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Mauro Pierno, Ramon

Mauro Pierno, Ramon, Edizioni Terra d’Ulivi, 2017

Nella raccolta recentemente pubblicata dalla casa editrice Terra d’Ulivi, il confronto che Ramon – alter ego dell’autore, Mauro Pierno – ha con il tempo, nel senso completo di alternarsi di stagioni e storia, appare ben articolato, frutto di una maturazione che va compiendosi negli anni: chi scrive ha avuto il privilegio di leggere qualche anno fa una prima versione dei testi ora apparsi in versione cartacea. Si tratta di un confronto che dà testimonianza sia di un ascolto attento di altre scritture sia di un dialogo rinnovato con la poesia. Questa è rappresentata, con tratti che il contatto quotidiano colloca tra l’affettuoso e l’ironico, come musa opulenta, «obesa virtù», «Musa Perpetua».
Il confronto con il tempo è continuo, a volte serrato, a volte rissoso o divertito, a volte attenuato in un sottovoce di consuetudine e familiarità. Non mancano, in questo confronto, i capovolgimenti di prospettiva: «Così il tempo/ ha sconvolto se stesso,/ e gli attimi che ruba/ sono attimi che perde.»
Le letture, spia di consuetudine e familiarità, di cura quotidiana, accompagnano i versi, talvolta si collocano esplicitamente tra questi in un gioco interlineare, senza, tuttavia, soverchiare e soffocare. Può capitare, a tratti, che nel gioco di rimandi entri perfino un riferimento a testi di canzoni in voga qualche decennio fa, peraltro abbinato, con un effetto di voluto spiazzamento, non già a una più o meno perfida, più o meno indifferente destinataria di un amore immeritato, bensì alla notte della poesia ‘alta’: «Pure tu, non sei più la stessa/ cara notte, troppo vicina all’alba».
La musa opulenta premia la familiarità dell’autore donandogli un uso dell’anafora che coniuga sapienza e passione, musicalità e significatività, come nel  verso appellativo della poesia omonima «applica il silenzio al silenzio»; il premio giunge, ancora, con il rinnovarsi, a me caro, dell’intreccio delle parole  che iniziano con “in-“ nella poesia Che inganno, nella quale è una ulteriore consistente derrata di ironia a far capolino per smascherare l’inganno delle «metafore perfette».
Il confronto con il tempo, infine, assume le sembianze di un realismo bizzarro ed efficace, che si manifesta e incalza con ritmo avvincente, favorito o, più precisamente, spronato dalle allitterazioni.

©Anna Maria Curci

***

Così il tempo
ha sconvolto se stesso,
e gli attimi che ruba
sono attimi che perde.
Così il tempo
gira e rigira
e consuma
l’eterno ed il vissuto.

*

Possibile capovolgimento generale
che aspetta lungo i margini del cielo
e attorno ai confini dell’uomo,
senza peraltro destare sospetto alcuno.

*

Applica il silenzio al silenzio
e nomina il tuo amore di notte
difendi l’antro della montagna,
il suo ventre, la polvere
gioia patina patimento,
applica il silenzio al silenzio
all’orma
all’ombra,
alle palpebre socchiuse
al nome invano,
al mistero acqueo,
applica il silenzio al silenzio,
al sangue scorso
alle vene stanche
alla verità soppressa e
sorprenditi di ritrovarti
nulla nullità mistero,
applica il silenzio al silenzio,
scorgiti, cuore negli anfratti.

*

Che inganno
queste metafore perfette
questo viso rasato
quest’ordine apparente;
quest’amore
ripiegato in cassetti
questo orizzonte sgombro,
l’ordine insomma
l’ordine della merce e
delle parole e
dei costumi e
dell’essere.
Che inganno!
questo compiersi
di tutto,
questo divenire
infallibile!
Tante le lame ed
i proiettili
accuratamente riposti

*

Sospensione d’amore
nell’aria primaverile
e insomma
oltre
solo un tenue
desiderio
che leggero
forse precoce investitura estiva
aleggia
e scivola
tra l’orizzonte
e lo sguardo.
Dal punto in cui sono
Il sole
è lontano.

*

Di questo ti nutri
di scarti di luce, di altro,
pigmenti di vita, di colori?
Colori sbiaditi, odi incomprese, parole?
Stai comodo, dunque, l’obesa virtù
anch’essa sublime, t’osserva sospesa,
a scatti ti segue la Musa Perpetua,
registra ogni istante, registra ogni cosa.
Miserere del tempo,
miserere degli uomini.
T’osservo guardarmi!
Di questo dunque tu soffri, poeta irrisorio?
Registrati allora, declina i tuoi dati
che ella sappia, che usi, che elabori
i tuoi casi.

*

Tramo trappole senza fili
adescando fantasmi, costruisco
rozze ragnatele non di semplici
fili ma barricate & masserizie & immondizie
scarti sentimentali, plastiche, e pure sorrisi.
Connetto, godo e m’addormento.
Pure tu, non sei più la stessa,
cara notte, troppo vicino all’alba
confusa immalinconita.
Un croupier ha ammassato tutte
le nostre fiches. Quanto,
quanto abbiamo vinto!

4 risposte a “Mauro Pierno, Ramon”

  1. Un complimento ad Anna Maria Curci, che con questa sua nota di lettura essenziale e precisa, ha saputo dare maggiore valore al già preziosissimo volume di poesie di Mauro Pierno.
    Ramon, libro snello ma rigonfio di vera poesia, versi a volte spiazzanti per la loro originalità e “semplicità”: efficacissimi.

    Francesco Lorusso

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