 2019
Colpisce, in Pomeriggi perduti di Michele Nigro, la capacità dell’autore di dare a luoghi, dimore, voci e oggetti, quotidiani e desueti, della provincia del Sud, la consistenza di un tessuto, che si dice grezzo e che tuttavia autodenuncia la propria letterarietà, complice una aggettivazione insistita, talvolta perfino moltiplicata per ribadire il concetto, complici, ancora, i ‘punti ribattuti’ da citazioni di autori e titoli, come risulta con evidenza dai testi qui proposti. Centrale, in tale contesto, l’allegoria fondata sulla gualchiera, macchinario per manufatti tessili ai quali già la poesia di Carducci aveva dato dignità poetica e che in Pomeriggi perduti di Michele Nigro diventa spia di condizioni e scelte nell’esistenza, alle quali si guarda con partecipazione non priva di autoironia: «lana grezza che si crede/ libera e brigante». (Anna Maria Curci)
Michele Nigro, nato nel 1971 in provincia di Napoli, vive a Battipaglia (Sa) dal 1978. Si diletta nella scrittura di racconti, poesie, brevi saggi, articoli per giornali e riviste. Ha diretto la rivista letteraria “Nugae – scritti autografi” fino al 2009. Ha partecipato in passato a numerosi concorsi letterari ed è presente con suoi scritti in antologie e periodici. Nel 2016 è uscita la sua prima raccolta poetica – che ama definire “raccolta di formazione” – intitolata Nessuno nasce pulito (edizioni nugae 2.0). Ha pubblicato Esperimenti, raccolta di racconti; il mini-saggio La bistecca di Matrix; nel 2013 la prima edizione del racconto lungo Call Center, nel 2018 la seconda edizione Call Center – reloaded e la raccolta Poesie minori Pensieri minimi.
4 risposte a “PoEstate Silva: Michele Nigro, Poesie da “Pomeriggi perduti””
Grazie per l’ospitalità e la valutazione dei miei versi… Michele
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Grazie per questa raccolta poetica, Michele, che leggo come un invito a ripercorrere – e riacciuffare – i “pomeriggi perduti” in luoghi reali, nella provincia meridionale innanzitutto, e letterari. Anna Maria
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L’ha ripubblicato su Pomeriggi perduti.
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[…] Poetarum Silva […]
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