
Poverina, dice il collega, quello intelligente: è prigioniera. Di chi? Chiedono le altre, quelle che la chiamano bradipa o sfinge: quelle stronze. Di se stessa, risponde l’intelligente, guardatela: sembra il dipinto sul proprio sarcofago, avete presente?
Certo che anche lui, deve sempre fare l’intelligentone per ‘sti due libri che ha letto. L’ha detta giusta la collega anziana, la vecchia segretaria, quando l’ha chiamata: la serpenta. Oltre al fatto che è lunga e dritta, mica magra: solo senza forma, e bianchiccia, con una pelle che non sai che età darle, ha la faccia come se trattenesse in bocca un uovo. Così dice la vecchia, di quella generazione che ancora un po’ di campagna se la ricorda.
La serpenta le è rimasto. Non è mica schiva lei, anzi te la trovi sempre tra i piedi. Arrivi in mensa ed è lì seduta con gli altri. Inviti tre colleghe a bere il caffè e quando sei al bancone che ordini ti accorgi che c’è anche lei. Non è neanche vero che non parla, perché se le parli risponde e poi a volte ti punta quegli occhietti da serpente addosso e ti fa le domande. Quando le rispondi ti sorride, ma sembra sempre una cosa dipinta. La faccia non si muove.
Ogni giorno va tre volte in bagno e ci resta un quarto d’ora. Quindici minuti precisi ogni volta, qualcuno li ha misurati. Cosa ci fa in quei tre quarti d’ora? Le teorie si sprecano, figurarsi. Qualcuno ha provato a fare delle insinuazioni zozze, ma la serpenta che fa cose zozze non se la immagina nessuno. Allora prende psicofarmaci, forse è stitica, forse piange. Poi una delle colleghe stronze l’ha seguita, è rimasta fuori dalla porta e ha origliato. La serpenta si chiude in bagno a telefonare.
Altro giro di teorie allora. Non è che si sappia bene con chi viva la serpenta, per esempio. Qualcuno dice la madre, ma forse è solo facile immaginare che una così sia una zitellona. A parte che si fatica anche a darle un’età. Con quella pelle bianca e tesa, lievemente avvizzita e floscia ma senza una ruga. Potrebbe non aver preso mai un raggio di sole. Sposata non credono, le colleghe. È che tutti parlano sempre dei fatti loro, non c’è bisogno di chiedere.
La serpenta invece non parla mai di niente, ma è sempre lì quando parla qualcun altro. Poi fa le sue domande, con il tono neutro e gli occhietti puntati. Con la faccia dipinta e quel sorrisino accennato. Uno risponde alle domande, poi il tempo di chiacchierare passa e il turno della serpenta non arriva mai. Così nessuno sa niente e poi chiedere non sta bene. Non si può dire che lei sia sfuggente, no perché è sempre lì anche quando non la vorresti. Ti trovi a parlare davanti ai suoi occhietti fissi.
Non si lamenta mai e non dice mai quello che vuole. La serpenta è proprio una serpenta, sembra che si tenga un uovo in bocca e ha paura che le scappi fuori. In bagno si piazza davanti allo specchio, in piedi, e si punta gli occhietti addosso. Chiama un numero dalla rubrica. Non ci sono nomi nella sua rubrica, solo numeri. Ogni volta che va in bagno chiama il numero successivo quando li ha finiti ricomincia. Senza agitazione e senza fretta, tre volte al giorno. Sempre alle stesse ore.
Fa suonare la linea. Se suona più di due volte a vuoto già dice: perché non rispondevi? Dove sei? Cosa stai facendo? Sempre così dice. Il supermercato non è una scusa, lo sai? Non è una scusa per non rispondermi. Adesso dimmi cosa vedi davanti a te. Non balbettare, mi dà fastidio. Va bene scuse accettate, però meriti una punizione lo sai questo? Ora inginocchiati. Non ti ho chiesto se c’è gente, non peggiorare la tua situazione. Non sei ancora inginocchiato?
Ecco, ora abbassa la testa fino al pavimento e lecca per terra. Lecca per terra, ho detto. No. non puoi attaccare, anzi tieni il telefono vicino alla bocca. Voglio sentire il rumore che fa la tua lingua mentre striscia per terra. Ah, è sporco? E allora? Se fosse pulito non sarebbe una punizione. Dai, muoviti che devo attaccare. Fatto? Come fatto? Io non ho sentito niente. È così che mi ubbidisci? Questo lo dici tu. Non ubbidisci più alla padrona? Bene, prenderemo provvedimenti.
Quali? Te lo lascio immaginare. Vedrai. Sorpresa. Ciao merda.
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© Paolo Triulzi
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