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Giuseppe Vetromile, Il lato basso del quadrato (Nota di lettura di Melania Panico)

 

Per avere una visione migliore, dal basso verso l’altro (o parallelamente dall’interno verso l’esterno), che abbracci l’intero panorama esistenziale – la nostra storia dal passato al presente – è preferibile collocarsi sul lato basso del quadrato: situazione che consentirà una più adeguata proiezione sul futuro.

Questo è quello che ci preannuncia l’autore stesso. A volte la visione “per meglio considerare l’altezza del creato” implica una caduta.
A questa caduta subentra una sorta di redenzione ovvero dopo l’atto del cadere ci si rende conto che – dopo l’iniziale idea di sconfitta (e tutte le conseguenze relative a questa idea) – la risposta si può trovare. La risposta è l’accettazione, inserirsi nel circolo della vita.
La poesia di Giuseppe Vetromile risente molto dell’idea di frustrazione derivata dallo scarto che c’è tra atto e immaginazione. Questa frustrazione è un sentimento tipico e molto comune all’artista in genere. La frattura tra ciò che si ha idea di creare e ciò che realmente si porta a compimento.
In questo senso, l’autore, il poeta che vive il momento intenso di frustrazione ne esce cambiato, il processo lo cambia, in un certo senso diventa ancora più umano come “infettato” dalla frattura e di conseguenza più ricco, pieno (riportata sul piano della narrazione, una ricchezza di contenuti).
E in effetti la poesia di Giuseppe Vetromile è una poesia che della ricchezza della parola fa il suo punto fermo. Dal punto di vista del lessico siamo di fronte a una poesia dell’abbondanza, dell’addizione, cioè è una poesia che a una prima lettura potrebbe apparire addirittura cumulativa.
Uno dei temi principali del libro è Dio: «noi vorremmo mia cara/ un nostro cielo movibile ogni giorno/ che ci faccia il piacere di girare intorno al nostro io/ stanco dei vortici di bazzecole/ e delle giostre di luci fatue sfavillanti/ intorno al grumo decaduto del Creato.»
Nella sezione intitolata Elementi di fatuità è vivida la riflessione su Dio, la divinità e l’uomo. Siamo già oltre il commiato, il sentimento del post commiato. Non c’è più posto per Dio «che si sia sgualcito il quaderno apocrifo io lo so perché/tante volte ho perso il dito a cercarvi dentro il diritto/ di una parola mentre il rovescio scompariva dietro/ le righe.» Eppure il divino è nella ricerca dell’uomo interiore, nell’idea di distacco e al contempo contrapposizione all’uomo esteriore. È in questo scarto la riflessione tutta filosofica della poesia in questione.

© Melania Panico

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HO CON ME UNA TABELLA

Non entra la ragione in questo breve spazio di luce
cunicolo tra una preghiera e un altro affanno
non entra l’evidenza di un teorema euclideo
nel cerchio ambiguo della vita

: da una morte non si ricava l’equazione del cosmo
e il sogno continua all’infinito
come sparlando di questa verità di bocca in bocca

Ho con me una tabella
mia cara
per calcolarmi i passi esatti lungo il crinale
o lo sbattere giusto delle ali
verso il cielo

: così        almeno       l’illusione è perfetta
quanto la felicità di un’addizione

ma è tutto vano
:ho compreso il gioco della materia
in questi laterizi abbandonati

Nessun grido nessun dolore
: il paese finto giace
sotto gli occhi stupefatti

e continuiamo mia cara a credere
che tutto stia solo ora
ad iniziare

 

*
qui la storia termina
dietro la scrivania abbarbicata all’ultima idea
ma per scrivere il domani su una bandiera
bianca di resa
occorre il coraggio di vederla
la vita di ieri
sfumata sul pianerottolo di casa
e scarna di grazie
considerarne solo il lato buono
quello che ci riporta sempre qui malgrado tutto
ogni sera
al vecchio fabbricato esse

ma nessuno accoglie le nostre penitenze
e la sera
un’altra volta si digiuna
o al massimo una boccata di luna
e via a rimediare

 

Giuseppe Vetromile, Il lato basso del quadrato, La vita felice, 2017

 

Giuseppe Vetromile è nato a Napoli nel 1949. Svolge la sua attività letteraria a Sant’Anastasia (Na). Ha ricevuto riconoscimenti sia per la poesia sia per la narrativa in importanti concorsi letterari nazionali. Ha pubblicato 20 di libri di poesie, tra i quali, recentemente, Cantico del possibile approdo (Scuderi 2005), Inventari apocrifi (Bastogi 2009), Ritratti in lavorazione (Edizioni del Calatino 2011), Percorsi alternativi (Marcus Edizioni 2013), Congiunzioni e rimarginature (Scuderi 2015), e un libro di narrativa (Il signor Attilio Cìndramo e altri perdenti) con le Edizioni Kairos di Napoli, nel 2010. Della sua attività letteraria si sono interessati noti scrittori, poeti e critici. Alcuni suoi testi sono stati pubblicati in importanti Antologie. Collabora inoltre a giornali e riviste letterarie, anche online, per le quali cura recensioni e note critiche. Ha curato le antologie: Attraverso la città, Scuderi, Avellino, 2011; Percezioni dell’invisibile, L’Arca Felice Edizioni, Salerno, 2013; Ifigenia siamo noi, Scuderi, 2014. È il fondatore e il responsabile del Circolo Letterario Anastasiano. Fa parte di giurie in importanti concorsi letterari nazionali. È l’ideatore e il coordinatore del Premio Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia”, giunto alla XIV edizione.


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