
Scrivo poesie di resilienza
fuga all’inconsistenza
di parole usurate,
dall’insussistenza
di mood, job, web
and professional idea.
E tendo la rete – revolutionary –
di significati
vivificanti
nella lunga apnea
di tempi liquidi e smossi – shaky – ,
consussistenza
della mia e nostra – mine and ours –
vaga
fragile esistenza
(life che – a tratti, sometimes
si veste d’acquiescenza).
*
Mi sale dalle scapole
il delirio del passato
furioso,
polvere bianca
negli occhi.
Brucia lo spazio
asciutto
del tempo
che m’ha attraversato
e lasciata arsa,
viva
addolorata.
Sull’asfalto
l’ombra:
la sua radiazione
avvampa
e corrode i fili
e l’erba sui sentieri.
E par che non ci sia
più luogo pieno,
rifugio al buio
o scampo,
ma solo parole secche
e gesti inutili.
*
Si è sfibrata
l’ora della festa,
sul viso ha lasciato lo schiaffo
dell’attesa disperata
e il suo dolore.
L’eco smisurata
del passato
attraversa il male,
lo urla
fin sui tetti
e lascia secchi
i tavoli, le voci
i deschi.
Non c’è fuga
il mondo brucia
e avvampa fin nei capelli
gli alberi, i loro abitanti
i fili stesi
degli istanti.
È lieta poi la cenere
netta di ogni scoria,
pronta a fiorire,
a spuntare in altra storia.
*
Le braccia sono stanche
di tenere le zolle di testa
per non farle franare,
gli occhi piangono sangue
ma non si abbassano
per pudore o timore.
Sento ogni fibra
ogni muscolo
e si apre una ferita
fino ai piedi,
ai quali trovo chiodi
come scarpe
che non tocchino
con i lembi estremi
della pelle
la melma orrida
del passato.
Sono a questo punto,
al punto che ho il cuore aperto
e il cranio sfondato,
la pietà mi ha punto
l’occhio
e la vita – da limpida
che pensavo –
la sento liquida
come da una teca
e dentro c’è un ossario.
…
© Alessandra Versienti

Una replica a “#PoEstateSilva #21: Alessandra Versienti, quattro inediti”
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