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Una frase lunga un libro #75: Alessio Torino, Tina

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Una frase lunga un libro #75: Alessio Torino, Tina, minimum fax,  2016, € 14,00, ebook € 6,99

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Adesso erano al riparo, ma il vento passava in mezzo ai filari sui terrazzamenti dei muri a secco con lo stesso rumore che faceva il mare davanti al faro. A ogni folata si vedeva il suo fantasma che attraversava i cespugli di capperi sulla balaustra. Girava fino alla parete d’ingresso del dammuso e si arrampicava sulla trave di sostegno del canniccio; da lì tornava in aria.

Non c’è niente di meglio di un’isola e di tutto il mare che la circonda per raccontate un momento di passaggio, di temporaneo ma definitivo. Per raccontare vicinanza tra sconosciuti e isolamento, per raccontare attesa e distanza, ricerca e perdita. Se poi quell’isola è un luogo meraviglioso come Pantelleria, tutto diventa importante, che si tratti di un cappero o di una medusa. Alessio Torino, però, fa sì che Pantelleria sia cornice, sia elemento della storia, sia sfumatura ma non colore dominante. Pantelleria deve stare là con il mare, i faraglioni, il pesce, i dammusi; ma non deve fare un passo di troppo, deve lasciare spazio ai protagonisti di questa storia. L’isola diventa, qui, in un’estate qualunque, un confine dietro il quale nascondersi, una finestra aperta dalla quale ripartire. Sotto il sole di Pantelleria, racchiusi in poche decine di metri, in tre o quattro dammusi, si ritrovano: Tina e Bea, due sorelline di Urbino, con la loro madre; Charles, un uomo affascinante, solitario e tormentato; Parì e Stefano, una nuotatrice professionista e il suo compagno, originario della Corsica. E della Corsica è pure Andre, il gestore dell’Alta marea: diving, ristorante, bar, ritrovo e altro ancora. Un posto come se ne trovano tanti nelle isole del Mediterraneo. Un posto dove, per esempio, la nostra protagonista, Tina, può imparare a pulire il pesce. Troviamo poi Ivonne, una bellissima ragazza di Marsala. Questi sono i personaggi principali, e rappresentano il filo, lungo il quale Torino tesse la trama e muove i sentimenti.

Qualche mese prima, il padre di Tina e Bea ha lasciato sua moglie perché si è innamorato di una ragazza più giovane. È questa, allora, la prima vacanza che le tre fanno da sole, vacanza da vivere gestendo il peso dell’assenza. Ognuna a proprio modo lo farà, in maniera cosciente o meno. Questo è un aspetto del romanzo in cui Torino è davvero bravo, perché alternare, con tale delicatezza, una serie di umori e sensazioni, senza quasi mai mostrarli direttamente, non è per niente facile. Tina, Bea e la mamma vivono l’isola e la vacanza per quello che sono, ma le vivono per come si sentono in quelle giornate di sole e maestrale. Gli stati d’animo si alternano e si sovrappongono allo scorrere delle giornate, apparentemente, tutte uguali, come succede al mare. Tina, che tutti all’inizio scambiano per un maschio. Tina, che tra le sorelle sembra la più risoluta, la più consapevole. Tina che capisce il mare, o lo intuisce, così come fa – nonostante la giovanissima età – con le persone. Tina, senza mai dirlo, senza sostenerlo apertamente, comprende suo padre, non lo giustifica, ma sembra che, a differenza di sua madre, ne veda la debolezza come qualcosa che possa stare nell’ordine delle cose che capitano. I bambini arrivano quasi sempre prima. Bea, ha più difficoltà a gestire la mancanza del padre, cui cerca di telefonare di nascosto. La madre è un altro personaggio interessante: molto decisa e brava con le figlie, si direbbe organizzata, attenta anche alle vite di queste nuove persone appena conosciute. Si mostra saggia e comprensiva davanti a questi isolani (o vacanzieri) perduti o sperduti; eppure non è così forte. Eppure è sola.

Quegli occhi puntati volevano qualcosa. Forse l’annuncio che sì, aveva liberato il mare per sempre.

Tina e Bea subiranno il fascino degli adulti, lungo un sentiero molto stretto che va dalla vera attrazione alla mancanza per qualcosa o qualcuno che non c’è. E poi la curiosità, naturalmente. Torino ci racconta una ribellione che viene fuori attraverso il contatto fisico e le azioni, e che segna un momento di crescita, ed ecco il passaggio. Per le bambine, e forse per tutti, niente sarà più come prima. Le donne e gli uomini di questa vicenda, in ogni azione, che manifestino arroganza, padronanza di sé, spirito d’iniziativa, mostrano anche smarrimento, svelano una debolezza. Tina è un romanzo che ci spiega anche una differenza tra il solitario e la solitudine; ed è un romanzo poetico, limpido e curioso, che ci porta fuori dalla provincia che Alessio Torino ha sempre raccontato. Questa storia è una sfida perché raccontare i bambini  (e con i bambini) non è mai uno scherzo. È un libro, infine, dove si impara che un cappero può essere: una carezza, un gioiello, un soprannome, un frutto, una rinuncia, un tatuaggio e un’arma. Non è male leggere a ottobre un libro che parla di mare.

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© Gianni Montieri

2 risposte a “Una frase lunga un libro #75: Alessio Torino, Tina”


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