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Cinque inediti di Anna Maria Carpi

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foto di Dino Ignani

 

RILKE CHE SCRIVE lettere
a migliaia, a poeti
e a nobildonne primo ‘900,
e le sue oscure e splendide elegie
e i suoi inni ad Orfeo
il padre d’ogni canto, canto umano.
Ma ogni momento supplica
in prosa e in versi:
vi prego non mi amate,
è un inganno l’amore,
chi m’ama mi sfigura,
sta a me di amare,
a me questa violenza che mi salva.
“Lascia suonare, dice, ciò che in te fa strazio”
e cerca le parole e poi le trova
questo genio-fanciulla d’altri tempi
e nel suo strazio invoca un altro mondo
fra le braccia degli angeli,
e non solo per sé. Per tutti noi.
Invocare, e se fosse
questo la poesia?
Ci proviamo: con minimi
travasi di dolore e di speranza.

 

*
IL MARE,
qui sotto la casa: ascolta,
ha come mani e dita,
sembra scartino e incartino – che cosa?
un messaggio, un regalo?
Di tanto in tanto un tonfo ed un singulto
e sullo scoglio l’onda
schiuma e si spande, poi ritorna indietro.
Che ci voleva dire?
Che è per lei la sponda?
Il senso è al largo, e intanto cala il buio,
e verso terra in fretta con un ultimo
volo prima di notte
anche i gabbiani cercano un rifugio.

 

*
I GERMANI
prima di convertirsi al dio cristiano
non volevano
esser vittime inermi della morte.
Anno mille sull’Artico
nella remota Islanda
di vulcani e ghiacciai:
credono fermamente credono
nell’agire del singolo.
Perché ha dalla sua ben quattro forze:
heill era il fato; friđr era la forza
che dalla terra sgorga nel suo corpo
e lui per questo e non perché ha ragione
vince in duello o insieme a dei compagni
e in mezzo alle tempeste arriva al Labrador;
hamingja il genio della sua famiglia
che si trasmetterà di padre in figlio;
fylgja il nume del singolo, il mistero
dell’esser uno non sapendo chi
e doversi difendere:
un mistero che resta, il più terribile
finché c’è questa terra.

 

*
UNO PERCHÉ ha studiato i russi,
uno perché le donne lo abbandonano,
poi la mamma di un figlio scombinato,
poi una donna che ha paura di tutto,
poi vengo io. Per così dire:
cercatori di Dio.
E mai che se ne parli. Non osiamo.
Che cos’abbiamo in mano?
Non una prova,
solo un sentimento
sempre più fragile sempre più senile –
e lo sappiamo bene: è dei pargoli essere felici
pieni di sé, di gloria, vanagloria.
Ma senza questa non vedremo Dio.

 

*
QUEL CHIARO del mattino là sui tetti
quel buio nelle stanze quand’è sera:
anche dopo di me.
E altri saliranno chiavi in mano –
terzo piano, alla porta
con la maniglia a esse, lavorata.
Sguardi intorno: tre vani
bagno cucina ingresso,
non vedranno che questo
e ovviamente tutto da rifare.
Sarà un andirivieni di scarpacce di secchi di calcina,
di mani ignote
voci martelli le finestre aperte
il gelo dall’esterno
e dentro il vuoto.
Ma tu rimani, casa mia di sempre:
è come dire
Orgoglio e pregiudizio e Tristram Shandy
Anna Karenina e Frédéric Moreau
il capro livornese* e il berlinese Benn.                                                          * Giorgio Caproni
Caro profondo tragico sensato
grembo d’Europa,
io non credo
in nessun altro continente.

 

© Anna Mara Carpi

 

***
I cinque testi inediti di Anna Maria Carpi, qui proposti, offrono altrettante occasioni di meditare sulla sua scrittura, su cadenze e forme e temi di una poesia che cammina, animata da due principi che sembrano andare in direzioni opposte, eppure sono intimamente collegati: la sete di senso e la grazia dello stupore. Quotidianità, cronaca, sprazzi di vita e di viaggi, gli amori di sempre – racchiusi nei libri eppure infinitamente liberi – e gli incontri inattesi e rivelatori: tutti questi elementi sono anch’essi intimamente collegati l’uno all’altro, quasi a formare una cordata per temerarie scorribande e per pazienti discese e risalite. Sono testi che lasciano scorrere lo sguardo, lo tendono, lo rendono più acuto, lo invitano a soffermarsi su luoghi, poeti, civiltà, idiomi dispari e plurali, mentre il mistero dell’Uno vigila e pungola e non arretra. (Anna Maria Curci)

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